La crisi socio-economica derivante dall’emergenza epidemiologica del COVID-19 e l’esigenza di rispondere in tempi brevi alle numerose situazioni di difficoltà in cui versano famiglie ed imprese, fanno sorgere in molti enti locali alcune domande certamente inconsuete:
– si può andare in deficit di bilancio? ovvero, per gli enti che non l’hanno ancora adottato, si può approvare un bilancio preventivo in deficit?
– quali sono le conseguenze?
– chi risponde? Gli amministratori o il Responsabile del servizio economico finanziario ex art. 153 del Tuel, D. Lgs. 18/8/2000, n. 267?
Per rispondere andiamo con ordine e vediamo innanzitutto i principi e le regole.
Sulla base dell’art. 162, comma 6, del Tuel, “Il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo per la competenza, comprensivo dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione e garantendo un fondo di cassa finale non negativo”. Pertanto, l’importo complessivo delle entrate è uguale a quello delle spese.
Il pareggio finanziario deve essere rispettato anche nelle variazioni di bilancio durante la gestione (art. 193 del Tuel, D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267).
Analoghe affermazioni sono rinvenibili nel D. Lgs. 23/6/11, n. 118 ed in particolare nell’all. 1, punto 15 (Principio dell’equilibrio di bilancio) e nell’all. 4/1, punto 9.
Le suddette norme sembrano proprio chiarissime. Del resto non potrebbe essere altrimenti visto che il principio del pareggio è espressamente indicato negli articoli 81 e 97 della Costituzione; l’art. 97 recita testualmente: “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico…”
Anche la Corte Costituzionale è intervenuta più volte a chiarire il concetto di equilibrio finanziario. Si vedano le sent. sent. 30/1959 sulla copertura finanziaria delle leggi, la sent. sent. 70/2012 in tema di equilibrio tendenziale dei bilanci pubblici, la sent. 141/2010 sull’onere di provare la copertura delle spese e la sent. 115/2012 sulle condizioni per garantire l’equilibrio tendenziale dei bilanci pubblici che si realizzano non solo attraverso il pareggio di bilancio ed i limiti degli stanziamenti di spesa, ma anche mediante la preventiva quantificazione della copertura finanziaria degli atti. Fra l’altro, una deliberazione in deficit di bilancio, andrebbe a violare direttamente anche l’art. 119, sesto comma, della Costituzione che dispone che “I Comuni…. possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento” e anche la L. 24 dicembre 2012, n. 243 che ribadisce il principio e definisce alcuni criteri applicativi:”1. Il ricorso all’indebitamento … è consentito esclusivamente per finanziare spese di investimento … le operazioni di indebitamento sono effettuate solo contestualmente all’adozione di piani di ammortamento di durata non superiore alla vita utile dell’investimento…”
Ciò premesso, abbiamo già alcune risposte ai quesiti iniziali: contrariamente a quanto avviene per lo Stato, non si può approvare un bilancio preventivo di un Comune in deficit, ovvero non in pareggio finanziario e non si può nemmeno adottare variazioni di bilancio in contrasto con tale principio. Ma, se l’Amministrazione comunale volesse ugualmente procedere ad approvare un bilancio o una variazione di bilancio in deficit, cosa succede?
Per prima cosa, il parere di regolarità tecnica e contabile del Responsabile del servizio finanziario ex art. 153 del Tuel sulle proposte di deliberazioni consiliari non può che essere negativo, in quanto si violano varie norme fondamentali dell’ordimamento finanziario e contabile degli enti locali. Anche la posizione del Segretario verbalizzante la delibera non può che essere uniforme, così come quella dell’Organo di revisione.
