La corruzione e la legge 190/2012. Priorità all’azione di prevenzione (parte 8)

Con comunicato del 10/02/2015 la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate rende noto che:

La struttura di “contenitore” della legge 190, destinata a raccogliere un ampio e disomogeneo ventaglio di interventi normativi, è confermata dal blocco di commi (da 66 al 74) sull’obbligatorio collocamento in posizione di “fuori ruolo” di magistrati e avvocati dello Stato, in caso di attribuzione di incarichi, anche in posizioni semi-apicali, presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali e internazionali, compresi quelli, comunque denominati, negli uffici di diretta collaborazione, ivi inclusi quelli di consulente giuridico, nonché quelli di componente degli organismi indipendenti di valutazione. Il governo non ha peraltro esercitato la delega attribuitagli per individuare ulteriori incarichi che comportassero il collocamento in tale posizione. Gli incarichi attribuiti con collocamento fuori ruolo non possono recare pregiudizio alle posizioni rivestite nel ruolo di appartenenza e non possono superare il periodo di dieci anni. Questa disciplina è inapplicabile a membri di governo, cariche elettive e componenti di Corti internazionali.

 Delle sei deleghe attribuite al governo dalla legge 190, solo tre (commi 35, 49 e 63) sono state esercitate:

  • Dlgs 14 marzo 2013, n. 33 “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”
  • Dlgs 8 aprile 2013, n. 39 “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico”
  • Dlgs 31 dicembre 2012, n. 235 “Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi”.

Il Governo non ha esercitato la delega a emanare, rispettivamente entro sei mesi, quattro mesi e un anno dall’entrata in vigore della legge, tre decreti legislativi:

  • disciplina organica degli illeciti, e relative sanzioni disciplinari, per il superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi (comma 48)
  • individuazione di incarichi (ulteriori a quelli di cui al comma 66) che comportano l’obbligatorio collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati e avvocati dello Stato (comma 67)
  • disposizioni integrative o correttive del decreto legislativo stesso (comma 74).

Modifiche alla legge 241/1990

La legge 190 (commi 37, 38, 41 e 47) modifica significativamente la legge 241/1990 sul procedimento amministrativo:

 

  • principi generali dell’attività amministrativa – articolo 1, comma 1-ter. I soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei principi di cui al comma 1 (l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario), con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le Pa in forza delle disposizioni di cui alla stessa legge 241
  • conclusione procedimento – articolo 2, comma 1. È ora possibile, nei casi di manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, di concludere il procedimento con un provvedimento espresso in forma semplificata, con motivazione sintetica, limitata al punto di fatto o di diritto risolutivo
  • conflitto d’interessi – articolo 6-bis. Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare pareri, valutazioni tecniche, atti endo-procedimentali e il provvedimento finale devono segnalare ogni situazione, anche potenziale, di conflitto di interessi e devono astenersi dall’adottare qualsivoglia atto di valutazione tecnica, provvedimento finale o parere
  • accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento – articolo 11. È introdotto anche per gli accordi fra Pa e privati l’obbligo di motivazione.

Disposizioni in tema di appalti di lavori, servizi e forniture

Come in precedenza accennato, uno dei settori maggiormente esposti ai fenomeni corruttivi è quello degli appalti (Dlgs 163/2006). Le stazioni appaltanti (comma 17) possono prevedere come causa di esclusione dalla procedura, all’interno di bandi di gara, lettere d’invito o avvisi, il mancato rispetto di:

  • protocolli di legalità, utili strumenti pattizi per contrastare il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nelle attività economiche, anche in quei territori dove il fenomeno non è particolarmente radicato. I protocolli sono disposizioni volontarie tra i soggetti coinvolti nella gestione dell’opera pubblica (normalmente la Prefettura – Ufficio territoriale del governo, il contraente generale, la stazione appaltante e gli operatori della filiera dell’opera pubblica). In tal modo, si rafforzano i vincoli previsti dalla normativa antimafia, nella modalità di controlli volontari, anche sui subcontratti, non previsti dalla predetta normativa. I vantaggi di poter fruire di uno strumento di accordo, fin dal momento iniziale, permette a tutti i soggetti (privati e pubblici) di poter lealmente confrontarsi con eventuali fenomeni di tentativi di infiltrazione criminale organizzata
  • patti d’integrità. Sono accordi tra gli operatori economici e le stazioni appaltanti interessate, in forza dei quali le parti firmatarie si impegnano ad assumere un comportamento lecito ed eticamente corretto per rafforzare l’integrità nella contrattazione pubblica con il contrasto alla corruzione. Si tratta di una adesione volontaria ai principi etici di integrità, che pertanto rafforza il vincolo di collaborazione alla legalità tra amministrazione aggiudicatrice e partecipanti privati. Attraverso di esso:
  • la PA e l’operatore si impegnano espressamente a non offrire, accettare o richiedere somme di denaro o qualsiasi altra ricompensa, vantaggio o beneficio, sia direttamente sia tramite intermediari, al fine dell’assegnazione del contratto o per distorcerne la regolarità della fase di esecuzione
  • l’operatore economico si impegna a rendere noto al responsabile della prevenzione della corruzione ogni illecita pressione criminale
  • l’operatore economico si obbliga al rigoroso e rispettoso rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.

