Piano di riequilibrio non approvato nei termini. L’eventuale miglioramento dei risultati non autorizza una sua riedizione

3 Ottobre 2022
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L’ente locale che avvii la procedura di riequilibrio finanziario, ai sensi dell’art.243-bis del Tuel, ma che non approvi nei termini il piano, cade in dissesto non essendo proponibile una riedizione del piano anche a fronte dei miglioramenti finanziari medio termine intervenuti. Sono queste le indicazioni delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, in sede giurisdizionale e in speciale composizione che, con la sentenza n. 15/2022 hanno respinto il ricorso dell’ente locale avverso il dissesto pronunciato dalla Sezione regionale di controllo.

Il fatto

A seguito della deliberazione della Sezione regionale della Corte dei conti che ha accertato “la mancata presentazione del piano di riequilibrio finanziario nel termine perentorio di novanta giorni previsto dall’art. 243- bis, co. 5, TUEL”, nonché disposto la trasmissione della deliberazione alla Prefettura per gli adempimenti previsti per la dichiarazione del dissesto, l’ente locale l’ha impugnata davanti alle Sezione Riunite in speciale composizione. Secondo l’ente locale, la mancata prestazione del piano di riequilibrio sarebbe dovuta al miglioramento dei risultati a seguito di alcune indicazioni di miglioramento dei risultati finanziari (es. ripiano decennale dei debiti fuori bilancio a seguito del raggiunto accordo di rateizzazione del debito con il fornitore). In ragione di tali indicazioni l’adesione al piano deliberato dal Consiglio comunale avrebbe dovuto essere dichiarato decaduto, con conseguente nuova deliberazione di Consiglio comunale a quadri finanziari mutati.

Le osservazioni del requirente

A dire del Requirente, lo spirare dei termini perentori previsti dall’art. 243-bis, co. 5, del TUEL per l’approvazione del piano di riequilibrio avrebbe irreversibilmente determinato gli effetti legali tipizzati dall’art. 243-quater, co. 7, del TUEL, i quali sarebbero indisponibili sia per l’ente – ormai impossibilitato ad adottare provvedimenti diversi dalla formalizzazione del dissesto – sia per la Sezione regionale di controllo, la cui deliberazione si sarebbe dovuta limitare ad accertare gli effetti ipso iure già prodotti. In questo caso, non è rilevante la conclusione di accordi con i fornitori per la rateizzazione decennale del debito prevista dall’art. 53, co. 6, del d.l. n. 104/2020, conv. in l. n. 126/2020, che, novellando l’art. 194, co. 3, del TUEL ha disposto che “in presenza di piani di rateizzazioni con durata diversa da quelli indicati al co. 2, può garantire la copertura finanziaria delle quote annuali previste negli accordi con i creditori in ciascuna annualità dei corrispondenti bilanci, in termini di competenza e di cassa”.

La conferma delle SS.RR.

La Sezione delle Autonomie (deliberazione n.16/2012) ha avuto modo di precisare che “La facoltà di revocare l’istanza di ricorso alla procedura, in linea generale ammissibile in assenza di contraria previsione, dovrebbe comunque essere esercitata non oltre i 60 (ora 90) giorni previsti dalla norma (ex art. 243-bis co. 5, del TUEL) per la presentazione del piano”. Nel caso di specie l’ente non ha revocato la procedura nel termine perentorio previsto dalla normativa. In altri termini, il decorso del termine perentorio avrebbe effetti preclusivi di qualsiasi ulteriore accertamento da parte della Sezione di controllo, in ragione dell’irreversibile produzione di effetti legali non più disponibili dalle parti.

La questione si sposta, pertanto, nella successiva dichiarazione di dissesto che avrebbe potuto pronunciare la Sezione regionale di controllo che, prima di attivare la relativa procedura ha richiesto un supplemento istruttorio al fine di verificare un eventuale miglioramento delle condizioni finanziarie dell’ente locale. Da tale successiva istruttoria è stato confermato il mancato miglioramento nei parametri gestionali e la protratta insolvenza. In altri termini, se le risultanze istruttorie  avessero messo in rilievo, nel lasso di tempo intercorso, un’evoluzione positiva dei parametri gestionali e delle condizioni finanziarie dell’ente, tale da rendere incongrua, irragionevole e non aderente alla realtà la decisione di avvio della procedura di dissesto, la Sezione di controllo, in ragione della sopravvenuta rilevanza della questione, non avrebbe potuto disapplicare l’automatismo letteralmente imposto in assenza di preventiva rimessione di questione di legittimità costituzionale alla Consulta, con esito favorevole. Tuttavia, tale motivazione è stata già infruttuosamente adottata dalle Sezione Riunite con ordinanza n. 16/2019, su cui la Corte costituzionale, con la sentenza n. 34/2021, ha omesso di pronunciarsi, avendo ritenuto la questione assorbita da quella dedotta in via principale. Non colgono nel segno le eccezioni avanzate dall’ente locale, infatti, la rateizzazione decennale dei debiti fuori bilancio messa in atto dall’Ente, a prescindere dalla sua ammissibilità, mostra tutti i suoi limiti, innanzitutto, per la carenza di un accordo formalizzato con i creditori, come imprescindibilmente richiesto dall’art. 194, co. 2, del TUEL, ma anche per l’acclarata insolvenza dell’Ente nel pagamento delle rate scadute in riferimento alle principali posizioni debitorie. In questo caso, pertanto, la situazione di stallo dei pagamenti dei ratei scaduti, avvalora la fondatezza delle valutazioni della Sezione di controllo circa la dubbia attendibilità del piano di estinzione delle passività, e, soprattutto, circa la mancata inversione di tendenza nella gestione dei debiti, e, in termini più generali, della situazione finanziaria.

Infine, non sono accoglibili le richieste dell’ente locale, in via subordinata, sul previo annullamento della deliberazione impugnata, al fine di consentire al Comune la presentazione di un nuovo piano di riequilibrio finanziario pluriennale. In questo caso l’ente locale richiederebbe per altra via la rimessione in termini, non consentita dalla legislazione. D’altra parte sono significative le conclusioni del Sindaco in merito alla procedura di ricorso al piano di riequilibrio, motiva con la necessità di “mettere intanto il comune al riparo da possibili azioni esecutive”, fermo restando che, in attesa di soluzioni legislative, l’amministrazione era certa di non utilizzare lo strumento del PRFP per le rigidità che comportava, nonché per il suo rilevante impatto politico negativo in vista delle imminenti elezioni.

Al rigetto della domanda del Comune segue l’obbligatoria formalizzazione da parte del medesimo di dichiarazione del dissesto.

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