Legittimità di un contributo in conto capitale ad altro comune

4 Giugno 2019
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Il caso oggetto di chiarimenti riguarda la possibilità da parte di un comune di erogare ad un altro Comune, in base ad una convenzione che disciplini i reciproci rapporti, un contributo a fondo perduto finalizzato alla realizzazione di un’opera pubblica, rilevante per il conseguimento, da parte del Comune richiedente, di un interesse pubblico per la comunità. La risposta al quesito è contenuta nella deliberazione n.135/2019 della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto.

L’inquadramento giuridico

Secondo i giudici contabili veneti il quesito formulato attiene, sotto un aspetto generale, alla tematica della possibile destinazione di fondi comunali ad interventi relativi a beni di proprietà di un soggetto giuridico diverso. Nel caso specifico si tratta di stabilire se possa essere legittimo una contribuzione relativa ad un intervento su rete stradale all’interno degli enti. In merito alla gestione della rete stradale, ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada) il Comune è chiamato, quale ente proprietario delle strade, a provvedere alla loro manutenzione, gestione e pulizia, comprese le loro pertinenze e arredo, nonché attrezzature, impianti e servizi al fine di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione. La suddetta regola del resto è altresì contenuta nell’art. 39 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 (Legge sulle opere pubbliche) – allegato F, che pone infatti a carico dei comuni gli oneri di “costruzione, sistemazione e mantenimento” delle strade comunali così come specularmente l’art. 37 pone a carico delle province i medesimi oneri relativi alle strade provinciali.

La sottoscrizione di una convenzione

Ricorda il Collegio contabile come l’art.30 del Tuel disciplini le convenzioni tra enti locali, quale ipotesi speciale di accordi tra Pubbliche amministrazioni, istituto di carattere generale contemplato dall’art. 15 legge 7 agosto 1990, n. 241. Esse realizzano una forma di partenariato cosiddetta di tipo debole che, diversamente dal partenariato di tipo forte, non si concretizza nella costituzione di un soggetto fornito di una veste giuridicamente autonoma rispetto a quella dei soggetti contraenti. In altri termini, le convenzioni sono riconducibili a contratti di diritto pubblico, che istituiscono una forma di cooperazione tra gli enti locali per l’esercizio di funzioni amministrative comuni. Quindi, afferendo all’esercizio di funzioni amministrative fondamentali degli Enti Locali, le convenzioni ex art. 30 TUEL non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di contratti pubblici, in quanto non lesive del principio di concorrenza.

Premessa la convenzione tra i due enti locali, si tratta di stabilire se sia possibile lo spostamento patrimoniale da un ente all’altro per finalità d’interesse della collettività dei cui interessi l’ente contributore è rappresentativo, ma per interventi da realizzarsi entro l’ambito di competenza dell’ente sovvenzionato.

I giudici contabili in tale ambito hanno precisato che all’interno dell’ordinamento generale o nella disciplina di settore degli enti territoriali non esiste alcuna norma che ponga uno specifico divieto. Infatti, se l’azione è intrapresa al fine di soddisfare esigenze della collettività rientranti nelle finalità perseguite dal Comune l’attribuzione di beni, anche se apparentemente a “fondo perso”, non può equivalere ad un depauperamento del patrimonio comunale, in considerazione dell’utilità che l’ente o la collettività ricevono dallo svolgimento del servizio pubblico o di interesse pubblico effettuato dal soggetto che riceve il contributo (Corte dei conti Lombardia, deliberazione n.262/2012). Inoltre, la natura pubblica o privata del soggetto che riceve l’attribuzione patrimoniale è indifferente, se il criterio di orientamento è quello della necessità che l’attribuzione avvenga allo scopo di perseguire i fini dell’ente pubblico. Tuttavia, ogniqualvolta l’Amministrazione ricorra a soggetti privati per raggiungere i propri fini (e, conseguentemente, riconosca loro benefici di natura patrimoniale) le cautele debbono essere maggiori, rispetto ai casi in cui vengano in rilievo enti pubblici, anche al fine di garantire l’applicazione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione che debbono caratterizzare l’attività amministrativa (Sezione regionale di controllo per la  Lombardia, deliberazione n.279/2015).

Conclusioni

Nel caso specifico, conclude il Collegio contabile, il contributo dovrebbe andare a beneficio non esclusivo della collettività di riferimento dell’ente erogatore, ma anche di quella insediata presso un differente territorio. In sostanza, una parte delle risorse a disposizione dell’ente andrebbe a beneficio di una collettività i cui interessi non sono rappresentati dall’ente. Ciò è legittimo se e nella misura in cui l’impegno finanziario del Comune contributore sia proporzionato al beneficio che ne trae la propria collettività di riferimento.

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