Senza prova della collusione nessun abuso di ufficio al collaboratore scelto in via diretta

11 Novembre 2022
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La scelta di un collaboratore autonomo è soggetta alla previa valutazione comparativa, negando la normativa vigente, una scelta di tipo fiduciario. Tuttavia, per estendere il reato di abuso di ufficio al collaboratore non è sufficiente che questi sia a conoscenza della violazione di legge, ma è fondamentale che il medesimo abbia partecipato o spinto l’ente a tale scelta illegittima, in mancanza di tale prova ulteriore il collaboratore non è penalmente perseguibile. Sono queste le conclusioni cui è giunta la Cassazione penale (sentenza n.38338/2022) che ha riformato la sentenza della Corte di appello per avere essa giudicato coinvolto nel reato anche il collaboratore.

I fatti

Un collaboratore, scelto in via fiduciaria per un incarico autonomo, è stato condannato sia dal Tribunale di primo grado sia dalla Corte di appello, per concorso nel reato di abuso di ufficio (art. 323 c.p.), unitamente al dirigente che lo aveva nominato. Nel caso di specie sono emersi gli elementi tipici del reato, la violazione di legge, per mancata valutazione comparativa della scelta del collaboratore, e il vantaggio ingiusto per l’imputato, che non è consistito nella percezione del compenso, avendo prestato la sua attività lavorativa, ma nell’elusione delle normali procedure selettive che avrebbero potuto condurre all’individuazione e all’attribuzione dell’incarico di collaborazione a candidato più qualificato. Avverso la sentenza di condanna, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, deducendo, tra l’altro, la sua estraneità rispetto alle condotte ascritte alla dirigente dell’ufficio finanze e tributi del Comune.

La riforma della sentenza

Per i giudici di Piazza Cavour il ricorso è stato accolto perché fondato. In via preliminare, non vi sono dubbi in merito alla violazione di legge, essendo stato il collaboratore assunte in assenza della procedura comparativa imposta dalla normativa (art.7 del d.lgs. 165/01). Tuttavia, al fine di poter coinvolgere il terzo nel reato di abuso di ufficio (extraneus), è necessario che in detto concorso al reato ricorrono tutte le condizioni previste dalla normativa penale e, in via principale, il contributo il quale – assuma esso forma materiale (determinazione) o anche solo morale (istigazione) – deve comunque possedere rilevo causale rispetto alla realizzazione del fatto tipico da parte del dirigente (intraneus) che abbia proceduto al conferimento dell’incarico in violazione di legge. Dalle sentenze non emerge che l’imputato abbia fornito alcun contributo causale, nemmeno in forma d’istigazione, alla realizzazione dell’abuso d’ufficio e, nella specie, all’elusione delle disposizioni sul previo espletamento e pubblicizzazione della procedura comparativa, di cui è onerata la sola pubblica amministrazione. Né nelle sentenze di merito è stata provata l’esistenza di precedenti rapporti di conoscenza tra il dirigente e l’imputato, tali da rendere altamente plausibile che tra i due fosse intercorso un accordo.

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio, non essendo stata dimostrata la responsabilità dell’imputato, con assoluzione dal reato per non aver commesso il fatto.

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