di Franco Ricca
1. QUADRO NORMATIVO L’articolo 17-ter del dpr n. 633/72, inserito dalla legge n. 190/2014, al fine di contrastare determinati fenomeni di evasione dell’Iva, ha introdotto in via temporanea il sistema della scissione dei pagamenti, o split payment, in forza del quale l’Iva è versata dai cessionari/committenti direttamente all’erario, anziché ai fornitori. Il meccanismo speciale è stato autorizzato dal Consiglio Ue con decisione 2015/1401, quale deroga temporanea agli articoli 206 e 226 della direttiva Iva (2006/112/Ce) in relazione alle modalità di pagamento e di fatturazione. Nella versione originaria, la disposizione assoggettava al sistema speciale esclusivamente le forniture di beni e servizi a talune pubbliche amministrazioni. Una prima estensione del raggio applicativo alle forniture effettuate nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni, delle società da essa controllate e delle principali società quotate nella Borsa Italiana, con effetto dal 1° luglio 2017, è stata operata con l’art. 1 del dl 24 aprile 2017, n. 50, convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, conformemente alla nuova autorizzazione rilasciata dal Consiglio Ue con decisione 2017/784 del 25 aprile 2017, che ha altresì prolungato fino al 30 giugno 2020 la durata del regime. Successivamente, l’art. 3 del dl 16 ottobre 2017, n. 148, convertito dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, ha esteso il sistema alle forniture effettuate nei confronti di enti pubblici e di fondazioni partecipate dalla pubblica amministrazione, con decorrenza dal 1° gennaio 2018. Il perimetro soggettivo dello split payment, attualmente, risulta così delineato nel testo vigente dei commi 1 e 1-bis del citato art. 17-ter: 1. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di amministrazioni pubbliche, come definite dall’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni e integrazioni, per le quali i cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del ministro dell’economia e delle finanze. 1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle operazioni effettuate nei confronti dei seguenti soggetti: 0a) enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona; 0b) fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70%; a) società controllate, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 2), del codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri; b) società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e c); c) società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70%, da amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 o da enti e società di cui alle lettere 0a), 0b), a) e b); d) società quotate inserite nell’indice Ftse Mib della Borsa italiana identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto; con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 1 può essere individuato un indice alternativo di riferimento per il mercato azionario. Le disposizioni di attuazione sono state emanate con il decreto ministeriale 23 gennaio 2015, poi modificato con decreti ministeriali 27 giugno 2017, 13 luglio 2017 e 9 gennaio 2018. I principali chiarimenti sono stati forniti dall’Agenzia delle entrate con i seguenti documenti: – circolare n. 1/E del 9 febbraio 2015, recante le prime indicazioni sui profili soggettivi – circolare n. 6/E del 19 febbraio 2015, che ufficializza le risposte ai quesiti posti dalla stampa specializzata – circolare n. 15/E del 13 aprile 2015, che illustra in modo organico la disciplina del regime particolare e risolve numerose questioni interpretative e applicative – risoluzione n. 75/E del 14 settembre 2016, concernente i rapporti tra lo split payment e la rivalsa dell’imposta accertata – circolare n. 27/E del 7 novembre 2017, che illustra le modifiche introdotte dal dl n. 50/2017 – circolare n. 28/E del 13 dicembre 2017, concernente le modalità di versamento dell’acconto di dicembre da parte dei soggetti passivi destinatari dello split payment – circolare n. 9/E del 7 maggio 2018, che illustra le modifiche introdotte dal dl n. 148/2017 e risolve ulteriori questioni specifiche. 2. SOGGETTI TENUTI ALLO SPLIT PAYMENT Ai sensi dei commi 1 e 1-bis del riformulato art. 17-ter del dpr n. 633/72, riportati sopra, il sistema dello split payment si applica, dunque, alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei seguenti soggetti, per la cui puntuale individuazione sono state dettate le disposizioni secondarie richiamate più avanti. 