<p>Dunque, Comuni dissestati e cittadini allo sbando, spesso i più poveri del Paese in termini di redditività e occupazione, costretti a pagare il massimo del dovuto in termini di fiscalità locale. Non solo. Con i servizi pubblici bloccati e il patrimonio in svendita, che però nessuno compra. Insomma, un bel problema, con le situazioni sfuggite di mano a sindaci, che hanno spesso dato prova di una loro non eccellente capacità di gestione, quasi a sollecitare la necessità di prevedere una loro preventiva formazione.</p>
<p>Quanto ai conti pubblici, piove sul bagnato. Alle difficoltà derivanti dallo status di Comune dissestato se ne aggiunge un’altra di non poco conto. Con il Dl 35/2013 si è dato modo ai Comuni di accedere a corposi finanziamenti onerosi per saldare i debiti verso il sistema imprenditoriale divenuti certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012. La stessa cosa sta avvenendo con il Dl 66/2014 per i debiti di fornitura perfezionati entro la fine del 2103: la Cassa depositi e prestiti ha erogato le somme necessarie a seguito di mutui trentennali. Tutto questo è avvenuto a prescindere dalle garanzie offerte dai Comuni richiedenti. In alcune realtà locali è quindi già intervenuta la Cassa con la risoluzione immediata del contratto di anticipazione di finanziamento (articolo10, comma 1, punto 3), ma non sarà facile riprendere indietro quanto erogato. La situazione fallimentare vissuta dagli enti dissestati non consentirà, infatti, di eseguire positivamente gli adempimenti contrattuali relativi. Per altri versi, la società pubblica creditrice non avrà la possibilità di tentare, al riguardo, gli ordinari strumenti giudiziari di cui gode il creditore nei confronti del sistema imprenditoriale privato per imporgli l’adempimento restitutorio. Resta da capire quale sarà la soluzione, visto che agli enti locali non si applica la disciplina fallimentare, espropriativa ed esecutiva, sulle somme destinate all’esercizio delle funzioni fondamentali.</p>
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento