L’assenza del contratto solleva l’ente e i funzionari o amministratori dal debito fuori bilancio

L’assenza di un valido contratto non radica nei confronti dell’impresa il diritto alla remunerazione delle attività svolte, né l’impresa può chiamare in surroga il funzionario o amministratore se…

22 Novembre 2018
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L’assenza di un valido contratto non radica nei confronti dell’impresa il diritto alla remunerazione delle attività svolte, né l’impresa può chiamare in surroga il funzionario o amministratore se non prova il loro consenso alle prestazioni rese. Queste sono le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza 20/11/2018 n.29988.

Il caso particolare

Un’impresa aveva eseguito l’appalto delle pulizie degli uffici giudiziari a seguito della assegnazione dell’appalto, successivamente prorogato. Nonostante la mancata esplicita e formale ulteriore proroga del contratto, reclamava il mancato pagamento delle prestazioni pur rese, chiamando a rispondere del pagamento l’ente, nonché in surroga i funzionari e gli amministratori che a suo dire avrebbero consentito la proroga tacita del servizio. Sia il Tribunale di primo grado che successivamente la Corte di Appello hanno rigettato la domanda dell’impresa, mancando nel periodo lamentato un valido titolo contrattuale per iscritto, dichiarando altresì inammissibile la domanda di arricchimento senza causa per mancanza del requisito di sussidiarietà, essendo esperibile azione nei confronti dei singoli funzionari o amministratori. Dal lato dei funzionari e amministratori chiamati in causa dall’impresa la domanda è stata considerata infondata per mancata prova del ruolo di costoro nella vicenda e del loro consenso alle prestazioni rese dall’impresa nel periodo successivo alla scadenza del contratto, confermando il rigetto della domanda surrogatoria proposta nei confronti del Comune, difettando a monte il presupposto della responsabilità dei funzionari e amministratori citati in giudizio.

L’impresa adisce la Cassazione per la riforma della sentenza della Corte di Appello per non aver adeguatamente valorizzato la configurabilità della proroga tacita del rapporto contrattuale, espressamente prevista in apposita clausola negoziale, in mancanza di un divieto legale.

La conferma della Cassazione

Evidenziano i giudici di Piazza Cavour come nei confronti della PA esiste il divieto, a pena di nullità, di rinnovo tacito dei contratti delle p.a. per la fornitura di beni e servizi. Il suddetto divieto, infatti, era connaturato al sistema che prevedeva (e prevede) la forma scritta ad substantiam dei contratti con la p.a., in base al quale la volontà di obbligarsi della P.A. non può dedursi, per implicito, da singoli atti, dovendo, viceversa, manifestarsi nelle forme, necessariamente rigide, richieste dalla legge, e ciò anche in caso di rinnovo o proroga dell’originaria convenzione negoziale, con la conseguenza che l’istituto della rinnovazione tacita del contratto non è compatibile con le regole dettate in tema di forma degli atti negoziali degli enti pubblici. L’attuale sistema prevede, inoltre, una procedura rigorosa che subordina l’effettuazione di qualsiasi spesa alla deliberazione autorizzativa adottata nelle forme di legge, divenuta o dichiarata esecutiva, e all’impegno contabile registrato nel pertinente capitolo di bilancio di previsione, ed ha previsto una responsabilità personale e diretta del funzionario o dell’amministratore verso il privato fornitore per gli impegni assunti al di fuori o in violazione della procedura stessa.

L’impresa erra ritenendo che nel contratto vi fosse riferita una proroga tacita, in quanto la proroga tacita e automatica reclamate non è stata inserita nel contratto, essendo prevista piuttosto la rinnovazione condizionata, però, all’esercizio di un atto di autonomia negoziale che non vi è stato.

In merito alla ritenuta esperibilità dell’azione diretta nei confronti dei funzionari e degli amministratori che avevano disposto l’effettuazione del servizio, pur in mancanza della delibera autorizzativa nelle forme previste dalla legge e dell’apposito impegno contabile, la stessa non può trovare favorevole accoglimento. I giudici di appello hanno, infatti, correttamente accertato che nessuno dei funzionari e amministratori chiamati in giudizio abbia tenuto comportamenti cui ricondurre causalmente le prestazioni rese dall’impresa, stante la mancata prova del contrario da parte dell’attrice, non essendo sufficiente il fatto di avere rivestito un ruolo di responsabilità all’interno del Comune, quando non sia seguito in concreto alcun idoneo atto impegnativo nei confronti dei terzi.

 

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