Vendita alloggi di edilizia agevolata ed effetti finanziari per i Comuni

Approfondimento di V. Giannotti

Un Comune evidenzia la necessità di conoscere la normativa applicabile in caso di alienazione di aree da parte del comune che a suo tempo aveva permesso la costruzione di alloggi di edilizia economica e popolare avuto riguardo alle operazioni avvenute prima della data della novella legislativa riferita alla legge 17/02/1992 n.179. La normativa ratione temporis applicabile era quella della legge 865/1971 la quale prevedeva limite ventennale (dal rilascio della licenza di abitabilità) per il trasferimento della proprietà dell’alloggio (o per la costituzione su di essa di un diritto reale di godimento), l’obbligo di pagamento, a favore del comune che a suo tempo aveva ceduto l’area, di una somma pari alla differenza tra il valore di mercato dell’area al momento dell’alienazione e il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto, rivalutato sulla base delle variazioni dell’indice dei prezzi all’ingrosso calcolato dall’Istat, oltre che vincoli in materia di prezzi di alienazione degli immobili.
La risposta al quesito posto dal Comune è stata resa dalla Corte dei conti, con la deliberazione 10/05/2017 n.69 qui di seguito commentata.

La normativa sopravvenuta

Precisa il Collegio contabile come le nuove disposizioni di cui alla citata legge 179/1992 ed in particolare all’art. 20, comma 1 (successivamente modificato dalla legge n.85/94) prevedono che “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di edilizia agevolata possono essere alienati o locati, nei primi cinque anni decorrenti dall’assegnazione o dall’acquisto e previa autorizzazione della regione, quando sussistano gravi, sopravvenuti e documentati motivi. Decorso tale termine, gli alloggi stessi possono essere alienati o locati”.

Continua a leggere l’articolo

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA