Nessun obbligo del Consiglio di concludere il procedimento del debito fuori bilancio

Sull’obbligo o meno del Consiglio comunale di concludere il procedimento del debito fuori bilancio per acquisto di beni e servizi in assenza dell’impegno contabile, le Sezioni Unite della Cassazione hanno posto un punto fermo.

2 Febbraio 2021
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Sull’obbligo o meno del Consiglio comunale di concludere il procedimento del debito fuori bilancio per acquisto di beni e servizi in assenza dell’impegno contabile, le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 29178/2020) hanno posto un punto fermo. In altri termini, non vi sarebbe alcuna questione riguardante il  silenzio inadempimento da parte della PA, sul riconoscimento del debito fuori bilancio, tale da radicare la giurisdizione del giudice amministrativo deputato a conoscere di tale inadempimento. Con tale orientamento i giudici di legittimità hanno aderito alla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui non vi sarebbe alcun obbligo della PA di concludere il procedimento del riconoscimento di un debito fuori bilancio, trattandosi di diritti soggettivi e non di omesso esercizio di poteri autoritativi.

La posizione oscillante del giudice amministrativo

Il silenzio inadempimento della PA, attivato dal creditore con lettera di diffida, al fine di procedere al riconoscimento del debito fuori bilancio da parte del Consiglio comunale, non ha trovato nei giudici amministrativi un orientamento uniforme. Da un lato, il  silenzio-rifiuto, sull’istanza del creditore del riconoscimento di debiti fuori bilancio ed il conseguente obbligo, per il comune, di pronunciarsi, è stato considerato quale decisione di competenza del giudice amministrativo (tra le tante  TAR Lazio sentenza n.2175/2020;  TAR Puglia sentenza n.688/2019; Cons. St., sez. V, 04/08/2014 n. 4143; TAR Lazio, sez. II Bis, 21.12.2015 n. 14322) ritenendo, quindi, ammissibile e fondata l’azione avverso il silenzio, esperita ex art. 31 cpa. Dall’altro lato, altra giurisprudenza amministrativa ha dichiarato l’impossibilità di qualificare il debito fuori bilancio come attività discrezionale di tipo amministrativo, rimettendo la questione all’unico plesso giurisdizionale competente individuato nel giudice ordinario.

Le indicazioni delle Sezioni Unite

Con la presente sentenza i giudici di legittimità hanno, in via definitiva, risolto la questione dell’obbligo o meno da parte dell’Ente di concludere il procedimento su istanza del privato creditore. E’ stato, infatti, precisato come il riconoscimento del debito fuori bilancio, ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e), TUEL, consegue, effettivamente, all’attivazione di un procedimento discrezionale, riservando all’ente locale la valutazione dell’utilità e dell’arricchimento conseguiti con l’acquisizione del bene o servizio al di fuori del paradigma contabile, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza. Se, tuttavia, non esiste un diritto soggettivo del privato al riconoscimento ad opera dell’ente locale del debito assunto fuori bilancio, non di meno la pretesa che il privato fornitore rivolge verso l’amministrazione è pur sempre fondata sul rapporto contrattuale avente ad oggetto la prestazione di beni e servizi, perciò rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario. Pertanto, la mancanza della deliberazione consiliare di riconoscimento costituisce un limite interno che preclude nel merito la proponibilità della domanda di pagamento portata dal fornitore verso l’ente, senza tuttavia incidere sui fatti costitutivi della pretesa e perciò senza coinvolgere la giurisdizione. In conclusione, a fronte dell’inerzia dell’amministrazione rispetto all’emanazione vincolata (seppure discrezionale nei contenuti) del provvedimento di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, nell’ipotesi contemplata dall’art. 194, comma 1, lett. e) TUEL, la posizione del privato si configura comunque di diritto soggettivo, giacché correlata ad una pretesa di adempimento contrattuale. La competenza, pertanto, non può che essere attribuita al giudice ordinario unico destinato a conoscere dei diritti soggettivi.

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