Una doppia illegittimità costituzionale rende la questione parecchio delicata sul terreno politico e istituzionale. Ma su quello pratico l’assenza di un salvagente statale renderebbe impossibile la chiusura dei rendiconti 2020 e soprattutto dei preventivi 2021-23 in molti degli oltre 800 Comuni interessati dal problema. Perché ricondurre a un calendario ordinario, per esempio triennale, la copertura di un deficit programmato in 30 anni significa gonfiare enormemente la rata annuale. E dal momento che secondo le stime il disavanzo extra vale oltre 2,5 miliardi, il rischio concreto è il default per molti Comuni. Tra loro ci sono anche Torino e Napoli, attesi alle elezioni in autunno. E qui il problema torna a farsi politico.
Per superarlo, al ministero dell’Economia ieri in una serie di riunioni tecniche e politiche si è lavorato a una doppia mossa. La prima, spinta soprattutto dai tempi strettissimi a disposizione per salire sul treno del decreto, è una norma ponte (come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri) per consentire ai Comuni di chiudere i bilanci senza per ora tener conto degli obblighi di ripiano rapido prodotti dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale. Oltre che «ponte», si tratterebbe ovviamente di una norma a tempo, per guadagnare qualche settimana utile a costruire la soluzione a regime.
Per quest’ultima le ipotesi corrono sostanzialmente su due binari. Il più tradizionale guarda a un finanziamento statale da distribuire agli enti investiti dall’onda del deficit, ma avrebbe il difetto di produrre debito pubblico per sanare la ferita aperta da un meccanismo contabile nato esattamente con l’obiettivo opposto. L’alternativa, più raffinata, risale la storia contabile recente degli enti locali. Nel 2015 la riforma dei bilanci ha chiesto agli enti di pulire i conti dalle vecchie entrate non riscosse, permettendo di chiudere in 30 anni il disavanzo prodotto dalla cancellazione delle vecchie poste. Dal momento che le anticipazioni sblocca-debiti sono precedenti, si punterebbe a imbarcare su quel vecchio riaccertamento straordinario anche il loro disavanzo. Ricostruendo così il calendario trentennale appena cancellato dalla Consulta. Proprio questo aspetto rende “impegnativa” questa strada. Che ha bisogno del Parlamento per essere percorsa.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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