1. Amministrazioni pubbliche, come definite dall’art. 1, comma 2, della legge n. 196/2009. Secondo quanto precisato dall’Agenzia delle entrate con risposta n. 15/2018, sono esclusi gli uffici italiani all’estero di un ministero, che fruiscono di una speciale autonomia gestionale e finanziaria; il meccanismo speciale rimane però applicabile alle forniture effettuate nei confronti degli uffici dello stesso ministero dislocati sul territorio nazionale. 2. Enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona. Il comma 1-quinquies) dell’art. 17-ter, inserito dalla legge n. 96/2017, esclude tuttavia dallo split payment gli enti pubblici gestori di demanio collettivo, limitatamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi afferenti alla gestione dei diritti collettivi di uso civico. 3. Fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70% Con circolare n. 9/2018, l’Agenzia ha precisato anzitutto che la predetta percentuale è commisurata all’entità dell’apporto patrimoniale dei soggetti pubblici nel patrimonio di dotazione, e non anche nell’eventuale fondo di gestione. L’Agenzia ha inoltre osservato che le fondazioni a partecipazione pubblica comprendono una gamma variegata ed eterogenea di soggetti giuridici, le cui diversità possono manifestarsi anche sull’assetto patrimoniale, che può assumere una struttura aperta, a formazione progressiva, con la possibilità di partecipazione, con apporti di vario genere (denaro, beni, servizi ecc.), da parte di tutti i soggetti, pubblici e privati, che intendano contribuire economicamente al finanziamento dell’ente. Pertanto le forme di controllo e partecipazione delle fondazioni da parte di soggetti pubblici possono realizzarsi non solo attraverso la classica partecipazione al fondo di dotazione, che potrebbe, in alcuni casi, anche non essere previsto dallo statuto, ma anche attraverso la nomina degli organi di gestione della fondazione stessa ovvero con un’attività di vigilanza penetrante che si esprime con poteri insindacabili sull’organizzazione o sul funzionamento o sulla provvista degli organi della fondazione di un soggetto pubblico. Per queste considerazioni, nonostante la lettera della norma faccia esclusivo riferimento alla percentuale di partecipazione al fondo di dotazione, l’Agenzia ha ritenuto, sulla base di un’interpretazione coerente con lo spirito e la ratio della disciplina in esame, che anche le fondazioni soggette al controllo di soggetti pubblici attraverso la nomina degli organi di gestione della fondazione stessa rientrino nel sistema dello split payment. È il caso, per esempio, delle fondazioni degli ordini professionali, che oltretutto, secondo l’Anac, sono organismi di diritto pubblico rientranti nella gamma degli enti pubblici non economici e, quindi, soggetti alla disciplina dei contratti pubblici di cui al dlgs n. 50/2016. 4. Società controllate, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n. 2, c.c., direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri. Al riguardo, nella circolare n. 9/2018 l’Agenzia ha osservato che sebbene la disposizione di legge, menzionando «le società controllate, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 2), del codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri», faccia riferimento soltanto al c.d. «controllo di fatto», ragioni di ordine logico-sistematico portano ad estendere il riferimento anche al c.d. «controllo di diritto» di cui al punto 1 dell’art. 2359 c.c. In questi termini, peraltro, risulta redatto il relativo elenco delle società in questione, pubblicato dal Dpf il 19 dicembre 2017. 5. Società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n. 1), c.c., da amministrazioni pubbliche o da enti e società di cui ai numeri precedenti. 6. Società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70%, da amministrazioni pubbliche o da enti e società di cui ai numeri precedenti. 7. Società quotate inserite nell’indice Ftse Mib della Borsa italiana identificate agli effetti dell’Iva. Società fiduciarie Per quanto concerne le operazioni effettuate nei confronti delle società fiduciarie, che sono solo formalmente proprietarie dei titoli di cui sono intestatarie, nella circolare n. 9/2018, in considerazione del fatto che l’effettivo titolare delle quote è il cliente fiduciante, l’Agenzia ha espresso l’avviso che la valutazione dei presupposti per l’applicazione della disciplina dello split payment debba effettuarsi con riferimento alla natura del soggetto a cui le quote stesse debbono essere ricondotte, a nulla rilevando l’intestazione formale. Sempre al soggetto fiduciante, inoltre, deve essere riferita la verifica dei requisiti in termini di controllo e di partecipazione di cui al comma 1-bis dell’art. 17-ter. Gruppi Iva Se il soggetto rientrante tra i destinatari dello split payment aderisce ad