Danno erariale al dipendente che svolge attività di addetto stampa in assenza di autorizzazione

6 Dicembre 2022
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L’addetto stampa presso una società privata non rientra tra le attività extra istituzionali consentite dall’ordinamento, con la conseguenza che il dipendente che non sia munito di autorizzazione preventiva del proprio ente deve restituire tutti i compensi percepiti, senza che possa rilevare la possibile prescrizione quinquennale trattandosi di evento doloso. Sono queste le indicazioni della Corte dei conti dell’Umbria (sentenza n.105/2022) che ha confermato la condanna erariale per i compensi indebitamente percepiti da un dipendente di una provincia.

Il fatto

La procura della Corte dei conti ha citato in giudizio per responsabilità erariale un dipendente di una provincia che, inizialmente autorizzato a svolgere l’addetto stampa di una società consortile per azioni, ha continuato a svolgere l’incarico per altri 12 anni in assenza di autorizzazione dell’ente di appartenenza.

Il dipendente ha sostenuto, contrariamente a quanto predicato dalla Procura, in via principale la prescrizione delle somme ricevute, e in ogni caso ha evidenziato che le citate attività svolte sarebbero espressamente consentite dal comma 6, della’art.53, del D.lgs. 165/01 essendo le medesime assimilabili alle attività di collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili. Ha, infine, evidenziato che le attività da lui svolte avrebbe costituito un fatto notorio, con la conseguenza che la sua condotta non sarebbe stata caratterizzata da dolo o malafede.

La conferma del danno erariale

A dire del Collegio contabile il caso è inquadrabile dal comma 7-bis dell’art.53 del Testo unico sul pubblico impiego, secondo cui “l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti”.

La prima autorizzazione richiesta per un anno è stata rilasciata dall’ente, mentre la secondo richiesta avanzata dal dipendente non ha sortito alcun successivo risultato di nulla osta dell’ente. Al netto, pertanto, dei compensi ricevuti il primo anno in cui il dipendente è stato autorizzato dall’ente non costituiscono danno erariale. Anche il secondo anno di incarico il convenuto ha inoltrato specifica autorizzazione e come tale, il mancato diniego conduce alla prescrizione del danno erariale per assenza dell’elemento di occultamento dell’incarico, mentre le successive annualità costituiscono il relativo danno erariale per essere state svolte in assenza di richiesta e della relativa autorizzazione.

Nel caso di specie, deve escludersi che le attività extra-istituzionali svolte dal convenuto siano riconducibili a quelle che non richiedono autorizzazione indicate al comma 6 del citato art.53 come sostenuto dalla difesa. Le attività svolte, infatti, consistono in una produzione ed invio di comunicati stampa, preparazione di rassegne stampa e conferenze stampa, non rientra tra le ipotesi che consentono la deroga al dovere di esclusività, sostanziandosi nella mera comunicazione e diffusione di notizie di rilievo istituzionale. Tale attività non è caratterizzata da quei tratti di spiccata autonomia nell’acquisizione delle conoscenze e nel diritto di critica, che consentono di derogare al regime autorizzatorio. Infatti, la giurisprudenza contabile ha già evidenziato che il riferimento operato dal sesto comma all’attività di collaborazione con giornali, riviste, enciclopedie e simili deve essere interpretato nel senso che la superiore esigenza di esclusiva dedizione che connota la posizione del dipendente nei confronti della Pubblica amministrazione è stata dal legislatore ritenuta compatibile con un’attività che costituisce espressione del diritto primario di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (tra le tante Sez. II, 6 dicembre 2019 n. 449). In altri termini, le attività svolte dal dipendente non sono state svolte in favore di un’azienda editoriale dedita alla pubblicazione di giornali, riviste, enciclopedie e simili e, soprattutto, le prestazioni di cui trattasi non si sono concretizzate nella manifestazione del pensiero.

Inoltre, in merito al fatto notorio esso non può rilevare in quanto la normativa prevede espressamente una comunicazione scritta, cui deve corrispondere una nota scritta di assenso o diniego da parte de Amministrazione. Un eventuale silenzio significativo o comunque una comunicazione, anch’essa scritta, non certo resa verbalmente, che affermi la non necessità dell’autorizzazione rispetto all’incarico da espletare.

In conclusione il dipendente deve essere condannato per tutte le somme percepite in assenza della preventiva autorizzazione.

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