In ragione di una ondivaga giurisprudenza contabile sulla natura del parere contabile, la Corte di appello ne traccia le differenza e stabilisce una conclusione. Nel caso in esame, trattandosi di illegittima distribuzione del retribuzione di risultato ai dirigenti, è stata confermata la condanna erariale al responsabile finanziario in ragione del visto contabile rilasciato non tanto sulla determina di liquidazione ma soprattutto nella deliberazione dell’Organo esecutivo. La condanna erariale, in ogni caso, è stata estesa anche al Nucleo di Valutazione, al Segretario comunale, al Commissario straordinario e ai dirigenti del servizio legale. Le indicazioni sono contenute nella sentenza n.62/2021 della Corte dei conti, Sezione II° giurisdizionale centrale di Appello.
La vicenda
La Corte dei conti di primo grado ha proceduto alla condanna per danno erariale tra le quali figura quella dell’erogazione delle indennità di risultato del personale dirigenziale in assenza dei parametri minimi di valutazione previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2009 e in violazione delle disposizioni del contratto collettivo di riferimento. In particolare, il danno erariale discendeva dal fatto che il Nucleo di valutazione si era limitato a prendere atto di una serie di risultati e di indicatori di bilancio del Comune e delle autorelazioni degli stessi dirigenti, ma senza nulla specificare in ordine ai risultati raggiunti rispetto agli obiettivi prefissati, e basandosi su di un generico parere del commissario straordinario nel quale si dava atto che “i dirigenti hanno complessivamente attuato gli indirizzi e le direttive loro impartite e, dunque, a parere della scrivente hanno sicuramente raggiunto gli obiettivi prefissati”. A fronte della condanna erariale subita è stata proposto appello da parte dei ricorrenti e, per quel che qui interessa, da parte del responsabile finanziario.
La difesa del responsabile finanziario
A dire del dirigente finanziario la sentenza sarebbe errata per non aver compreso il ruolo del dirigente del settore finanziario che, invece, non avrebbe potuto esimersi dalla apposizione del parere di regolarità contabile, stante la valutazione favorevole del Nucleo, il parere del Responsabile dell’Ufficio personale e le indicazioni del segretario generale. Inoltre, non potrebbe ravvisarsi una situazione di “incompatibilità” atteso che nessun altro dipendente comunale avrebbe potuto rilasciare il suddetto parere, essendo tutti i dirigenti “interessati” quali destinatari dell’indennità di risultato. A supporto delle proprie argomentazioni, il ricorrente evidenzia come sia la circolare F.L. n. 25/1997 sia i principi contabili dell’Osservatorio degli enti locali, militerebbero nella direzione secondo cui all’atto dell’apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria, il responsabile del servizio finanziario non sarebbe chiamato ad effettuare alcun controllo sulla correttezza sostanziale della spesa proposta. Detto parere, alla luce degli articoli 49, primo comma, e 153, commi 4 – 5, T.U.E.L., rivestirebbe valore per i soli aspetti finanziari e contabili di una delibera, così come rilevato dalla giurisprudenza contabile. All’appellante, quindi, sarebbe stato precluso qualsiasi sindacato sulla legittimità e sulla regolarità tecnica degli atti emanati dal Commissario straordinario dell’ente locale e dal Dirigente del Servizio Personale. Se ciò non fosse vero, continua il dirigente finanziario opponente, si verrebbe ad introdurre nell’ordinamento degli enti locali la previsione di una doppia istruttoria avente ad oggetto la legittimità e la regolarità tecnica delle delibere della Giunta e del Consiglio comunale nonché delle determinazioni dirigenziali, ossia quella del Responsabile che propone l’atto che richiede un impegno di spesa e quella del Responsabile del Servizio Finanziario che attesta la regolarità contabile. Tale duplice istruttoria, che tra l’altro comporterebbe un notevole aggravio dei costi e dei tempi dei procedimenti amministrativi, non è invece prevista né nell’ordinamento degli enti locali né tantomeno nella regolamentazione interna del Comune. In conclusione, l’appellante ritiene che oltre a mancare l’ingiustizia del danno, la sua condotta difetterebbe della connotazione della colpa grave, non potendosi ritenere inescusabile il suo comportamento.
Le indicazioni del giudice di appello
In merito alle doglianze del responsabile finanziario, il Collegio contabile di appello ha evidenziato come quest’ultimo abbia reso sia il “parere” di regolarità contabile sulla deliberazione commissariale, sia il “visto” di regolarità contabile sulla determinazione dirigenziale, entrambi ai sensi dell’articolo 49, comma 1 e dell’articolo 151, comma 4 del D. Lgs. 18.8.2000 n.267.