un «gruppo Iva» ai sensi delle disposizioni degli artt. 70-bis e seguenti del dpr n. 633/72, venendo meno la soggettività passiva autonoma di tale soggetto, le disposizioni dell’art. 17-ter non possono più applicarsi. In questo senso si è pronunciata l’Agenzia delle entrate nella circolare n. 19/E del 31 ottobre 2018, illustrativa delle nuove disposizioni sul «gruppo Iva». L’Agenzia ritiene infatti che per effetto della partecipazione al gruppo, vengano meno i requisiti soggettivi per l’applicazione della disciplina dello split payment. Del resto, osserva la circolare, l’articolo 17-ter non individua, tra i soggetti destinatari della scissione dei pagamenti, il «gruppo Iva». In ordine a quest’ultima osservazione, tuttavia, sembra di poter dire che, nonostante il silenzio (necessariamente, per ragioni temporali) serbato dalla norma, motivi di ordine sostanziale inducono a sostenere che qualora il «gruppo Iva» fosse partecipato esclusivamente da soggetti menzionati nell’art. 17-ter, le operazioni effettuate nei confronti del gruppo debbano rientrare nel meccanismo dello split payment. Il punto meriterebbe quindi una precisazione supplementare. (tabella) L’appartenenza del cessionario/committente ad una delle suddette categorie è condizione necessaria e sufficiente per l’applicazione del meccanismo speciale. È infatti priva di rilievo la circostanza che il soggetto, in particolare, gli enti della pubblica amministrazione, eserciti o meno un’attività economica ai fini dell’Iva, come pure la destinazione dei beni e/o servizi acquistati a detta attività oppure alla sfera privata. Pertanto, ad esempio, gli acquisti effettuati da un comune sono in ogni caso sottoposti al meccanismo dello split payment, tanto se destinati alla sfera istituzionale quanto all’attività commerciale. Una siffatta distinzione, come si vedrà, assume invece rilevanza ai fini delle modalità di pagamento dell’imposta, nonché in relazione al rapporto fra split payment e inversione contabile. Come accennato, ai fini dell’individuazione dei soggetti rientranti nelle suddette categorie occorre fare riferimento alle disposizioni degli articoli 5-bis e 5-ter del dm 23 gennaio 2015, nonché alla documentazione informativa pubblicata dal dipartimento delle finanze del ministero dell’economica sul proprio sito internet. Le profonde modifiche del perimetro soggettivo dello split payment apportate dai dl n. 50/2017 e n. 148/2017 rispetto a quello originario, che sostanzialmente coincideva con l’elenco degli enti pubblici destinatari dell’esigibilità differita contenuto nel quinto comma dell’art. 6 del stesso dpr, rendono ovviamente superate, sul punto, le indicazioni interpretative precedentemente fornite dall’Agenzia delle entrate. L’attestazione ai fornitori Prima di esaminare le disposizioni degli articoli 5-bis e 5-ter del dm, va evidenziato che, allo scopo di agevolare i fornitori, il comma 1-quater dell’art. 17-ter del dpr n. 633/72, aggiunto dal dl n. 50/2017, prevede che, a richiesta dei cedenti o prestatori, i cessionari o i committenti rientranti tra le categorie sottoposte al meccanismo dello split payment devono rilasciare un documento attestante tale situazione. I fornitori in possesso di questa attestazione sono tenuti ad applicare il meccanismo speciale. Al riguardo, però, nella circolare n. 27/2017 l’Agenzia delle entrate ha osservato che «stante la puntuale individuazione dei soggetti riconducibili nell’ambito di applicazione della scissione dei pagamenti con la pubblicazione sul sito del ministero dell’economia e delle finanze – dipartimento delle finanze dell’elenco delle società nonché con il riferimento all’Ipa per le p.a., si è dell’avviso che la previsione di cui al citato comma 1-quater sia stata rilevante solo in sede di prima applicazione della nuova disciplina fino alla emissione degli elenchi definitivi. A seguito della pubblicazione definitiva degli elenchi contenenti l’indicazione puntuale dei soggetti riconducibili nell’ambito di applicazione della scissione dei pagamenti non è più utile per il fornitore, richiedere la predetta attestazione. Dopo la pubblicazione degli elenchi definitivi, infatti, l’eventuale attestazione resa dalla p.a. o società dovrà trovare corrispondenza con quanto indicato negli stessi elenchi. L’eventuale rilascio dell’attestazione da parte del cessionario/committente in contrasto con il contenuto degli elenchi definitivi è da ritenersi priva di effetti giuridici.» Con successiva circolare n. 9/2018, tuttavia, l’Agenzia ha recuperato la funzione dell’attestazione, come si dirà a breve, ai fini dell’individuazione delle amministrazioni pubbliche. 