Ai sensi dei commi 859 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 145/2018, gli enti locali, tramite una deliberazione di Giunta, stanziano nel proprio bilancio (utilizzando l’apposito conto finanziario U.1.10.01.06.001) un fondo di garanzia debiti commerciali (FGDC) con le seguenti caratteristiche:
- lo stanziamento è obbligatorio QUALORA il debito commerciale residuo, scaduto e non pagato, rilevato alla fine dell’esercizio precedente non si sia ridotto almeno del 10% rispetto a quello del secondo esercizio precedente, OVVERO QUALORA sia registrato un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti maggiore rispetto ai 30 giorni indicati dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002 (art. 33 D.Lgs. n. 33/2013, art. 9 DPCM 22 settembre 2014 e art. 41, comma 1, DL n. 66/2014);
- in caso di stanziamento obbligatorio, la delibera di Giunta deve essere adottata entro il 28 febbraio dell’esercizio in cui vengono rilevate le condizioni sotto elencate per il calcolo del fondo stesso (mancata riduzione del debito commerciale e/o ritardo nei pagamenti e/o mancata pubblicazione dell’ammontare dei debiti, nonché dei dati sulla piattaforma della certificazione dei crediti) riferite all’esercizio precedente;
- il fondo è pari:
- al 5% degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi (macroaggregato 3 del titolo 1), in caso di mancata riduzione del 10% del debito commerciale residuo OPPURE per ritardi superiori a 60 giorni, registrati nell’esercizio precedente [lo stanziamento al 5% è obbligatorio anche per gli enti locali che non abbiano pubblicato l’ammontare complessivo dei debiti di cui all’art. 33 del D.Lgs. n. 33/2013 e che non abbiano trasmesso i dati alla piattaforma per la certificazione dei crediti di Area RGS (PCC) (si sottolinea tuttavia come, ai sensi dell’art. 1, comma 867, ultimo periodo, della legge n. 145/2018, le trasmissioni alla PCC non siano comunque più necessarie dopo l’avvio a regime del SIOPE+)];
- al 3% degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi (macroaggregato 3 del titolo 1), per ritardi compresi tra 31 e 60 giorni, registrati nell’esercizio precedente;
- al 2% degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi (macroaggregato 3 del titolo 1), per ritardi compresi tra 11 e 30 giorni, registrati nell’esercizio precedente;
- all’1% degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi (macroaggregato 3 del titolo 1), per ritardi compresi tra 1 e 10 giorni, registrati nell’esercizio precedente;
- il fondo non deve essere comunque stanziato qualora non si registrino ritardi nel pagamento delle fatture ed il debito commerciale residuo scaduto, rilevato alla fine dell’esercizio precedente, anche se non si è ridotto almeno del 10%, non sia superiore al 5% del totale delle fatture ricevute nel medesimo esercizio;
- i dati sullo stock di debito e sul ritardo nei pagamenti sono ricavati direttamente dalla PCC di Area RGS;
- sul fondo accantonato non è possibile disporre impegni e conseguentemente nemmeno pagamenti;
- a fine esercizio il fondo accantonato confluisce nella quota accantonata del risultato contabile di amministrazione (evidenziato in una specifica riga dell’allegato a/1 dell’allegato 10 al D.Lgs. n. 118/2011);
- nel corso dell’esercizio lo stanziamento del fondo accantonato è adeguato alle variazioni di bilancio relative agli stanziamenti di spesa per acquisto di beni e servizi (macroaggregato 3 del titolo 1);
- il fondo accantonato non riguarda gli stanziamenti di spesa che utilizzino risorse con specifico vincolo di destinazione (pertanto, tali stanziamenti non dovranno essere inseriti nel totale su cui calcolare il 5%, o il 3%, il 2% o l’1% sopra indicati);
- il fondo di garanzia debiti commerciali accantonato nel risultato contabile di amministrazione è liberato nell’esercizio successivo a quello in cui:
- il debito commerciale residuo, scaduto e non pagato, rilevato alla fine dell’esercizio precedente si sia ridotto almeno del 10% rispetto a quello del secondo esercizio precedente (si ricorda come questa condizione non debba essere considerata qualora il debito commerciale residuo scaduto, rilevato alla fine dell’esercizio precedente, anche se non si è ridotto almeno del 10%, non sia superiore al 5% del totale delle fatture ricevute nel medesimo esercizio) E
- non sia registrato un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti maggiore rispetto ai 30 giorni indicati dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002 (art. 33 D.Lgs. n. 33/2013, art. 9 DPCM 22 settembre 2014 e art. 41, comma 1, DL n. 66/2014).
La lettura della deliberazione n. 87/2024 della sezione laziale della Corte dei conti, depositata in segreteria il 2/07/2024, consente di definire precisamente le tempistiche attinenti allo stanziamento, all’accantonamento ed alla liberazione del fondo garanzia dei debiti commerciali (FGDC).
In generale, il FGDC accantonato nel risultato contabile di amministrazione al 31/12/X è la sommatoria degli accantonamenti derivanti dagli stanziamenti del fondo negli anni precedenti a X e dello stanziamento a bilancio del FGDC dell’esercizio X.
