La posizione dei giudici contabili
La risposta negativa alla domanda è stata resa dalla Corte dei conti, Sezione di controllo per il Trentino-Alto Adige/Südtirol sede di Trento, con la deliberazione 25/07/2018 n.35.
Secondo il Collegio contabile è da tempo consolidato l’orientamento della magistratura contabile secondo la quale le ipotesi di debito fuori bilancio sono solo ed esclusivamente quelle individuate dall’art.194 del TEUL, che rappresenta un atto discrezionale (ad eccezione dell’ipotesi indicata alla lettera a) da assumere (in presenza dei presupposti) dall’amministrazione e preordinato a ricondurre al sistema di bilancio determinate tipologie di spesa. L’istituto è altresì finalizzato ad evitare ulteriori oneri aggiuntivi a carico delle finanze pubbliche, come costi per interessi o spese legali. Avuto riguardo ai requisiti generali che debbono avere i debiti per il loro “riconoscimento” sono individuati dalla circolare della Direzione Centrale della Finanza Locale n. FL 21/93 del 20 settembre 1993: il primo è la certezza, cioè che esista effettivamente un’obbligazione di dare, non presunta ma inevitabile per l’ente; il secondo è la liquidità, nel senso che deve essere individuato il soggetto creditore, l’ammontare del debito, o comunque l’importo sia determinato o determinabile mediante una semplice operazione di calcolo aritmetico; da ultimo deve ricorrere anche l’esigibilità, ovvero il pagamento non deve essere sottoposto a termine o a condizione. Particolarmente rilevante per la risoluzione della questione appare il primo requisito, ovvero l’effettiva sussistenza di un’obbligazione di dare. Tale fattore, anche in ipotesi di rispetto delle corrette procedure contabili, rappresenta il pre-requisito per l’assunzione dell’impegno contabile. E’ necessario dunque indagare se nell’ipotesi prospettata di assenza di contratto redatto in forma scritta, possa ritenersi configurato il perfezionamento di un’obbligazione.
La forma del contratto con la PA
Secondo le disposizioni del codice civile, l’art. 1325, con riferimento ai requisiti del contratto, afferma al n. 4 che “la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”, costituisce un requisito per la validità, mentre l’art. 1350 del codice elenca gli atti che “devono farsi per iscritto” sotto pena di nullità ed in generale sono quelli che hanno per oggetto la costituzione, modificazione o la circolazione di diritti su beni immobili; è presente peraltro nella norma una clausola di chiusura di carattere generale che rinvia agli “altri atti specialmente indicati dalla legge”.
Nell’ambito della contrattualistica pubblica l’art.32, c. 14 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 “Codice dei contratti pubblici”, sancisce espressamente che “il contrato è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’ufficiale rogante della stazione appaltante o mediante scrittura privata; in caso di procedure negoziata ovvero per gli affidamenti di importo non superiore a 40.000 euro mediante corrispondenza secondo l’uso del commercio consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o strumenti analoghi negli altri Stati membri”.
L’art. 17 del r.d. n. 2440/1923 (Disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato) afferma da lunga data che i contratti a trattativa privata, oltre che nella forma pubblica amministrativa, possono concludersi con altre modalità che presuppongo pur sempre la forma scritta (scrittura privata, obbligazione in calce al capitolato, atto separato di obbligazione sottoscritto da chi presenta l’offerta, corrispondenza commerciale).
I giudici di legittimità ha da sempre confermato come i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione richiedono la forma scritta ad substantiam (ex multis Cass. S.U., n. 6827/10, Cass. n. 20033/2016). La forma scritta, infatti, assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, permettendo d’identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria e dell’assoggettamento al controllo dell’autorità giudiziaria. Pertanto, in assenza della forma scritta “…non si è in presenza di un “contratto”, ancorché invalidamente concluso, ma a un comportamento di fatto privo di rilievi di sorta, sul piano giuridico, mancando – in radice – quell’”accordo” tra le parti, presupposto dall’art. 1321 c.c. anche per il costituirsi di un contratto invalido o non opponibile ai terzi” (Cass. n. 20033/2016).
Pertanto, la condotta dell’amministratore o funzionario in violazione delle regole contabili nelle procedure di effettuazione dei lavori e di acquisizione dei beni e servizi, comporta “una vera e propria frattura o scissione ope legis del rapporto di immedesimazione organica tra i suddetti agenti e la Pubblica Amministrazione, con conseguente esclusione della riferibilità a quest’ultima delle iniziative adottate al di fuori dello schema procedimentale previsto dalla norme c.d. ad evidenza pubblica”. La conseguenza è che il “rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge tra il privato fornitore e l’amministratore o il funzionario che abbiano consentita la fornitura”(Cass. Civ. I, Sent. 04.01.2017, n. 80).
Conclusioni
Effettuate le sopra indicate premesse giuridiche, conclude il Collegio contabile come il difetto di forma scritta nei contratti con il comune determina la mancata costituzione dell’obbligazione contrattuale nei confronti dell’amministrazione con la conseguenza che non vi può essere “debito” fuori bilancio da riconoscere.
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