2.1 Amministrazioni pubbliche Per quanto riguarda l’individuazione delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 dell’art. 17-ter, l’articolo 5-bis del dm 23 gennaio 2015, come sostituito dal dm 13 luglio 2017, menziona le «pubbliche amministrazioni destinatarie delle norme in materia di fatturazione elettronica obbligatoria di cui all’articolo 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244». Di conseguenza, sulla base dei chiarimenti a suo tempo forniti dai ministeri dell’economia e della funzione pubblica con la circolare congiunta n. 1/2015 in ordine all’ambito della fatturazione elettronica obbligatoria, le pubbliche amministrazioni rientranti nel perimetro dello split payment ai sensi della lettera a) dell’art. 17-ter del dpr 633/72 comprendono: – i soggetti di cui all’art. 1, comma 2, dlgs n. 165/2001, ossia: amministrazioni dello stato, compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, loro consorzi e associazioni, istituzioni universitarie, istituti autonomi case popolari, camere di commercio e loro associazioni, enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, amministrazioni, aziende ed enti del servizio sanitario nazionale, Aran, agenzie di cui al dlgs n. 300/1999, Coni – i soggetti di cui all’art. 1, comma 2, legge n. 196/2009, ossia quelli inclusi ai fini statistici dall’Istat nell’elenco annuale e le autorità indipendenti – i soggetti di cui all’art. 1, comma 209, legge n. 244/2007, ossia le amministrazioni autonome. A seguito della sostituzione del predetto articolo 5-bis, il dipartimento delle finanze ha precisato che è venuto meno l’esclusivo riferimento all’elenco pubblicato dall’Istat, previsto dalla precedente versione della disposizione, e che occorre fare invece riferimento all’Indice delle Pubbliche Amministrazioni consultabile all’indirizzo internet www. indicepa.ov.it. Il nuovo criterio ha reso superflua la redazione, da parte del dipartimento politiche fiscali, di un apposito elenco dei soggetti in questione, dovendosi fare riferimento all’Indice delle Pubbliche Amministrazioni, nel quale devono figurare tutti i soggetti destinatari della «fattura elettronica p.a.» e, di riflesso, dello «split payment» ai sensi del predetto articolo 5-bis. In proposito, la circolare n. 9/2018 dell’Agenzia osserva che l’accreditamento all’Ipa, sebbene obbligatorio per i soggetti in questione, dipende tuttavia dall’iniziativa dei soggetti stessi, che potrebbero quindi essere inadempienti rispetto all’obbligo. Di conseguenza, la circolare afferma che la pubblica amministrazione che, pur essendovi tenuta, non abbia richiesto l’iscrizione all’Ipa e non abbia comunicato ai propri fornitori di rientrare tra i destinatari dello split payment, sarà comunque soggetta all’applicazione delle specifiche sanzioni. In tale circoscritta ipotesi, aggiunge la circolare, «torna utile per il fornitore il rilascio dell’attestazione di cui al comma 1-quater dell’art. 17-ter». Questa attestazione, che come si è detto risulta superata dal sistema degli elenchi, conserva dunque una funzione in relazione al caso della pubblica amministrazione «che non abbia richiesto l’anzidetto accreditamento all’Ipa e non abbia comunicato al fornitore l’applicabilità alla stessa del meccanismo di cui trattasi». 2.2 Fondazioni, enti e società In base al comma 2 dell’articolo 5-ter del dm 23 gennaio 2015, come sostituito dal dm 9 gennaio 2018, per le operazioni per le quali è emessa fattura nell’anno 2018 e negli anni successivi, le disposizioni dell’art. 17-ter si applicano ai soggetti che risultano in possesso dei requisiti alla data del 30 settembre dell’anno precedente (in sede di prima applicazione, per le operazioni fatturate tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2017, il comma 1 del medesimo articolo prevedeva che si dovesse fare riferimento agli elenchi compilati e pubblicati dal dipartimento politiche fiscali sulla base della situazione esistente alla data di entrata in vigore del dl n. 50/2017). L’elenco di detti soggetti in possesso dei requisiti di legge è pubblicato, a cura del Dpf, entro il 20 ottobre di ciascun anno con effetti dall’anno successivo. Solo per l’anno 2017, a valere per l’anno 2018, l’elenco è stato pubblicato il 19 dicembre 2017. I soggetti interessati possono segnalare eventuali incongruenze o errori al Dpf, «che provvederà ad esaminarle ai fini dell’eventuale aggiornamento, in conformità alla normativa vigente». In base a questa disposizione, in data 19 dicembre 2017 sono stati pubblicati i seguenti sei elenchi, validi dal 1° gennaio 2018: – società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri – enti o società controllate dalle Amministrazioni