Tra i vari emendamenti richiesti dall’ANCI al decreto sostegni, in fase di conversione in legge, vi sono due criticità rilevanti dovute dalla crisi pandemica ancora in atto. Da un lato la necessità di spostare i termini per l’approvazione del conto consuntivo alla fine del mese di maggio, e dall’altro quello di non aggravare ulteriormente la riduzione delle spese nell’anno 2021 a causa del mancato rispetto dei tempi di pagamento che obbligano i comuni a costituire il fondo di garanzia. Sono queste le richieste di emendamenti più significative inviate dall’ANCI al Senato per l’inserimento delle modifiche nella fase ancora in atto della conversione in legge del decreto cosiddetto “Sostegni”.
Le motivazioni del rinvio del consuntivo
A dire dell’ANCI si rende necessario il differimento dell’approvazione del conto consuntivo 2020 per alcune rilevanti motivazioni. Da un lato la crisi pandemica e la concomitante approvazione del bilancio di previsione nel medesimo mese di aprile, stanno rendendo estremamente complessa l’approvazione, da parte degli enti locali, anche del conto consuntivo. Dall’altro lato il differimento dei termini alla fine del mese di maggio, agevolerebbe una correlazione tra certificazione del dell’impiego dei fondi straordinari 2020 (cosiddetto “Fondone”). Quest’ultimo, infatti, ha subito consistenti modifiche e/o correttivi decisi solo a seguito dell’approvazione avvenuta nella Conferenza Stato-Città del 25 marzo e recepita nel Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno, n. 59033 del 1 aprile 2021. Con il differimento, in altri termini, si permetterà agli enti locali una importante semplificazione amministrativa. Infatti, dovendo ciascun ente predisporre le risultanze della prima certificazione Covid dopo l’approvazione del rendiconto 2020, verosimilmente in molti casi non vi sarà una piena aderenza della certificazione con i totali di avanzo vincolato e avanzo libero riportati in prima battuta nel rendiconto.
Sulla base delle regole ordinarie, quindi, per diversi enti si porrebbe la necessità di validare in consiglio comunale un documento sostanzialmente identico a quello già approvato, anche quando il valore complessivo del risultato di amministrazione risulta confermato. In quest’ultimo caso, invece, sarebbe auspicabile demandare il mero onere amministrativo solo in capo al responsabile del servizio finanziario. La proposta si giustifica anche alla luce del ritardo con il quale sono state messe a disposizione degli enti locali le informazioni contabili necessarie per redigere contestualmente la certificazione Covid e il rendiconto nelle sue diverse componenti.
Al differimento al mese di maggio del conto consuntivo, l’ANCI chiede anche il correlato differimento degli equilibri e dell’assestamento del bilancio di previsione al 30 settembre 2021 (anziché al 31 luglio) oltre al differimento al 30 novembre 2021 del bilancio consolidato previsto, invece, per il 30 settembre.
Fondo di garanzia
Gli enti locali, non in regola con la riduzione dello stock del debito e/o con violazione dei tempi medi di pagamento, hanno o stanno accantonando risorse nel fondo di garanzia per i debiti commerciali. Si ricorda, infatti, come la legge di bilancio 2019, in considerazione del ritardo nei pagamenti della PA, ha previsto un particolare apparato sanzionatorio costringendo, gli enti in ritardo con i pagamenti rispetto ai 30 giorni dalla data fattura, nonché in caso di mancata riduzione dello stock del debito dell’anno precedente, ad accantonare risorse nel bilancio di previsione. L’operatività di tale accantonamento è stata rinviata al 2021 e l’apparato sanzionatorio è rinvenibile nei commi 859 e 862 della citata legge di bilancio 2019. In particolare si prevede che, entro il 28 febbraio per gli enti che hanno già approvato il bilancio di previsione e per gli altri enti da precisare il calcolo nella nota integrativa, stanziano nella parte corrente del proprio bilancio un accantonamento denominato Fondo di garanzia debiti commerciali, sul quale non e’ possibile disporre impegni e pagamenti, che a fine esercizio confluisce nella quota libera del risultato di amministrazione, per un importo pari: a) al 5 per cento degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, in caso di mancata riduzione del 10 per cento del debito commerciale residuo oppure per ritardi superiori a sessanta giorni, registrati nell’esercizio precedente; b) al 3 per cento degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra trentuno e sessanta giorni, registrati nell’esercizio precedente; c) al 2 per cento degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra undici e trenta giorni, registrati nell’esercizio precedente; d) all’1 per cento degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra uno e dieci giorni, registrati nell’esercizio precedente. Inoltre, ai sensi del successivo comma 863, si prevede che nel corso dell’esercizio l’accantonamento al Fondo di garanzia debiti commerciali di cui al comma 862 è adeguato alle variazioni di bilancio relative agli stanziamenti della spesa per acquisto di beni e servizi e non riguarda gli stanziamenti di spesa che utilizzano risorse con specifico vincolo di destinazione. Il Fondo di garanzia debiti commerciali accantonato nel risultato di amministrazione è liberato nell’esercizio successivo a quello in cui sono rispettate le condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 859.
Secondo l’ANCI, che chiede una proroga dell’accantonamento al 2022, un mancato rinvio rischia di produrre impatti controproducenti sulle situazioni finanziarie più fragili, sia per condizioni strutturali che per gli effetti della pandemia tuttora in corso.
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