    L’Amministrazione procedente ha l’obbligo di comunicare ai concorrenti sul proprio sito web istituzionale tutte le informazioni necessarie affinché sia rispettato il principio di trasparenza, in modo da rendere effettiva la possibilità di libera concorrenza.

    Nei procedimenti di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, servizi e forniture, le stazioni appaltanti devono pubblicare struttura proponente, oggetto del bando, elenco degli operatori invitati a presentare offerte, aggiudicatario, importo di aggiudicazione, tempi di completamento e importo delle somme liquidate.

    I soggetti concorrenti, in particolare, hanno invece l’obbligo di segnalare ogni tentativo di turbativa del procedimento, di dichiarare di non trovarsi in situazioni di collegamento con altri concorrenti. Le sanzioni nel caso in cui il patto d’integrità venga violato sono: risoluzione o perdita del contratto; responsabilità per danni arrecati ad altri concorrenti o alla Pa, pari a una percentuale del valore del contratto; escussione della cauzione di validità dell’offerta o di buona esecuzione del contratto; esclusione da gare future per un numero di anni determinato dalla stessa Pa.

Disposizioni in tema di arbitrati

La decisione relativa a controversie insorte durante l’esecuzione di contratti pubblici è rimessa ad arbitri, così come disciplinato ai commi dal 19 al 27 e come chiarito anche dalla determinazione n. 6 del dicembre 2013 dell’Avcp. In particolare, i commi 19 e seguenti intervengono sull’articolo 241 del codice dei contratti pubblici (Dlgs 163/2006): le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario previsto dall’articolo 240 del medesimo codice, possono essere deferite ad arbitri, previa autorizzazione motivata da parte dell’organo di governo dell’amministrazione.

L’inclusione, senza preventiva autorizzazione, della clausola compromissoria, nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito, ovvero il ricorso all’arbitrato, senza preventiva autorizzazione, sono nulli.

La norma si applica anche alle controversie riguardanti concessioni e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica ovvero una società controllata o collegata a una società a partecipazione pubblica, ai sensi dell’articolo 2359 cc, o che comunque abbiano a oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci pubblici. L’autorizzazione motivata al deferimento è rilasciata dall’organo amministrativo.

 La nomina degli arbitri per la risoluzione delle controversie nelle quali è parte una Pa deve avvenire secondo i principi di pubblicità e di rotazione, nel rispetto delle disposizioni del codice degli appalti, in quanto applicabili, e delle seguenti modalità:

  • se la controversia è tra due Pa, gli arbitri di parte sono individuati esclusivamente tra dirigenti pubblici
  • se la controversia è tra un privato e una Pa, l’arbitro individuato da questa è scelto preferibilmente tra i dirigenti pubblici. Qualora non risulti possibile alla Pa nominare un arbitro scelto tra i dirigenti pubblici, la nomina è disposta, con provvedimento motivato, nel rispetto delle disposizioni del codice degli appalti
  • la Pa stabilisce, a pena di nullità della nomina, l’importo massimo spettante al dirigente pubblico per l’attività arbitrale. L’eventuale differenza tra l’importo spettante agli arbitri nominati e l’importo massimo stabilito per il dirigente è acquisita al bilancio della Pa che ha indetto la gara.

La disposizione, in sintesi, introduce così restrizioni alla facoltà per le Pa di risolvere le controversie inerenti le fasi di esecuzione (pertanto non quelle di affidamento) dei contratti pubblici mediante l’arbitrato rituale. La clausola compromissoria (articolo 808 cpc) deve essere espressamente prevista dal bando, dall’avviso o dalla lettera di invito e, comunque, l’arbitrato deve essere autorizzato dall’organo di governo dell’ente e non dal dirigente.

 Altresì (comma 18), ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato e ai componenti delle commissioni tributarie è vietata, pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti, la partecipazione a collegi arbitrali o l’assunzione di incarico di arbitro unico.

Oggetto della controversia deve essere una questione riguardante diritti soggettivi, cioè pretese patrimoniali, come accennato relative alla fase di esecuzione del contratto: esiste infatti una fase pubblicistica, connessa alla scelta del contraente, e una fase privatistica, connessa invece alle questioni sullo svolgimento del rapporto dopo la stipula del contratto. Alla luce del codice dei contratti, il rapporto contrattuale sorge per effetto della stipula del contratto e non per effetto dell’aggiudicazione (articolo 11, Dlgs 163/2006).

La limitazione dell’arbitrato ai diritti soggettivi deriva dall’impossibilità di far rientrare l’istituto nell’ambito della giurisdizione amministrativa di legittimità: le questioni relative agli interessi legittimi, infatti, non possono essere oggetto di transazione poiché riguardano situazioni soggettive non disponibili e devono essere risolte dall’amministrazione, in via di autotutela, o dal giudice, in sede contenziosa.

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