L’“endemico” utilizzo dell’anticipazione di cassa

17 Luglio 2023
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L’“endemico” utilizzo dell’anticipazione di cassa rischia di trasformare l’istituto da mezzo di correzione degli squilibri temporali tra riscossioni e pagamenti in una forma d’indebitamento vero e proprio, contratto in alternativa al debito commerciale: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per l’Emilia-Romagna, nella delib. n. 86/2023/PRSP, depositata lo scorso 23 giugno.
I giudici contabili hanno rammentato che l’art. 222 del TUEL (decreto legislativo n. 267/2000) e l’art. 3, comma 17, della legge n. 350/2003 consentono il ricorso all’anticipazione di tesoreria – forma di contrazione di debito a breve termine sottratta ai limiti di destinazione alle spese di investimento posti dall’art. 119, sesto comma, della Costituzione – esclusivamente per “superare una momentanea carenza di liquidità” e fronteggiare improrogabili e, comunque, momentanee esigenze di cassa derivanti dallo sfasamento cronologico che può verificarsi tra pagamenti e riscossioni.
Nel caso specifico, la Corte ha valutato positivamente sia una riduzione, rispetto all’esercizio precedente, del ricorso all’anticipazione sia la sua restituzione integrale entro il termine dell’esercizio, invitando l’ente a proseguire nel rigoroso controllo dei propri flussi finanziari, al fine di evitare sofferenze nella gestione della liquidità, prevenire eventuali sostanziali squilibri di bilancio e non incorrere in aggravi finanziari per interessi passivi.

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