Analisi delle disposizioni contenute nel d.l. 174/2012 c.d.

Premessa
Nel primo frammento dell’analisi in commento, si annotava dell’ampliamento voluto dall’attuale legislatore dell’ambito operativo dei pareri dei responsabili e, segnatamente, del responsabile del servizio finanziario. Si dava atto altresì che, a prescindere dalla precisazione legislativa, in realtà la prescrizione che impone il parere del responsabile del servizio di ragioneria non più solamente nel caso in cui la proposta determini un  impegno di spesa o una  diminuzione di entrata ma in ogni caso in cui la citata comporti   “riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell’ente”,   è da ritenersi indotta dalla prassi e dalla stessa produzione legislativa neanche tanto recente. Un riscontro tecnico del tipo appena prospettato in realtà si è reso necessario in seguito all’introduzione del patto di stabilità. Introduzione, che ha determinato una estensione – si potrebbe dire –  qualitativa dei pareri che, a prescindere dal recentissimo disposto in commento,   era già da ritenersi sussistente  anche in relazione ai pareri dei responsabili “tecnici” e non solo del responsabile del servizio finanziario. Si pensi al parere da rendersi a cura del responsabile del procedimento di spesa previsto nell’articolo 9 della legge 102/2009 che, per ritenersi possibile ed utile non può che esprimersi nella fase preventiva all’adozione dell’impegno spesa come anche da insegnamento di tanti interventi di sezioni locali della Corte dei Conti. In questo senso pertanto, l’intervento del legislatore può essere definito non certo innovativo ma semplicemente diretto ad una presa d’atto o di ricognizione di obblighi già sussistenti. Altro problema che si affrontava era quello relativo alla qualificazione in termini di illegittimità o meno dell’atto deliberato pur in assenza del dovuto parere. 

La deliberazione priva del parere di regolarità contabile
A dispetto di tanta giurisprudenza, si rilevava che la deliberazione priva del parere tecnico e/o di quello contabile non poteva che ritenersi comunque adottata in violazione di legge. La precisazione è stata, in tempi recentissimi, appena ribadita dal CGA sez. giurisdizionale con la sentenza del 16 ottobre 2012 n. 942. Il giudice d’appello siciliano – limitando la riflessione a quanto in questa sede interessa – affrontando proprio la questione centrale relativa all’illegittimità della deliberazione  in ragione della violazione dell’articolo 53 legge 142/1990 (norma su cui è stata plasmata la disposizione contenuta nell’articolo 49 del t.u.), ribadisce che l’atto privo – nel caso di specie – del parere di regolarità contabile “presenta profili di indubbia contrarietà al chiaro disposto della legge (…)  risultando convincente l’illegittimità riscontrata dal giudice di primo grado”. Inoltre, l’attento collegio precisa che “a differenza di quanto affermato da alcune decisioni dei TAR, il Consiglio ritiene che la violazione della norma che impone (tra l’altro) il parere di regolarità contabile determini l’illegittimità della relativa delibera (Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2000 n. 808) perché si tratta di disposizione che ha l’importante finalità di mettere al corrente l’organo politico (la giunta o il consiglio) dell’incidenza della deliberazione sul bilancio comunale”. Ci sembra opportuno aggiungere che se così non fosse l’agere pubblico si svilupperebbe nella più totale anarchia senza alcun interesse a richiedere i pareri. In sostanza, la norma risulterebbe come una sorta di ennesimo guscio vuoto senza alcuna utilità pratico/operativa. Il giudice siciliano replica anche al consueto rilievo – espresso da tanta giurisprudenza e non approfondito nelle riflessioni dottrinali – secondo cui la qualificazione di un atto privo del parere in termini di illegittimità finirebbe per ridurre l’intervento politico ad una sorta di mera esecuzione o formale ratifica di volontà di altri. Considerazione chiaramente inaccettabile – anzi è vero l’esatto contrario –  tanto che nella sentenza in commento, in modo condivisibile, si rileva che i parere “non pongono alcun limite alla potestà deliberante” e l’organo politico  “ben può liberamente disporre del contenuto delle deliberazioni (una volta resi detti pareri) perché diversamente argomentando, si finirebbe con l’attribuire agli organi consultivi potere di amministrazione attiva, lasciando ai corpi rappresentativi la funzione di mera ratifica delle determinazioni altrui (Corte dei conti reg. Sicilia, sez. giurisd., 23 marzo 2011, n. 1058)”.

