Inoltre, i deputati hanno deciso di limitare ai Comuni con popolazione superiore a 15mila abitanti (anziché 10mila) l’obbligo di dare pubblicità alla condizione patrimoniale degli eletti, di modificare l’intervento dello Stato in aiuto dei Comuni in difficoltà e di abrogare la proroga del termine per il versamento da parte dei Comuni al Viminale di una quota dei diritti di segreteria. Ma vediamo le novità nel dettaglio.
Intanto, entro tre mesi dall’insediamento i sindaci devono redigere una relazione di inizio mandato, predisposta dal segretario o dal dirigente del settore finanziario, in cui accertare la condizione patrimoniale ed economica e l’indebitamento.
La revoca dei dirigenti del servizio finanziario può essere disposta dai sindaci per gravi irregolarità ed è necessario il parere dei revisori dei conti. Questo parere prende il posto di quello previsto dal testo iniziale del decreto, a carico del ministero dell’Economia e della Ragioneria generale dello Stato. Si vuole così rafforzare l’indipendenza dei “ragionieri capo”, tanto più marcata perché i revisori saranno scelti per sorteggio, ed evitare gli assai discutibili interventi di soggetti esterni all’ente. Non dovranno, inoltre, tenere conto degli indirizzi della Ragioneria dello Stato: il possibile filo diretto è così spezzato sul nascere.
Inoltre, l’obbligo di attivare il controllo strategico e quelli sulle società controllate e sulla qualità dei servizi è dettato per i Comuni con popolazione superiore a 15mila abitanti e non più, come nella previsione iniziale, per i municipi con oltre 10mila abitanti. Si prevede inoltre che il controllo strategico, come quello di regolarità amministrativa e contabile, sia svolto da un ufficio alle dipendenze del segretario. Dai controlli sulle società vengono escluse quelle quotate in borsa.
Poi, il controllo semestrale della Corte dei conti viene limitato ai Comuni con più di 15mila abitanti. Esso viene esteso all’equilibrio di bilancio. Viene eliminata la possibilità per la magistratura contabile di avvalersi della Guardia di finanza, mentre la Ragioneria generale dello Stato, anche su input della Corte dei conti, può disporre controlli sugli enti locali che ricorrono alle anticipazioni di cassa, che hanno uno squilibrio di bilancio, che presentano anomalie nella gestione dei servizi in conto terzi o hanno aumentato la spesa per gli organi istituzionali.
La Corte dei conti deve anche verificare i bilanci per il rispetto del patto di stabilità, dell’indebitamento e della gestione finanziaria, comprese le partecipazioni superiori al 90 per cento.
Si prevede poi che le unioni dei Comuni debbano avere tre revisori, che svolgono tale attività anche per i Comuni aderenti, con automatica decadenza di quelli in carica. Viene soppressa la previsione per cui il presidente del collegio dei revisori dei conti nei grandi Comuni, nelle Province e nelle Città metropolitane avrebbe dovuto essere designato dal prefetto.
Infine, le sezioni decentrate di controllo della magistratura contabile devono esaminare i bilanci preventivi e consuntivi delle Regioni, degli enti del servizio sanitario e delle società controllate che gestiscono servizi pubblici e a trasmettere con cadenza semestrale un referto ai consigli regionali, con l’obbligo della Regione di adottare i provvedimenti richiesti. Il presidente della Regione trasmette alla Corte dei conti e al consiglio regionale una relazione annuale sulla gestione. Vengono rafforzati i vincoli connessi alla relazione di fine legislatura delle Regioni e degli enti locali.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento