La questione di diritto
Il caso di specie ha riguardato un ente ancora in dissesto che ha deciso di fare ricorso al piano di riequilibrio finanziario pluriennale, in quanto a seguito della rilevazione della massa passiva e della massa attiva, veniva riscontrato una grave mancanza di risorse nella massa attiva, insufficienti, in prospettiva, a dare copertura ai debiti del bilancio dissestato, tanto che l’OSL segnalava all’ente un consistente importo di copertura nel bilancio in bonis. Inoltre, vista l’illiquidità della massa attiva conferita al bilancio dissestato, per consentire all’OSL di fare offerte di pagamento utili a chiudere le transazioni coi creditori inclusi nella massa passiva, il Comune attivava una “anticipazione di liquidità” ai sensi dell’art. 14 del d.l. n. 113/2016, a carico del bilancio in bonis, accendendo appositi prestiti con il Ministero dell’Interno. Inoltre, dal rendiconto dell’OSL risulta la contrazione di un mutuo, “con oneri a carico dell’ente” (cioè del bilancio in bonis). Il bilancio in bonis ha, quindi, tenuto conto di costi ed accantonamenti derivanti dal dissesto e precisamente, da un lato, ha dovuto sopportare gli oneri di un mutuo contratto per sostenere la procedura semplificata intrapresa dall’OSL, per altro verso, ha dovuto contabilizzare un accantonamento nella prospettiva, preannunciata dall’OSL, dell’imminente chiusura del dissesto senza la soddisfazione dei creditori pregressi.
Dall’esame dei vari fattori di squilibrio, sono stati evidenziati nella contabilizzazione di partite erroneamente stralciate in sede di riaccertamento straordinario, dal bilancio in bonis, nonché, in elementi relativi alla gestione del bilancio in bonis di varia ed eterogenea formazione ed in accantonamenti connessi al dissesto.
La Corte dei conti di controllo con propria deliberazione ha negato l’approvazione del Piano ravvisando le seguenti irregolarità:
(i) gravi errori di calcolo sul disavanzo ordinario, per effetto di una importante sottostima del fondo pluriennale vincolato e del FCDE;
(ii) erroneo calcolo del c.d. extra-deficit, che secondo i calcoli della Sezione sarebbe stato assai più alto;
(iii) grave sottostima degli oneri di ammortamento delle anticipazioni straordinarie di liquidità, anche per effetto delle successive sentenze della Corte costituzionale;
(iv) grave sottostima dalle “passività potenziali derivanti da transazione non accettate in OSL”.
Le indicazioni delle Sezioni Riunite
A dire del Collegio contabile delle SS.RR. i presupposti legali del ricorso al piano di riequilibrio sono la sussistenza di «squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate” (art. 243-bis TUEL) e per gli enti dissestati «l’insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, tale da compromettere i risanamento» (art. 256, co. 12, TUEL). Tuttavia, un eventuale esito negativo di tale accertamento non determina l’avvio della procedura forzosa di dissesto, ai sensi dell’art. 6, co. 2 del d.lgs. n. 149/2011, perché tale conseguenza è prevista dall’art. 243-quater, co. 7 TUEL solo nei casi caso di intempestiva adozione del Piano o di mancanza di congruità dei saldi di riequilibrio e dei mezzi per farvi fronte. In altri termini, Il difetto del presupposto legale della procedura comporta soltanto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso al PRFP e, quindi, l’inefficacia del Piano approvato.
Nel caso di specie, in ogni caso, il presupposto era radicalmente mancante, in quanto il legislatore non consente il ricorso al PRFP per nuovi disavanzi prodotti in pendenza di una altra procedura straordinaria (di dissesto o di PRFP), né di assorbire in tutto, o in parte, lo squilibrio che è già oggetto di una procedura di dissesto.
In altri termini, in caso di dissesto il bilancio dell’ente territoriale si separa in due tronchi, entrambi vincolati al risultato finale dell’art. 265 comma 1 TUEL. Segnatamente:
(a) il bilancio in bonis, gestito dall’amministrazione in carica, deve essere raggiungere il pareggio sulla base dello schema “stabilmente riequilibrato” (art. 259 TUEL) e non produrre nuovi disavanzi (art. 268);
(b) la gestione del bilancio dissestato, di competenza dell’OSL, deve condurre ad un saldo finale, espresso nel rendiconto di cui all’art. 256, co. 11, TUEL, di pareggio sostanziale o al massimo, con un disavanzo residuo ed effettivo che, confluendo nel risultato di amministrazione del bilancio in bonis, non generi la necessità di vincoli o accantonamenti tali da provocare un nuovo dissesto (art. 268 TUEL). Al termine del dissesto, infatti, il saldo disponibile del bilancio riunificato, deve risultare rispettoso del principio della competenza finanziaria rinforzata (allegato 1 del d.lgs. n. 118/2011, postulato n. 16), e deve basarsi su coperture che assicurino la “sostenibilità finanziaria”, ossia su flussi di cassa propria, sufficienti a sostenere i pagamenti (art. 148-bis TUEL; artt. 162, co. 1, e 164, co. 2, TUEL; art. 39, co. 2 e 3 d.lgs. n. 118/2011). Ove ciò non sia possibile, e la gestione dell’OSL impedisca all’ente di raggiungere un «reale risanamento finanziario, il Ministro dell’interno, d’intesa con il sindaco dell’ente locale interessato, dispone con proprio decreto, sentito il parere della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, la prosecuzione della procedura del dissesto» (art. 268-bis, co. 1-bis, TUEL). Con il decreto, occorre altresì verificare se sussistono le condizioni di scioglimento dell’ente ai sensi all’art. 141, co. 1, lett. a) TUEL, atteso che sia il verificarsi di un nuovo squilibrio sul bilancio in bonis, ai sensi dell’art. 268 TUEL, sia un saldo del rendiconto di gestione in disavanzo sostanziale gravemente negativo, costituiscono certamente “gravi violazioni di legge” («I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno: a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché’ per gravi motivi di ordine pubblico»).
Pertanto, il PRFP adottato dal Comune è avvenuto in carenza di potere, assoluto e concreto. “Assoluto”, perché in caso di dissesto, l’ente che può autorizzare il PRFP è soltanto lo Stato, a mezzo del Ministro dell’interno, “in concreto”, perché assume ad obiettivo di ripiano uno squilibrio che non è coerente con art. 243-bis e 256, co. 12, TUEL, alla luce del divieto di ricorrere a nuove procedure straordinarie nell’ambito di quelle già in corso. La decisione sulla adozione di tale misura straordinaria, infatti, è stata adottata mentre il Comune era in stato di dissesto; pertanto, essa doveva essere preventivamente autorizzato dal Ministero dell’interno, su proposta della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali. Il ricorso al PRFP, peraltro, poteva essere autorizzato solo nel caso previsto dall’art. 256, co. 12 TUEL («Nel caso in cui l’insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, è tale da compromettere il risanamento dell’ente, il Ministro dell’interno, su proposta della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, può stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato. Tra le misure straordinarie è data la possibilità all’ente di aderire alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall’articolo 243-bis»).
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