Irrilevante l’impegno contabile in presenza di un protocollo di intesa

29 Agosto 2018
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Il protocollo di intesa, sottoscritto dall’amministrazione con il privato, in assenza di un formale impegno di spesa, rappresenta un negozio giuridico tale da incidere in via diretta sulle obbligazioni sottoscritte e, in caso di inadempimento dell’ente locale, suscettibile di produrre un risarcimento del danno. Tali sono le conclusioni cui è pervenuta la Cassazione (sentenza 21 giugno 2018 n.16327) che ha ribaltato la sentenza dei giudici di appello che hanno, invece, ritenuto il protocollo di intesa privo di obbligazioni giuridicamente vincolanti per l’amministrazione comunale, rappresentando un mero atto di indirizzo politico, cui non è seguito un vero e proprio contratto o un formale atto di assunzione di impegno sottoscritto dall’organo gestionale del Comune.

La vicenda

A fronte di una emergenza abitativa, dove una pluralità di famiglie e associazioni occupavano abusivamente l’immobile di un privato, il Comune ed il privato hanno stipulato un protocollo di intesa con l’impegno, da parte del Comune, di trasferire altrove tutti gli occupanti abusivi. Il citato impegno, però, veniva realizzato con il solo trasferimento delle famiglie, mentre le associazioni restavano nei piani inferiori dell’immobile senza alcun trasferimento. Il giudice ordinario, chiamato a decidere sul risarcimento del danno reclamato dal privato, ha riconosciuto il danno quantificandolo in una indennità mensile a partire dalla data prevista dallo sgombero non avvenuto.
La Corte di appello, adita dal Comune, ha invece respinto la richiesta risarcitoria sull’assunto che, per effetto del Protocollo di Intesa sottoscritto, non potessero essere sorte obbligazioni giuridicamente vincolanti per l’amministrazione comunale, qualificando detto protocollo d’intesa come mero atto di indirizzo politico, per la risoluzione del problema dell’emergenza abitativa, con sgombero pacifico dell’immobile ma mancante di un vero e proprio contratto o di formale atto di assunzione di impegno sottoscritto dall’ organo gestionale del Comune competente per materia.

La riforma della sentenza della Suprema Corte

Secondo la Cassazione, la sentenza dei giudici di secondo grado contiene un errore sostanziale per aver voluto ricondurre il protocollo di intesa ad atto di mero indirizzo politico, partendo dall’errato assunto secondo cui vi sarebbe una separazione tra attività di indirizzo politico ed attività di gestione, potendo solo queste ultime tramutare gli atti di indirizzo in atti gestionali attraverso i dirigenti, unici muniti del potere di impegnare l’amministrazione verso l’esterno. Nel caso di specie, infatti, la sottoscrizione del documento da parte dell’organo di indirizzo politico, se da un lato soddisfa l’intento di trovare una soluzione politica e amministrativa alla situazione di tensione abitativa correlata all’occupazione abusiva da parte di terzi della proprietà immobiliare della società ricorrente, dall’altro contiene una chiara e inequivocabile assunzione di puntuali e specifici impegni nei confronti della società ricorrente da parte del Comune, essendosi quest’ultimo reso garante della custodia dell’immobile con assunzione delle relative responsabilità, oltre ai relativi oneri. Nel caso di specie, pertanto, si è in presenza di una negoziazione e disposizione di diritti soggettivi attinenti alla proprietà di un bene con relativa assunzione di obblighi di gestione e custodia da parte del consegnatario del bene (pubblica amministrazione), e con corrispondente rinuncia del proprietario titolare all’esercizio dei diritti entro un termine pattiziamente convenuto. Vero è che il legislatore ha previsto la non riconducibilità al rapporto tra pubblica amministrazione e privato in assenza dell’impegno contabile, registrato sul competente capitolo del bilancio di previsione, da comunicare ai terzi interessati, ma nel caso di specie il Comune non si è impegnato al versamento di alcun corrispettivo a favore dell’ente proprietario, essendosi limitato ad assumere la custodia e la gestione del bene occupato da terzi garantendone il rilascio entro un determinato tempo.
In definitiva, in considerazione della rilevanza delle obbligazioni assunte, la sentenza della Corte di appello deve essere annullata per aver escluso l’applicazione e l’interpretazione della disciplina del contratto.

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