Per approfondire operativamente le tempistiche di stanziamento, accantonamento e liberazione del FGDC, ipotizziamo il seguente esempio (ricordando in ogni caso che la condizione inerente alla riduzione del debito commerciale non debba essere considerata qualora il debito commerciale residuo scaduto, rilevato alla fine dell’esercizio precedente, anche se non si è ridotto almeno del 10%, non sia superiore al 5% del totale delle fatture ricevute nel medesimo esercizio):
al 31/12/T-1 sia rispettato quanto indicato nelle lettere a) e b) del comma 859 dell’art. 1 della legge n. 145/2018 [il debito commerciale residuo, scaduto e non pagato, rilevato alla fine dell’esercizio T-1 si sia ridotto almeno del 10% rispetto a quello dell’esercizio T-2 E non sia registrato un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti nell’esercizio T-1 maggiore rispetto ai 30 giorni indicati dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002 (art. 33 D.Lgs. n. 33/2013, art. 9 DPCM 22 settembre 2014 e art. 41, comma 1, DL n. 66/2014)],
al 31/12/T non sia rispettato quanto indicato nelle lettere a) e b) del comma 859 dell’art. 1 della legge n. 145/2018 [il debito commerciale residuo, scaduto e non pagato, rilevato alla fine dell’esercizio T si sia ridotto almeno del 10% rispetto a quello dell’esercizio T-1 E non sia registrato un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti nell’esercizio T maggiore rispetto ai 30 giorni indicati dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002 (art. 33 D.Lgs. n. 33/2013, art. 9 DPCM 22 settembre 2014 e art. 41, comma 1, DL n. 66/2014)],
al 31/12/T+1 non sia rispettato quanto indicato nelle lettere a) e b) del comma 859 dell’art. 1 della legge n. 145/2018 [il debito commerciale residuo, scaduto e non pagato, rilevato alla fine dell’esercizio T+1 si sia ridotto almeno del 10% rispetto a quello dell’esercizio T E non sia registrato un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti nell’esercizio T+1 maggiore rispetto ai 30 giorni indicati dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002 (art. 33 D.Lgs. n. 33/2013, art. 9 DPCM 22 settembre 2014 e art. 41, comma 1, DL n. 66/2014)],
al 31/12/T+2 non sia rispettato quanto indicato nelle lettere a) e b) del comma 859 dell’art. 1 della legge n. 145/2018 [il debito commerciale residuo, scaduto e non pagato, rilevato alla fine dell’esercizio T+2 si sia ridotto almeno del 10% rispetto a quello dell’esercizio T+1 E non sia registrato un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti nell’esercizio T+2 maggiore rispetto ai 30 giorni indicati dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002 (art. 33 D.Lgs. n. 33/2013, art. 9 DPCM 22 settembre 2014 e art. 41, comma 1, DL n. 66/2014)], mentre
al 31/12/T+3 sia rispettato quanto indicato nelle lettere a) e b) del comma 859 dell’art. 1 della legge n. 145/2018 [il debito commerciale residuo, scaduto e non pagato, rilevato alla fine dell’esercizio T+3 si sia ridotto almeno del 10% rispetto a quello dell’esercizio T+2 E non sia registrato un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti nell’esercizio T+3 maggiore rispetto ai 30 giorni indicati dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002 (art. 33 D.Lgs. n. 33/2013, art. 9 DPCM 22 settembre 2014 e art. 41, comma 1, DL n. 66/2014)].
Nell’esempio sopra ipotizzato l’ente locale:
- non procede a stanziare, entro il 28/02/T, nel bilancio di previsione per l’esercizio T, il FGDC;
- procede a stanziare, entro il 28/02/T+1, nel bilancio di previsione per l’esercizio T+1, il FGDC;
- in sede di rendiconto dell’esercizio T, entro il 30/04/T+1, non procede ad accantonare nulla nel risultato contabile di amministrazione T, dato che nulla è stato stanziato come FGDC nel bilancio T;
- procede a stanziare, entro il 28/02/T+2, nel bilancio di previsione per l’esercizio T+2, il FGDC;
- in sede di rendiconto dell’esercizio T+1, entro il 30/04/T+2, procede ad accantonare nel risultato contabile di amministrazione dell’esercizio T+1 il FGDC nell’importo pari a quanto stanziato nel bilancio di previsione T+1;
- procede a stanziare, entro il 28/02/T+3, nel bilancio di previsione per l’esercizio T+3, il FGDC;
- in sede di rendiconto dell’esercizio T+2, entro il 30/04/T+3, procede ad accantonare nel risultato contabile di amministrazione dell’esercizio T+2 il FGDC pari alla sommatoria dell’importo accantonato nel risultato contabile di amministrazione T+1 e di quanto stanziato nel bilancio di previsione T+2;
- non procede a stanziare, entro il 28/02/T+4, nel bilancio di previsione per l’esercizio T+4, il FGDC;
- in sede di rendiconto dell’esercizio T+3, entro il 30/04/T+4, procede a liberare l’intero importo del FGDC già accantonato nel risultato contabile di amministrazione dell’esercizio T+2.
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