Pnrr, riforme per le province

16 Settembre 2021
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di Francesco Cerisano

Il presidente Upi chiede al parlamento di riprendere in mano il dossier sul federalismo fiscale
Autonomia tributaria e revisione della Delrio per il Recovery
Autonomia finanziaria e stabilità istituzionale, ossia revisione della legge Delrio. In vista del Piano nazionale di ripresa e resilienza, le province chiedono al parlamento di riprendere in mano dossier che rischiano di essere relegati in secondo piano, vista l’urgenza di centrare le scadenze del Recovery plan,e che invece sarebbero essenziali per la messa a terra degli investimenti chiesti da Bruxelles. A cominciare dal federalismo fiscale, che a 12 anni dall’entrata in vigore della legge delega (n.42/2009), resta una grande incompiuta soprattutto per gli enti di area vasta. Provincee città metropolitane non hanno avuto (a differenza dei comuni a cui il fisco federale ha portato in dote l’Imu) una leva fiscale azionabile in autonomia che consentisse loro di dare stabilità ai bilanci.

Una stabilità che né l’Ipt (Imposta provinciale di trascrizione) né l’imposta sull’Rc auto riescono a dare trattandosi du due tributi non manovrabilie fortemente legati alle dinamiche del mercato automobilistico messo in crisi dal Covid. Di qui l’esigenze di rilanciare il federalismo fiscale provinciale per mettere gli enti di area vasta nelle condizioni di assolvere alle funzioni fondamentali loro assegnate ed erogare servizi essenziali, con bilanci non ridotti, come oggi, all’osso. A chiedere alla politica un rapido intervento a favore delle province è il presidente dell’Upi Michele de Pascale, ricevuto ieri in audizione dalla Commissione Bicamerale per l’attuazione del Federalismo fiscale, il cui bilancio per gli enti intermedi continua a essere «del tutto negativo». «Sono troppi i nodi ancora irrisolti, sia dal punto di vista prettamente finanziario che istituzionale, a bloccare l’avanzare della riforma», ha osservato il presidente dell’Upi. «A questa fragilità finanziaria si somma poi l’instabilità istituzionale generata dal caos introdotto con la legge 56/14 (legge Delrio ndr) che ha fortemente compromesso la capacità di queste istituzioni di sosteneree promuovere lo sviluppo locale, a tutto danno dei territori». Per il numero uno dell’Upi (che è sindaco e presidente della provincia di Ravenna) la revisione della legge Delrio è un tema che si incrocia con l’attuazione del Pnrr e per questo oggi più che mai (dopo anni di tentennamenti della politica) da affrontare con urgenza. «Il Piano nazionale di ripresa e resilienza potrà essere una straordinaria occasione di rinascita se tutte le istituzioni saranno messe nelle condizioni di operare nella piena efficienza», ha osservato de Pascale. «Per questo chiediamo al Parlamento, rimasto per troppo tempo inerte, di affrontare le questioni aperte e approvare una legge di riordino della disciplina delle province che sia coerente con la Costituzione, a partire dal consolidamento e ampiamento delle funzioni fondamentali e di definire una vera autonomia tributaria delle province correlata alle funzioni esercitate che ne consenta il pieno esercizio.

Auspichiamo che la prossima manovra economica sia l’occasione per intervenire a risolvere queste criticità stabilizzando finalmentei bilanci delle province sia per la spesa corrente che per gli investimenti». Come si ricorderà, la definitiva attuazione al federalismo fiscale entro l’orizzonte temporale del Pnrr (2026) è un obiettivo che palazzo Chigi si è dato e ha indicato al ministero dell’economia in una lettera inviata dal sottosegretario alla presidenza del consiglio, Roberto Garofoli al numero uno del Mef Daniele Franco (si veda ItaliaOggi del 18 agosto 2021). Palazzo Chigi ha chiesto al Mef di portare a termine la riforma, per realizzare un triplice obiettivo: «migliorare la trasparenza delle relazioni fiscali tra i diversi livelli di governo», «assegnare le risorse alle amministrazioni territoriali sulla base di criteri oggettivi» e infine «incentivare un uso efficiente» dei fondi. Più che i comuni (che come si è detto hanno già avviato, grazie all’Imu, all’imposta di soggiorno ea quella di scopo, il percorso verso l’autonomia finanziaria) la piena attuazione del federalismo fiscale dovrà partire dalle regionia statuto ordinario, che hanno visto il sistema di finanziamento delineato dal decreto legislativo n. 68 del 2011, con riguardo alle funzioni regionali relative ai livelli essenziali delle prestazioni (Lep), più volte rinviato. Dal 2013 siè arrivati all’ultima proroga contenuta nel decreto Ristori (dl 137/2020) che ha fatto slittare tutto al 2023. Il nuovo fisco regionale dovrebbe fondarsi su quattro pilastri. Innanzitutto una rideterminazione dell’addizionale regionale Irpef in grado di assicurare un gettito corrispondente a quello in essere e ai trasferimenti statali da sopprimere.

A completare il quadro una nuova articolazione della compartecipazione regionale all’Iva e la soppressione (c.d. fiscalizzazione) di tutti i trasferimenti statali aventi carattere di generalità e permanenzae destinati all’esercizio delle competenze regionali, compresi quelli finalizzati all’esercizio di funzioni da parte di province e comuni. Infine, veniva prevista l’istituzione di un fondo perequativo regionale. Palazzo Chigi ha chiesto al Mef di riprendere in mano il dossier ripartendo dai lavori del tavolo tecnico, istituito nel 2019 e composto da rappresentanti del Governoe delle regioni) finalizzato alla completa attuazione dei principi in materia di autonomia di entrata delle regionia statuto ordinario contenuti nel decreto legislativo 68/2011. A cominciare dalla fiscalizzazione dei trasferimenti statali e dall’attribuzione di una quota del gettito riferibile al concorso di ciascuna regione nell’attività di recupero fiscale in materia di Iva. Per quanto riguarda invece le province e le città metropolitane, la legge di bilancio 2021 (legge n.178/2020) ha previsto che dall’anno prossimo i contributie i fondi di parte corrente attribuiti agli enti di area vasta confluiscano in due specifici fondi da ripartire, sulla base dell’istruttoria condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, tenendo progressivamente conto della differenza tra i fabbisogni e le capacita’ fiscali.

In collaborazione con Mimesi s.r.l.

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