Adempimento collaborativo: parte l’interpello abbreviato

L’Agenzia delle Entrate rende noto che:

Con il decreto legislativo 128/2015 è stato introdotto nell’ordinamento italiano il regime di “adempimento collaborativo”, che risponde all’esigenza di adeguare il nostro sistema tributario al contesto internazionale. Infatti, in conformità alle raccomandazioni emanate dall’Ocse, il citato Dlgs intende promuovere l’adozione di forme di interlocuzione e di cooperazione rafforzate tra l’Amministrazione finanziaria e le imprese basate sulla fiducia reciproca e sulla trasparenza. Ciò, per prevenire l’insorgere di controversie di tipo tributario o, comunque, di favorirne una rapida risoluzione.

Uno degli istituti di maggior interesse per le imprese che saranno ammesse al regime di adempimento collaborativo è rappresentato dalla possibilità di avvalersi di una speciale procedura abbreviata di interpello preventivo. Infatti, l’articolo 6, comma 2, del Dlgs 128/2015, ha istituito l’“interpello abbreviato”, uno strumento di interlocuzione tra imprese e Agenzia delle entrate volto a dare certezza preventiva in tempi brevi.

Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di ieri del decreto Mef 15 giugno 2016, sono state disciplinate le modalità applicative di questa procedura di interpello rendendo così operativo l’istituto.

Dalle disposizioni del decreto ministeriale si evince come la procedura abbreviata di interpello presenti, per molti aspetti, caratteri di specialità rispetto alla disciplina generale in materia di “diritto d’interpello”, prevista dall’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000), come modificato dal Dlgs 156/2015.

Ferma restando la collocazione dell’interpello abbreviato nel contesto della disciplina generale in materia di interpelli, esso presenta specifiche previsioni in considerazione sia dei principi che ispirano il regime di adempimento collaborativo sia dei doveri declinati dal Dlgs 128/2015.

Di seguito, si analizzeranno alcuni profili di interesse dell’interpello abbreviato anche in raffronto con la disciplina generale degli interpelli, e in particolare:

  • l’oggetto dell’interpello e l’inserimento della procedura nell’ambito delle interlocuzioni tra fisco e impresa
  • il contenuto e le cause di inammissibilità dell’istanza
  • i termini previsti per l’istruttoria dell’istanza e per l’emissione della risposta
  • i doveri di comunicazione del contribuente
  • l’efficacia della risposta.

Oggetto dell’interpello e inserimento della procedura nell’ambito delle interlocuzioni tra fisco e impresa

L’articolo 6, comma 2, del Dlgs 128/2015, prevede che i contribuenti ammessi al regime possano attivare una “procedura abbreviata di interpello preventivo in merito all’applicazione delle fattispecie tributarie a casi concreti, in relazione ai quali l’interpellante ravvisa rischi fiscali”.

Al di là della definizione di rischio fiscale (per cui si rimanda all’articolo 3 dello stesso Dlgs 128), il decreto ministeriale ha previsto che, tramite la procedura de qua, i contribuenti ammessi al regime possono presentare tutte le tipologie di interpello previste dall’articolo 11 della legge 212/2000. Pertanto, si potrà richiedere all’Amministrazione una risposta riguardante fattispecie concrete e personali che rientrino nel campo di applicazione dei diversi tipi di interpello previsti dalla normativa generale, ossia istanze di:

  • interpello ordinario “puro” (secondo la definizione data dalla circolare 9/2016) e di interpello qualificatorio, di cui al comma 1, lettera a), del citato articolo 11)
  • interpello probatorio, di cui al comma 1, lettera b)
  • interpello antiabuso, di cui al comma 1, lettera c)
  • interpello disapplicativo, di cui al comma 2.

Inoltre, nel disciplinare l’oggetto dell’interpello abbreviato, l’articolo 1 del Dm introduce un importante elemento di originalità dell’istituto, collocando la presentazione dell’istanza di interpello “nell’ambito delle interlocuzioni conseguenti al regime”.

La richiamata previsione va letta in combinato con l’articolo 3 del decreto in commento laddove si stabilisce che “nell’ambito dei doveri di trasparenza e collaborazione declinati all’art. 5 comma 2, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, è ricompresa la tempestiva comunicazione all’ufficio dei rischi per i quali il contribuente intende presentare l’istanza di interpello abbreviato”.

Tale previsione è coerente con la filosofia del regime di adempimento collaborativo e con i principi di collaborazione e trasparenza che devono informare i rapporti tra Amministrazione fiscale e imprese. Infatti, come emerge dal dato normativo, la presentazione dell’istanza di interpello deve costituire un momento di formalizzazione di questioni già rappresentate nell’ambito dei rapporti conseguenti all’adesione al regime, in quanto l’Agenzia deve essere preventivamente messa nelle condizioni di conoscere le situazioni suscettibili di generare rischi fiscali nell’ottica della collaborazione anche ai fini dell’emissione in tempi brevi della risposta.

 Contenuto e cause di inammissibilità dell’istanza

L’istanza di interpello abbreviato deve contenere gli elementi previsti dall’articolo 4 del Dm, che ricalcano, sostanzialmente, quelli previsti dalla disciplina degli interpelli di cui all’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente.

La disciplina dell’interpello abbreviato, tuttavia, non annovera tra gli elementi essenziali dell’istanza la descrizione, in modo chiaro e univoco, della soluzione proposta dal contribuente, aprendo in tal modo la strada alla presentazione dell’interpello “aperto” (volto, cioè, a richiedere all’Amministrazione una risposta su una questione rispetto alla quale lo stesso contribuente non ha individuato una soluzione ovvero il comportamento che intende adottare).