Si fa presente che il parere di regolarità contabile è espressione della funzione consultiva e, in quanto tale, atto interno endoprocedimentale rientrante nella fase preparatoria del procedimento amministrativo. Vedasi la Corte dei Conti Sez. II Centr. n. 960/2017, che in merito al parere di regolarità contabile così si esprime: “si configura quale atto di esercizio di un potere infra procedimentale preordinato alla formazione della volontà dell’ente in forma deliberativa, come confermato dall’espressa previsione circa la sottoposizione alla responsabilità amministrativo – contabile dei soggetti che esprimono i pareri e dalla previsione in ordine alla necessità di adeguata motivazione per il caso in cui l’organo politico intenda discostarsi dai pareri (art. 49 D.Lgvo 267/2000)”. Vedasi anche il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sent. n. 680 del 25 maggio 1998 secondo il quale l’acquisizione dei pareri di cui all’art. 49 del Tuel costituisce un adempimento obbligatorio, formale, ma non vincola l’autonomia decisionale degli organi deliberanti che possono discostarsi dai pareri tecnici acquisiti assumendone la responsabilità. Quindi, almeno in linea teorica, l’Amministrazione potrebbe comunque deliberare, assumendosene la responsabilità. Potrebbe, ad esempio, adottare una variazione di bilancio in deficit motivata dalla situazione straordinaria. E poi cosa succede?
Il Responsabile del servizio finanziario, una volta adottata la delibera (con il proprio parere negativo), è comunque tenuto a dar corso agli atti relativi conseguenti, agendo come semplice esecutore di una scelta della quale l’organo collegiale ne ha assunto tutta la responsabilità amministrativa e contabile. Vedasi il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sent. n. 680 del 25 maggio 1998.
Limitando l’analisi delle conseguenze agli aspetti prettamente amministrativi-contabili, il Responsabile del servizio finanziario, agendo in autonomia come indicato nell’art. 153 del Tuel, effettua comunque entro sette giorni la segnalazione di cui all’art. 153, comma 6, circa l’esistenza di una situazione di squilibrio di bilancio al Sindaco, ai Revisori, al Presidente del Consiglio e alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti. Anche l’Organo di revisione ha comunque l’obbligo di segnalare alla Corte dei Conti ogni grave irregolarità amministrativa e contabile. Vedasi la delibera della Corte dei Conti n. 6/AUT/2006 “Linee guida per l’attuazione dell’art. 1, commi 166 e 167, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e la delibera della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per le Marche, 13 ottobre 2017 n. 82. Una volta ricevuta la segnalazione dal Ragioniere, il consiglio dell’ente deve provvedere al riequilibrio di bilancio a norma dell’articolo 193 del Tuel entro trenta giorni dal ricevimento della segnalazione (art. 153, comma 6, del Tuel, D. Lgs. 18/8/2000, n. 267). Se entro 30 giorni non avviene nulla, occorre informare il Prefetto che, nel caso di mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio della gestione finanziaria ex art. 193, comma 4, del Tuel, deve iniziare l’iter per lo scioglimento degli organi dell’Ente e l’avvio delle procedure di nuove elezioni, ex art. 141, comma 1, lettera c), del Tuel. Per approfondimenti si rinvia alla Circolare del Ministero dell’Interno n. 23 del 20/6/05 sulle modalità applicative della procedura.
Per ultimo occorre evidenziare il possibile diverso comportamento del Responsabile del servizio finanziario che (agendo in difformità delle prescrizioni normative) non evidenzi adeguatamente l’esistenza di squilibri di bilancio e rilasci pareri di contabilità sulle deliberazioni comunque favorevoli; orbene, in questo caso diventa il principale, se non l’unico responsabile, fermo restando le competenze dei revisori dei conti. Si ricorda che il Ragioniere dell’ente “è preposto alla verifica di veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa… e alla verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle spese” (art. 153, comma 4, del Tuel, D. Lgs. 18/8/2000, n. 267) e spetta alla medesima figura “garantire il costante controllo degli equilibri finanziari…” (art. 147, comma 2, let. c), del Tuel, D. Lgs. 18/8/2000, n. 267). In ultima analisi, è meglio stare alla larga dal bilancio in deficit …
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