A dire dei giudici contabili di appello, l’articolo 49 (“Pareri dei responsabili dei servizi”), comma 1, del decreto legislativo n. 267 del 18.8.2000 (TUEL), prevedeva che “Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione”. Il successivo comma 3 precisava che “I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi”. L’articolo 151, comma 4, del medesimo testo unico, nella formulazione allora vigente, stabiliva che “I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l’apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria”. La normativa citata differenziava il visto dal parere di regolarità contabile: il primo, infatti, attestava la “copertura finanziaria” ed aveva ad oggetto le determinazioni dirigenziali; il secondo invece, riguardava le deliberazioni di Giunta e di Consiglio implicanti “impegno di spesa o diminuzione di entrata”. Nel suddetto contesto normativo (antecedente alle modifiche legislative medio tempore intercorse), se non potevano (all’epoca) e non possono (all’attualità) sorgere dubbi sulla rilevanza del parere di regolarità contabile ai fini della responsabilità erariale stante la chiara formulazione del citato articolo 49, comma 3 (sostanzialmente rimasta immutata in parte qua nel testo tutt’ora vigente), la questione relativa alla natura e agli effetti del visto di regolarità contabile, viceversa, è stata oggetto di approdi giurisprudenziali difformi delle Sezioni d’appello di questa Corte.
Da un lato, infatti, si è affermato che “l’apposizione, da parte del Responsabile del Servizio Finanziario, del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria (articolo 151, n. 4, TUEL), non implichi altra verifica che quella relativa all’accertamento della necessaria copertura di bilancio dell’atto emanato e della esatta imputazione di spesa” (Sez. I d’App., sentt. n. 276/2019, n. 64 del 5.4.2019, n. 256 del 25.6.2018, n. 352 del 20.9.2018, n. 454 del 17.12.2018); dall’altro lato, viceversa, è stato ritenuto che “La distinzione tra le due diverse modalità di espressione del controllo di regolarità contabile (parere nel primo caso; visto nel secondo caso) non autorizza, tuttavia, a ritenere che la responsabilità del soggetto preposto alla funzione consultiva ex articolo 153 t.u.el. possa ritenersi circoscritta, nel caso di determine assunte dai singoli centri di responsabilità, alla mera verifica di copertura finanziaria della spesa. Alla luce del quadro normativo sopra delineato, infatti, la figura del responsabile del servizio finanziario (un tempo “servizio di ragioneria”) appare onerata delle prerogative funzionali di controllo sugli atti amministrativi che comportano impegni di spesa: tale potere si esprime attraverso pareri, visti e attestazioni, tutti espressione di un’unitaria funzione di controllo (interno) volto a verificare non la mera “copertura” della spesa, ma il rispetto delle norme contabili nel loro complesso (in tal senso, già Sez. Sicilia app. 22 settembre 2016 n. 948). … Occorre, dunque, rimarcare la centralità del ruolo affidato al Responsabile del servizio economico-finanziario, anche in sede di “visto” da apporre sulle determine dei dirigenti, quale modalità di esercizio di quel controllo di “legalità contabile” che ha a oggetto la compatibilità della spesa con il sistema di garanzie contabili e finanziarie che l’ordinamento nel suo complesso appronta, ricomprendendovi anche la liceità della spesa e la sua corrispondenza agli interessi dell’Ente locale, oltre che la congruità del mezzo prescelto in rapporto ai fini dichiarati, con attestazione finale della disponibilità concreta di provvista” (Sez. II App. sentt. n. 306/2019, n. 298/2019).
Conclusioni
Nel caso di specie, precisa il Collegio contabile di appello, anche in ipotesi di un possibile revirement del proprio orientamento sul punto, la responsabilità ascritta all’appellante rimarrebbe comunque ferma per aver egli espresso (oltre al visto sulla determina dirigenziale) anche il parere favorevole di regolarità contabile sulla deliberazione commissariale foriera del danno erariale. Ne consegue che il relativo motivo d’appello, prevalentemente incentrato sulla dedotta “irresponsabilità” nascente dal visto di regolarità contabile, appare infondato laddove l’appellante afferma che anche “il parere di regolarità contabile” sarebbe “inidoneo ex se ad addebitargli responsabilità amministrativa”, atteso quanto espressamente previsto dall’articolo 49, comma 3, del TUEL.
La condanna erariale, pertanto, deve essere confermata.
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