di Vincenzo Giannotti
Il responsabile fi nanziario che, in mancanza di un atto presupposto, si autoliquida arretrati stipendiali e indennità di direzione, sulla base delle promesse e rassicurazioni ricevute dal sindaco, commette il reato di truffa aggravata. La conferma del reato è contenuta nella sentenza n. 20724/2021 della Cassazione. La vicenda Al responsabile fi nanziario, tra i vari reati contestati, vi era anche quello relativo alla liquidazione in suo favore di arretrati contrattuali ed indennità di direzione. Il Tribunale di primo grado ha assolto la dipendente dal reato di peculato in quanto ha ritenuto che, il disordine contabile dovuto alle precarie condizioni di salute della responsabile fi nanziaria, comportanti perdita di attenzione e cali di concentrazione, fossero tali da escludere l’elemento soggettivo del reato.
Di contrario avviso è stata la Corte di appello la quale ha giudicato colpevole la convenuta anche se ha modifi cato il reato da peculato a truffa aggravata ai danni di un ente pubblico, non avendo ravvisato, nel caso di specie, il presupposto dell’appropriazione di denaro di cui l’imputata avesse la disponibilità. La derubricazione del reato, inoltre, non ledeva il diritto al contraddittorio perché, anche la difesa, in una memoria depositata nel corso del primo grado di giudizio, aveva sollecitato la derubricazione del reato in termini di truffa. La dipendente ha presentato ricorso in Cassazione contestando le conclusioni del giudice di appello per non aver correttamente considerato che il pagamento degli arretrati riguardava somme dovute e che solo per incuria non erano mai state liquidate, mentre, in merito alla indennità di direzione, l’imputata agito con leggerezza ma non con dolo per aver fatto affi damento sugli accordi presi con il sindaco.
La conferma del reato Il ricorso è stato rigettato per manifesta infondatezza. Secondo i giudici di Piazza Cavour, infatti, non si comprende come possa ravvisarsi la buona fede del responsabile fi nanziario in presenza di una condotta consapevolmente volta ad operare una arbitraria autoliquidazione di voci di reddito nella propria busta paga, anche se in ipotesi oggetto di una legittima aspettativa, perché relative ad arretrati o a promessi aumenti salariali, ma che non potevano di certo essere liquidate senza una formale delibera da parte dei competenti organi comunali. Avuto riguardo alla contestazione della condotta aggravante, la Cassazione evidenzia come, nel caso di specie, non può negarsi che la convenuta abbia agito con abuso dei poteri inerenti un pubblico servizio e che, inoltre, la derubricazione del reato, da peculato a truffa, sia stata sollecitata proprio dalla stessa difesa.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento