La disorganizzazione dell’ente riduce il danno erariale per gli incarichi extra non autorizzati

19 Marzo 2024
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Il rilascio di un’autorizzazione per un incarico esterno del dipendente pubblico vale per singolo incarico, non potendo avere alcun valore un’autorizzazione concessa anche a valere sugli incarichi futuri. Pertanto, il dipendente pubblico che, sulla base della precedente autorizzazione, continua per diversi anni a svolgere incarichi extra istituzionali senza specifica autorizzazione per ogni incarico, è passibile della responsabilità risarcitoria consistente nella restituzione dei compensi ricevuti illegittimamente, così come tipizzati dalla normativa del testo unico del pubblico impiego. Con tali motivazioni la Corte dei conti del Piemonte (sentenza n. 29/2024) ha sanzionato il dipendente pubblico per gli incarichi svolti per molti anni in assenza di autorizzazione dell’ente di appartenenza, ma ha ridotto del 70% la responsabilità erariale, in ragione della confusione organizzativa circa l’autorizzazione postuma rilasciata dal dirigente del servizio di appartenenza.

La vicenda

L’art. 53, comma 7, del d.lgs. 165/01 impone un collegamento specifico tra il singolo incarico extraistituzionale del dipendente pubblico e la specifica autorizzazione. Infatti, solo in tal modo, dettagliando l’incarico per cui si formula istanza autorizzativa, l’amministrazione è posta nelle condizioni di valutare la compatibilità dell’impegno con l’attività principale svolta dal dipendente. La necessaria verifica di “insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi” impone, quindi, che l’istanza sia formulata, e l’autorizzazione rilasciata, per ogni singolo incarico, al più potendosi ammettere un’autorizzazione cumulativa per incarichi dello stesso genere in un limitato arco temporale.

La Procura erariale, pertanto, in assenza di un’autorizzazione per i singoli incarichi esterni svolti in molti anni, ha citato il dipendente per la sanzione riguardante la restituzione dei compensi illegittimamente percepiti.
A propria difesa il dipendente ha evidenziato la propria buona fede nell’espletamento degli incarichi esterni, a fronte dell’autorizzazione rilasciata all’inizio dal dirigente del Settore che conteneva un’espressa “dispensa da ulteriori comunicazioni future di ogni singola attività che andrà a svolgere”.

Le indicazioni del Collegio contabile

Per i giudici contabili non vi sono dubbi circa la responsabilità erariale da mancata entrata del dipendente per incarichi extra privi di autorizzazione preventiva dell’ente, così come delineato dalla Procura contabile nel rinvio a giudizio. Infatti, l’art.53 del d.lgs. 165/01 prevede l’obbligo del riversamento dei compensi percepiti dal dipendente pubblico in assenza della previa autorizzazione dell’ente di appartenenza. Tuttavia, la natura sanzionatoria non può estendersi alla successiva condotta tipizzata dal comma 7 bis (l’omesso versamento del compenso), non presentando i caratteri della responsabilità sanzionatoria. Si tratta, in altri termini, di un’ipotesi di responsabilità risarcitoria classica per la violazione dell’obbligo di riversamento del compenso indebitamente percepito: proprio l’esistenza dell’obbligo di riversamento, infatti, determina giuridicamente la collocabilità del valore rappresentato dal compenso percepito nel patrimonio del danneggiato, così determinandosi una lesione di tale patrimonio per il mancato riversamento, nell’ottica della mancata entrata. A conferma della natura risarcitoria, d’altra parte, la considerazione che il versamento dei compensi può avvenire anche ad opera dell’Ente erogante, in alternativa al percettore: tale previsione, invero, sarebbe difficilmente conciliabile con una responsabilità di tipo sanzionatorio.

Nel caso di specie, la difesa del dipendente circa un’autorizzazione ottenuta dal dirigente a valere anche per gli incarichi futuri, non appare sufficiente a legittimare l’attività svolta nel corso del decennio. Infatti, la necessaria verifica di “insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi” impone, quindi, che l’istanza sia formulata, e l’autorizzazione rilasciata, per ogni singolo incarico. In merito all’elemento soggettivo, anche a voler escludere il dolo ammettendo la buona fede del convenuto, ritiene il Collegio che tale ignoranza sia indubbiamente espressione di una colpa grave, essendo inescusabile la negligenza del pubblico dipendente che svolge un’attività ulteriore, in deroga al generale principio di esclusività, senza preoccuparsi di conoscere non solo la disciplina normativa nazionale di riferimento per qualunque pubblico dipendente, ma anche gli stessi regolamenti dell’amministrazione presso cui presta servizio.

Stabilita la responsabilità del dipendente, in merito alla quantificazione del danno erariale, visto il potere di riduzione intestato al giudice contabile, la previsione contenuta nella prima autorizzazione che prevedeva la dispensa da parte del dipendente di ulteriori comunicazioni future circa successivi incarichi, conduce a ritenere corretta una riduzione del danno erariale pari a circa il 70%, tenuto conto dell’adeguato stato di servizio del convenuto (non contestato dal requirente), l’assenza di contestazioni circa lo svolgimento dell’attività extraistituzionale, la trasparenza dell’attività svolta, la modestia dei compensi percepiti (molti incarichi, tra l’altro, risultano svolti a titolo gratuito) e, infine, il disinteresse serbato dall’Amministrazione a fronte di un’autorizzazione del tutto e palesemente irregolare, espressione di un contesto lavorativo evidentemente non attento alla regolare gestione dei rapporti di lavoro.

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