Centrali – enti o società controllate dalle Amministrazioni Locali – enti o società controllate dagli Enti Nazionali di Previdenza e Assistenza – enti, fondazioni o società partecipate per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70%, dalle Amministrazioni Pubbliche – società quotate inserite nell’indice Ftse Mib della Borsa italiana. Secondo le informazioni disponibili sul sito, i soggetti interessati, fatta eccezione per le società quotate nell’indice Ftse Mib, potranno segnalare eventuali mancate o errate inclusioni, fornendo idonea documentazione a supporto, esclusivamente mediante l’apposito modulo di richiesta disponibile sul sito stesso, da compilare e inviare per via elettronica. È obbligatorio allegare la visura camerale, eccetto che per le Fondazioni e gli Enti pubblici economici, i quali, se impossibilitati ad allegare tale visura, dovranno inviare un documento relativo alla costituzione del soggetto. Efficacia costitutiva degli elenchi La versione originaria dell’articolo 5-ter contemplava un meccanismo diverso: era infatti prevista una prima pubblicazione degli elenchi entro il 20 ottobre, a seguito della quale gli interessati avevano 15 giorni di tempo per segnalare eventuali incongruenze o errori, dopo di che, entro il 15 novembre, sarebbero stati pubblicati gli elenchi definitivi, validi per l’anno successivo. Alla luce dei risultati della prima sperimentazione sul campo, che ha fatto registrare ripetute rettifiche degli elenchi qualificati come «definitivi» (che pertanto tali non erano), si è ritenuto di dover modificare la norma per codificare il meccanismo già adottato, di fatto, per via degli aggiornamenti degli elenchi, con effetti immediati. Di conseguenza, con un comunicato stampa del 7 febbraio 2018, il Dpf ha precisato che «in considerazione della necessità di monitorare e aggiornare costantemente gli elenchi… per tenere conto delle segnalazioni pervenute dagli stessi contribuenti, agli elenchi è attribuita efficacia costitutiva, anche in coerenza con quanto precisato nella circolare n. 27/E del 2017 dell’Agenzia delle entrate. Pertanto, al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati, è da intendersi che la disciplina dello split payment ha effetto dalla data di effettiva inclusione del soggetto nell’elenco e della pubblicazione dell’elenco sul sito del dipartimento delle finanze.» Nella circolare n. 9/2018 l’Agenzia ha precisato che fintanto che il soggetto non è inserito nell’elenco aggiornato, non può considerarsi riconducibile nell’ambito soggettivo dello split payment e che l’eventuale rilascio ai fornitori dell’attestazione prevista dal comma 1-quater dell’art. 17-ter, in contrasto con le risultanze degli elenchi, è da ritenersi priva di effetti giuridici. Alla luce della possibilità che un soggetto sia incluso o escluso dall’elenco nel corso dell’anno, inoltre, la circolare chiarisce che, in tali ipotesi, il sistema dello split payment sarà applicabile, oppure non più applicabile, dalla data di aggiornamento dell’elenco, per cui deve considerarsi corretto il comportamento del contribuente che, nelle more dell’aggiornamento, si sia comportato in coerenza con le risultanze dell’elenco. Ciò detto, la circolare ritiene tuttavia che nel caso in cui il soggetto, pur non figurando nell’elenco, nelle more dell’aggiornamento dell’elenco stesso si sia comportato da «assoggettato» ed abbia, quindi, assolto l’imposta con il sistema speciale, per effetto della successiva inclusione nell’elenco non sia necessario regolarizzare i comportamenti precedenti mediante l’emissione della nota di variazione. È bene precisare che le eventuali modifiche degli elenchi in corso d’anno, con effetti decorrenti dalla data della pubblicazione dell’aggiornamento, discendono dalla correzione di errori od omissioni commessi all’atto della pubblicazione degli elenchi, con riferimento alla situazione esistente alla data del 30 settembre precedente. Il discorso è diverso, invece, per quanto riguarda l’acquisizione o la perdita, in corso d’anno, dei requisiti previsti per l’applicazione dell’art. 17-ter (controllo, partecipazione, inclusione nell’indice Ftse Mib): in tali ipotesi, infatti, si applicano le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 5-ter, descritte appreso. Acquisizione o perdita dello status: decorrenza Il comma 3 dell’art. 5-ter prevede che qualora il requisito del controllo pubblico o quello dell’inclusione nell’indice Ftse si verifichi, in corso d’anno, entro il 30 settembre, le nuove fondazioni, società, ecc., controllate o incluse nell’indice, applicano le disposizioni dell’art. 17-ter del dpr 633/72 alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo. Qualora il requisito si verifichi invece dopo il 30 settembre, le nuove fondazioni, società, ecc., controllate o incluse nell’indice, applicano le disposizioni dell’art. 17-ter alle operazioni per le quali è emessa fattura a partire dal 1° gennaio del secondo anno successivo. Analogamente, in relazione alla perdita del requi sito, il comma 4 prevede che qualora il controllo o l’inclusione nell’indice Ftse venga a mancare in corso d’anno entro il 30 settembre, i soggetti interessati continuano ad applicare le disposizioni dell’art. 17-ter alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre dell’anno stesso. Qualora il requisito venga a mancare, invece, dopo il 30 settembre, i soggetti interessati continuano ad applicare le disposizioni dell’art. 17-ter alle operazioni per le quali è emessa fattura fino al 31 dicembre dell’anno successivo. 3. LA POSIZIONE DEI FORNITORI Le disposizioni dell’articolo 17-ter del dpr n. 633/72, non contenendo riferimenti di sorta, riguardano la generalità dei soggetti passivi che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti delle categorie di destinatari menzionate nello stesso articolo, indipendentemente dalla natura giuridica, dal tipo di attività esercitata, dalle dimensioni, ecc. Rientrano nel meccanismo speciale anche le operazioni poste in essere, in veste di fornitori, dai soggetti che, dal lato passivo, sono essi stessi destinatari del meccanismo in quanto menzionati nell’art. 17-ter, allorquando tali operazioni siano effettuate nei confronti di amministrazioni, enti e società assoggettati al meccanismo speciale: per esempio, è il caso del comune che in veste di soggetto passivo dell’Iva presta servizi all’azienda sanitaria locale; si pensi, ancora, alle operazioni scambiate fra società quotate all’indice Ftse. Nel silenzio della legge, devono inoltre ritenersi tenuti ad applicare lo split payment, non essendovi ragione per affermare il contrario, anche i fornitori stabiliti al di fuori del territorio dello stato, allorquando effettuano, nei confronti dei soggetti di cui all’art. 17-ter, cessioni di beni o prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia; ciò, naturalmente, nell’ipotesi in cui detti fornitori esteri assumano la qualifica di debitori dell’imposta in base alle disposizioni dell’art. 17 del dpr n. 633/72 e siano, quindi, tenuti all’osservanza degli ordinari adempimenti avvalendosi del rappresentante fiscale, dell’identificazione diretta oppure dell’eventuale stabile organizzazione. Lo split payment non potrà, di contro, applicarsi nel caso in cui la qualifica di debitore dell’imposta, per effetto della natura estera del fornitore, spetti al cessionario/committente (ovviamente purché soggetto passivo) ai sensi delle disposizioni dell’art. 17, secondo comma, del dpr n. 633/72. 3.1 Enti gestori di demanio collettivo L’unica eccezione soggettiva prevista dalla legge, come già detto, è quella del comma 1-quinquies) dell’art. 17-ter, inserito dalla legge n. 96/2017 di conversione del dl n. 50/2017, che esclude dallo split payment gli enti pubblici gestori di demanio collettivo, limitatamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi afferenti alla gestione dei diritti collettivi di uso civico. 3.2 Fornitori esclusi per motivi sistematici L’applicazione generalizzata delle disposizioni dell’articolo 17-ter, pure sostenibile alla luce della formulazione testuale, avrebbe comportato serie difficoltà per i soggetti passivi che si avvalgono di speciali regimi Iva che prevedono la forfettizzazione dell’imposta ammessa in detrazione, in particolare dei regimi che, in luogo del diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti, accordano al soggetto passivo la riduzione dell’imposta dovuta sulle vendite. In tali casi, infatti, il mancato incasso dell’Iva sulle operazioni effettuate nei confronti dei cessionari/ committenti sottoposti allo split payment avrebbe privato il soggetto passivo della possibilità di recuperare la detrazione forfettaria, trasformandola in un credito d’imposta non agevolmente recuperabile, anche in considerazione dell’esonero dagli adempimenti (compreso, in alcuni casi, quello della presentazione della dichiarazione annuale). Il problema è stato risolto dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 15/2015. Nonostante l’assenza di previsioni di legge, l’Agenzia ha opportunamente ritenuto di escludere dallo split payment le operazioni effettuate da fornitori che applicano regimi speciali che, pur prevedendo l’addebito dell’imposta in fattura, sono caratterizzati, per l’appunto, da un particolare meccanismo forfettario di determinazione