Altro elemento di differenziazione rispetto alla disciplina generale degli interpelli riguarda l’istituto della regolarizzazione dell’istanza. Infatti, ancora rispondendo al principio di collaborazione, il decreto ministeriale ha previsto che tutti gli elementi che formano il contenuto dell’istanza sono suscettibili di regolarizzazione, diversamente dalla disciplina generale secondo cui la mancanza di alcuni elementi quali, ad esempio, i dati identificativi dell’istante (o, eventualmente, del suo legale rappresentate) e la circostanziata e specifica descrizione della fattispecie sono addirittura annoverate tra le cause di inammissibilità.

A tal proposito, va sottolineato che, sempre nel rispetto dei principi di trasparenza e di certezza, l’articolo 6 del Dm individua una rigida tassonomia delle fattispecie che determinano l’inammissibilità dell’istanza, alcune delle quali discendono espressamente dalle peculiarità proprie del regime di adempimento collaborativo.

 Termini previsti per l’istruttoria dell’istanza e per l’emissione della risposta

L’Ocse ha più volte ribadito che uno dei “key point” cui le Amministrazioni fiscali devono informare il proprio comportamento è la responsiveness, ossia la capacità del Fisco di rispondere celermente alle esigenze dei contribuenti.

La disciplina dell’interpello abbreviato coglie appieno tale esigenza, prevedendo termini più ristretti rispetto alla disciplina generale, sia con riferimento alla fase di regolarizzazione dell’istanza sia in fase di risposta.

L’articolo 3 del Dm prevede, infatti, che l’ufficio competente verifichi i requisiti (fissati dall’articolo 4, comma 1, dello stesso decreto) dell’istanza di interpello abbreviato entro 15 giorni dal suo ricevimento ed entro lo stesso termine è tenuto a invitare il contribuente alla sua regolarizzazione. Si evidenzia che tale termine risulta dimezzato rispetto all’analogo termine previsto dalla disciplina generale dell’interpello, pari a 30 giorni (articolo 3, comma 3, Dlgs 156/2015).

L’articolo 7, sempre nel rispetto dell’esigenza di ridurre i tempi di risposta da parte dell’Agenzia delle entrate, statuisce che il parere, scritto e motivato, è notificato o comunicato in mani proprie al contribuente entro 45 giorni decorrenti dalla data di ricezione dell’istanza di interpello da parte dell’ufficio competente (ovvero da quella di ricezione dei dati carenti nell’ambito della fase di regolarizzazione, nell’ipotesi di cui all’articolo 5, comma 2, del Dm). In caso di mancata risposta entro il medesimo termine, si forma il “silenzio assenso” e, dunque, si deve ritenere che l’Amministrazione finanziaria condivida la soluzione prospettata dal contribuente, laddove indicata (si ricorda che l’articolo 11 della legge 212/2000 prevede tempi ben più ampi ossia pari a 90 giorni per gli interpelli ordinario e qualificatorio e a 120 giorni per tutti gli altri tipi di interpello).

Inoltre, la norma in esame prevede che, qualora non sia possibile fornire risposta sulla base dei documenti allegati all’istanza, l’ufficio competente può chiedere al contribuente, una sola volta, di integrare la documentazione. In tal caso, a differenza di quanto ordinariamente previsto dall’articolo 4, comma 1, del Dlgs 156/2015, il termine di 45 giorni si interrompe e ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa da parte dell’ufficio competente.

 Doveri di comunicazione del contribuente

Le previsioni contenute all’articolo 8 del Dm costituiscono un elemento di interesse dell’istituto dell’interpello abbreviato, coerente con la ratio che ispira, in generale, il regime di adempimento collaborativo. Infatti, nel rispetto dei doveri di trasparenza e collaborazione tra fisco e contribuente, è previsto l’obbligo a carico dell’impresa di comunicare tempestivamente all’Agenzia delle Entrate, nell’ambito delle interlocuzioni del regime di adempimento collaborativo, il comportamento effettivamente tenuto laddove difforme dalla risposta all’interpello.

Gli obblighi di comunicazione si estendono, altresì, alle eventuali modifiche delle circostanze di fatto o di diritto sulla base delle quali è stata formulata la risposta dell’Amministrazione.

 Efficacia della risposta

In merito agli effetti che la risposta all’interpello produce, sia in capo all’Amministrazione finanziaria sia nella sfera giuridica del contribuente (anche quando resa sotto forma di silenzio assenso), l’articolo 8 del Dm ricalca sostanzialmente quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, della legge 212/2000.

La medesima considerazione vale anche con riferimento all’eventuale rettifica della risposta resa da parte dell’Agenzia e, in particolare, al coordinamento della nuova risposta rispetto a quella resa in precedenza.

L’elemento di novità contenuto nell’articolo 8 è da collegarsi alla possibilità (già illustrata) data al contribuente ammesso al regime di adempimento collaborativo di presentare l’interpello nella forma aperta (ossia, priva della soluzione proposta dal contribuente ovvero dell’indicazione del comportamento che lo stesso intende adottare).

In tal caso, qualora l’Agenzia emetta la propria risposta oltre i termini di cui all’articolo 7 del Dm, l’eventuale difformità tra la soluzione fornita nella risposta tardiva e il comportamento, medio tempore, tenuto dal contribuente dà luogo al recupero delle sole imposte e interessi, senza l’irrogazione delle relative sanzioni.

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