L’attualità della pronuncia e la questione dei pareri
Nel caso di specie trattato dal giudice della Sicilia, la delibera aveva ad oggetto – ovviamente si tratta di atti ante riforma Bassanini –  il conferimento di incarichi che, pertanto, risultavano,  privi di copertura finanziaria. Le conseguenze della illegittimità dell’atto, a sommesso avviso, si producono anche nel caso in cui mancasse lo stesso parere espresso dal responsabile tecnico ed anche nel caso, quindi, in cui si tratti di proposta che non abbia alcuna incidenza sul bilancio e non risulti necessario il parere del responsabile del servizio finanziario.  Nell’odierna configurazione dell’intervento burocratico ed alla luce delle sottolineature contenute nello stesso decreto legge (si pensi, come si vedrà più avanti,  all’articolo 147-bis  in tema di controllo sulla regolarità amministrativa e contabile) è difficile – se non impossibile – sostenere che un responsabile tecnico si debba attenere solo ed esclusivamente ad esprimere un parere solamente in relazione alle norme della  “propria” disciplina. La riflessione vale in particolare, come tante volte si è ribadito, per gli enti soggetti al patto di stabilità ma anche per chi – almeno fino al 31 dicembre – non vi risulti ancora soggetto. Si pensi all’avvio di interventi (o direttamente all’approvazione dei progetti) di opere pubbliche. Come si può legittimamente sostenere che il responsabile del servizio  tecnico non sia tenuto ad avviare  propedeuticamente un procedimento cognitivo sull’impatto della sua proposta rispetto alla  situazione finanziaria in genere ed alla sua regolarità rispetto alla finanza pubblica? Questo vale anche per il segretario che assiste all’adozione dell’atto. L’omissione della richiesta dei pareri o la stessa adozione della delibera in assenza di questi  difficilmente, a sommesso avviso,  potrebbe attribuirsi ad un errore materiale. L’eventuale affermazione poi di aver ritenuto l’atto non soggetto  alle ordinarie procedure (di cui all’art. 49 del d.lgs. 267/2000) vale solo se espressa ante adozione e risulti dall’atto medesimo altrimenti si tratterebbe di precisazione fatta ex post che, tecnicamente ed oggettivamente, non può essere qualificata come  motivazione.  La motivazione ex post costituisce un ossimoro perché  in essa si accostano due riferimenti in totale antitesi inconciliabile. Pertanto, in base a quanto rilevato,  si può  essere indotti  a ritenere che la mancata attivazione/sollecito del parere costituisca  quasi una sorta di aggravante proprio perché si tratta di elemento indispensabile dell’atto che non può essere “dimenticato”. La sua richiesta diventa momento ineliminabile del relativo procedimento amministrativo. La “dimenticanza” in ogni caso  avrebbe lo stesso effetto di una deliberata omissione.   È chiaro che l’ossequio alla prescrizione – ovviamente già prima del d.l. 174/2012 – non può che essere gestita e presidiata dal segretario dell’ente. Infatti, è facile presumere che in presenza di danni provocati dall’adozione di una deliberazione priva dei necessari pareri, l’organo politico possa beneficiare dell’esimente relativa alla non conoscenza di aspetti tecnico/amministrativi o addirittura potendo dimostrare – in buona fede – di aver ritenuto l’atto proposto come sottratto dagli obblighi di cui all’articolo 49 in argomento.           

Il controllo di regolarità contabile e amministrativo
Le considerazioni appena espresse trovano esplicita conferma nelle norme contenute nel d.l. in commento che ridisegnano  il sistema dei controlli interni all’ente locale (di cui si dirà meglio nel prosieguo). Si allude, in particolare, alla disposizione, in realtà non nuova, contenuta nel primo comma dell’articolo 147-bis innestato nel testo unico degli enti locali direttamente dall’art. 3, comma 1, lettera d), del d.l. 174/2012. Il primo periodo del comma in argomento dispone che “il controllo di regolarità amministrativa e contabile è assicurato, nella fase preventiva della formazione dell’atto, da ogni responsabile di servizio ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità tecnica attestante la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa”. La norma, come annotato, non è nuova perché descrive ciò che avviene e deve avvenire nella realtà  pratica operativa. La novità vera insiste nella circostanza che il legislatore tecnico abbia finalmente deciso di esplicitarlo. È chiaro che la norma si riferisce – pur non congruamente esplicitata – non solo alle proposte di deliberazione adottate dall’organo politico ma agli stessi atti gestionali (le determinazioni) soggette, come si vedrà, ad una peculiare forma di controllo successivo a cura del segretario dell’ente (in questo senso il secondo comma dell’articolo in commento). Pertanto, come si rilevava sopra, il parere  tecnico contiene più anime o se si preferisce è espressione di una attività consultiva ad ampio spettro ed investe ambiti differenti e  non riguarda solo la disciplina “gestita” dal responsabile. A ben vedere investe – non si può negarlo in nessun modo – anche  profili di legittimità della proposta presentata. La regolarità contabile a cui allude la disposizione non è certo quella classica espressa dal responsabile del servizio finanziario ma deve comunque  esprimere quella valutazione/giudizio in relazione alle regole della finanza pubblica e, primo fra tutti, in relazione allo  stesso patto di stabilità. Inevitabilmente ritorna la riflessione ormai classica secondo cui il rispetto delle regole della finanza pubblica e del patto  di stabilità deve essere assicurato secondo un giudizio di tipo prognostico avvalendosi dei vari atti propedeutici predisposti di concerto con il responsabile del servizio finanziario. Si pensi, per tutti, al piano dei pagamenti e delle entrate in conto capitale ed alla sintesi espressa nel prospetto degli aggregati del patto di stabilità. Il legislatore ha voluto, con la norma in commento, ribadire  la funzione di supervisione e coordinamento del responsabile del servizio finanziario prescrivendo, con il secondo periodo del primo comma dell’articolo 147-bis, che il controllo di regolarità amministrativa e contabile deve essere effettuato (inoltre) anche  da questi ed “è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità contabile e del visto attestante la copertura finanziaria”.

Fonte: La Gazzetta degli enti locali

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