della detrazione spettante, quali ad esempio i seguenti: – regime speciale per i produttori agricoli e ittici di cui all’art. 34 del dpr n. 633/72, che prevede la riduzione dell’Iva dovuta sulle cessioni nella misura corrispondente alle c.d. percentuali di compensazione – regime speciale per le attività agricole connesse di cui all’art. 34-bis del dpr n. 633/72, che prevede, a titolo di detrazione forfettaria, la riduzione del 50% dell’imposta sulle operazioni imponibili – regime speciale di cui alla legge n. 398/91, riguardante le associazioni e società sportive dilettantistiche, le proloco e gli enti non lucrativi in genere, che prevede, a titolo di detrazione forfettaria, la riduzione del 50% dell’imposta sulle operazioni imponibili (la riduzione è di un terzo per le cessioni o concessioni di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica) – regime speciale per le attività di intrattenimento di cui all’art. 74, sesto comma, dpr n. 633/72, che prevede, a titolo di detrazione forfettaria, la riduzione del 50% dell’imposta sulle operazioni imponibili soggette all’imposta sugli intrattenimenti (la riduzione è di un terzo per le cessioni o concessioni di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica, effettuate in connessione con l’attività di intrattenimento) – regime speciale di cui al comma 5 dell’art. 74-quater del dpr n. 633/72, per gli spettacoli viaggianti e per le altre attività di cui alla tabella C allegata allo stesso decreto, che prevede la determinazione forfettaria della base imponibile nella misura del 50% dei corrispettivi riscossi. Nella circolare n. 9/2018, inoltre, l’Agenzia ha confermato che sono esclusi dal sistema speciale i fornitori che si avvalgono di regimi di franchigia Iva (contribuenti forfettari e contribuenti in regime di vantaggio). Regime Iva di cassa Per quanto riguarda invece i soggetti che applicano il regime Iva di cassa ai sensi dell’art. 32-bis del dl n. 83/2012, nella circolare n. 27/2017 l’Agenzia ha chiarito che, per le operazioni poste in essere nei confronti di cessionari/committenti rientranti nelle disposizioni dell’art. 17-ter, detti soggetti devono osservare tali disposizioni e non possono, pertanto, applicare il predetto regime. 4. L’AMBITO OGGETTIVO E LE ESCLUSIONI Passando ai profili oggettivi, anche da questo punto di vista, stando al testo di legge, il meccanismo dello split payment si applica, in modo generalizzato, alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, con le sole eccezioni: a) delle operazioni per le quali il cessionario/ committente riveste la qualifica di debitore dell’imposta secondo le disposizioni in materia di Iva (art. 17-ter, comma 1) b) delle prestazioni di servizi i cui compensi sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto di cui all’articolo 25 del dpr n. 600/73 (comma 1-sexies). Stando ad un’interpretazione letterale della norma, si potrebbe quindi affermare che lo split payment si applica a tutte le operazioni imponibili poste in essere nei confronti di soggetti rientranti nelle categorie menzionate dall’art. 17-ter, eccettuate soltanto le operazioni di cui alle sopraindicate lettere a) e b), approfondite nei successivi punti 4.1 e 4.2. In realtà, la caratteristica del meccanismo speciale impone di riconoscere necessariamente alcune eccezioni, per così dire, funzionali, sulle quali ci si soffermerà nel paragrafo 4.3. 4.1 Operazioni sottoposte al regime dell’inversione contabile Come detto, la norma esclude dallo split payment le operazioni per le quali il cessionario/committente assume la qualifica di debitore dell’imposta in base alle disposizioni sull’Iva, vale a dire le operazioni che sono sottoposte al regime dell’inversione contabile (o «reverse charge»), sia per ragioni interne di contrasto alle frodi, che per ragioni sistematiche connesse ai rapporti transfrontalieri. Alla sub-categoria del reverse charge «interno» appartengono le operazioni menzionate nell’art. 17, quinto e sesto comma, del dpr n. 633/72, nonché nell’art. 74, settimo e ottavo comma: prestazioni di subappalto in edilizia (lett. a), cessioni di fabbricati imponibili su opzione (lett. a-bis), prestazioni di servizi di pulizia, demolizione, installazione impianti e di completamento degli edifici (lett. a-ter) ecc. Rientrano invece nella sub-categoria del reverse charge «di sistema» le operazioni dotate di elementi transnazionali, quali gli acquisti intracomunitari, gli acquisti di beni e servizi da fornitori esteri ecc. Naturalmente, affinché l’operazione rientri nel regime del reverse charge è necessario che il cessionario/committente agisca in veste di soggetto passivo (requisito che non è invece richiesto, come già precisato sopra, ai fini dell’applicazione dello split payment). In sostanza, la norma prevede che il regime dell’inversione contabile, caratterizzato da profili di specialità sia oggettivi (riguarda solo alcune operazioni) che soggettivi (richiede lo status di soggetto passivo del destinatario), abbia, per così dire, diritto di precedenza sul meccanismo, anch’esso speciale, dello split payment: pertanto, qualora sussistano i presupposti dell’inversione contabile, il cessionario/committente, ancorché incluso nelle categorie sottoposte allo split payment, venendo ad assumere la qualifica di debitore dell’imposta, dovrà farsi carico egli stesso non soltanto del versamento, ma anche dell’applicazione dell’imposta all’operazione imponibile ricevuta, individuandone la base imponibile e l’aliquota ed integrando la fattura emessa dal fornitore senza evidenza del tributo e con l’annotazione «inversione contabile». Si ricorda che il cessionario/committente che omette di adempiere gli obblighi dell’inversione contabile risponde della mancata applicazione del tributo ed è soggetto alle sanzioni amministrative previste dal comma 9-bis dell’art. 6 del dlgs n. 471/97 (sanzione da 500 a 20.000 euro, ovvero sanzioni proporzionali ricollegate all’ammontare dell’imposta non assolta, qualora non detraibile). Nel caso in cui non sussistano i due presupposti occorrenti per l’applicazione del regime dell’inversione contabile, invece, l’operazione posta in essere nei confronti di un soggetto rientrante nelle categorie menzionate nell’art. 17-ter ricadrà nel regime dello split payment, nell’ambito del quale le eventuali violazioni commesse dal cessionario/ committente, tenuto soltanto a versare all’erario l’imposta addebitata in fattura dal fornitore con le regole ordinarie, sono punibili con le sanzioni previste dall’art. 13 del dlgs n. 471/97, appunto, per le violazioni dell’obbligo di versamento. 4.1.1 Applicazione congiunta dei meccanismi speciali Una situazione particolare si verifica quando un cessionario/committente appartenente alle categorie sottoposte allo split payment acquista beni o servizi oggettivamente rientranti nel regime dell’inversione contabile, agendo però solo in parte nella veste di soggetto passivo dell’Iva in quanto i beni o servizi sono destinati, promiscuamente, sia alla sfera istituzionale che all’attività commerciale: si pensi al servizio di pulizia del palazzo municipale all’interno del quale vi sono anche alcuni locali utilizzati dal comune per lo svolgimento di attività qualificate commerciali ai fini dell’Iva. In ipotesi simili, in un’ottica di semplificazione, sarebbe stato forse opportuno risolvere la questione delle modalità di assolvimento dell’Iva assoggettando l’operazione, nella sua interezza, a un solo meccanismo speciale, in modo da escludere l’applicazione concorrente di entrambi i regimi dell’inversione contabile e dello split payment. L’Agenzia delle entrate ha però ritenuto di dover adottare una soluzione differente. Nella circolare n. 15/2015, dopo avere ricordato che il regime
IL PERIMETRO DELLO «SPLIT PAYMENT» SCHEMATIZZATO DALLA CIRCOLARE N. 9/2018 Pubbliche Amministrazioni (art. 17-ter, comma 1, del dpr 26 ottobre 1972, n. 633) – Soggetti di cui all’art.1, comma 2, del dlgs n. 165 del 2001; – soggetti indicati a fi ni statistici dall’Istat ai sensi dell’art.1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 e le autorità indipendenti; – amministrazioni autonome annoverate dall’art. 1, comma 209, della legge n. 244 del 2007 Enti (art. 17-ter, comma 1-bis, del dpr 26 ottobre 1972, n. 633, lett.0a) – Enti pubblici economici nazionali, regionali e locali; – aziende speciali; – aziende pubbliche di servizi alla persona. Fondazioni (art. 17-ter, comma 1-bis, del dpr 26 ottobre 1972, n. 633, lett.0b) Fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70 per cento o che comunque siano controllate da soggetti pubblici Società (art. 17-ter, comma 1-bis, del dpr 26 ottobre 1972, n. 633, lett. a), b), c), d) – Società controllate (controllo di diritto e di fatto) direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri; – Società controllate (controllo di diritto) direttamente e indirettamente da amministrazioni pubbliche, e da enti e società soggette allo split payment; – Società partecipate per una percentuale non inferiore al 70 per cento del capitale da amministrazioni pubbliche, da enti e società soggette allo split payment; – Società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana e identifi cate ai fini IVA.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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