Vietata la destinazione dell’imposta di soggiorno alla riduzione della tariffa TARI

23 Aprile 2019
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Il dubbio di un Comune riguarda la possibilità di poter destinare una parte degli introiti ricevuti dall’imposta di soggiorno, alla riduzione dell’imposta sulla TARI inserendo nel piano finanziario una riduzione delle spese di raccolta e smaltimento dei rifiuti per i soli esercizi commerciali. In altri termini, la riduzione della TARI a favore di tutte le attività economiche, sarebbe compensata mediante l’impiego di una parte del gettito dell’imposta di soggiorno. In sostanza, la spesa per il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, alla quale è interamente destinata la TARI, in forza di quanto disposto dall’art. 1, comma 654, della Legge di stabilità per il 2014, secondo la prospettazione dell’ente, dovrebbe essere coperta anche attraverso la destinazione di una parte dei proventi derivanti dall’imposta di soggiorno. Quindi, secondo l’ente locale, la finalità sarebbe quella di diminuire la pressione fiscale sulla collettività locale (la TARI, incombe, appunto, sui soggetti che possiedono o detengono a qualsiasi titolo locali o aree suscettibili di produrre rifiuti), compensando il minor gettito con l’utilizzo di una entrata gravante, invece, su soggetti “esterni” (coloro che alloggiano nelle strutture ricettive e ubicate sul territorio dell’ente).

La risposta negativa del Collegio contabile

Secondo il Collegio contabile la questione non riguarda tanto la riduzione della TARI, in sé ammissibile purché venga garantita la copertura delle spese relative al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti sul territorio comunale, quanto piuttosto il vincolo di destinazione dell’imposta di soggiorno.

L’imposta di soggiorno, introdotta dal D.lgs. 14 marzo 2011 n. 23, è finalizzata a finanziarie, secondo le disposizioni prescritte dall’art.4, “interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali”. La magistratura contabile ha da tempo evidenziato la natura di “scopo” di questa imposta introdotta dal legislatore, basata, cioè, sulla correlazione prelievo-beneficio e diretta a determinare un miglior livello di accettazione del sacrificio richiesto. Si tratta, quindi, di un impiego del gettito ottenuto dall’imposta esclusivamente per il finanziamento diretto ed immediato di interventi nel settore del turismo e di interventi ad esso connessi, mediante la previsione di un vincolo di destinazione incombente sulla relativa entrata. Qualsiasi altra destinazione degli introiti ricevuti dall’imposta di soggiorno, come quello evidenziato dal Sindaco per ridurre la pressione fiscale sugli esercizi commerciali, sarebbe effettuato in violazione di legge, facendo venire meno il vincolo di destinazione previsto dalla normativa istitutiva dell’imposta.

consegue che la risposta al quesito posto dal Sindaco non potrà che essere negativo.

Leggi il parere della Corte dei conti

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