Verifica delle professionalità interne prima del conferimento di incarichi esterni. Responsabilità contabili e penali

8 Ottobre 2021
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L’obbligo di procedere in via preventiva all’esame delle professionalità interne, prima di conferire incarichi esterni, sono stati oggetto di rilievi sia della giurisprudenza contabile sia di quella penale. La Corte dei conti della Campania (deliberazione n.227/2021) ha contestato e ricusato il visto di legittimità all’affidamento di incarichi di progettazione all’esterno, perché disposti in violazione delle disposizioni di cui al d.lgs. 50/2016 per l’insistenza della verifica richiesta dalla normativa e dal buon andamento della PA sul prioritario affidamento dell’incarico al personale interno, non giudicando sufficiente l’interpello del personale presente che si è dichiarato indisponibile. La Cassazione penale (sentenza 33240/2021) ha condannato un dirigente comunale per abuso di ufficio per non aver previamente verificato la presenza allo svolgimento dell’incarico al personale interno, procedendo al conferimento all’esterno di incarico professionale autonomo, con ciò violando le disposizioni legislative di cui all’art.7 del d.lgs. 165/01, oltre che procurare un indebito vantaggio patrimoniale al professionista esterno.

Le indicazioni del Collegio contabile

Avendo superato la soglia di rilevanza comunitaria, l’affidamento all’esterno di una molteplicità di incarichi professionali (studi di fattibilità, progettazione, indagini geologiche ed altre) per la realizzazione di opere pubbliche, è stato oggetto del controllo preventivo di legittimità da parte dei giudici contabili.

I decreti dirigenziali, di affidamento all’esterno, seguivano una serie di procedure ad evidenza pubblica con relativa aggiudicazione. L’affidamento, inoltre, è stato oggetto di una sentenza di annullamento (sia al TAR che in Consiglio di Stato) ma, a seguito della riapertura della gara, l’impresa aggiudicataria è stata confermata. I magistrato contabile istruttore ha chiesto alla PA se avesse verificato, prima di decidere di affidare a professionisti esterni i tre livelli di progettazione, l’assenza di professionalità interne in possesso di idonee competenze in materia. Infatti, a dire del Collegio contabile, il ricorso all’esterno, comportando un esborso di denaro pubblico, avrebbe richiesto una rigorosa verifica preliminare sull’assenza di professionalità interne dotate di idonea competenza, a nulla rilevando che il personale interno non avesse fornito la propria disponibilità. L’ente, in risposta, ha precisato come fosse stato, preliminarmente, attivato specifico interpello indirizzato al personale tecnico interno e di altre amministrazioni, con il quale è stata chiesta, al personale tecnico in possesso dei requisiti richiesti, la semplice disponibilità a svolgere il predetto incarico precisando, altresì, che “per le prestazioni in argomento non sono previsti compensi ai sensi dell’art. 113, comma 2, del D. Lgs n. 50/2016”. Proprio a fronte dell’esito infruttuoso dell’interpello l’ente ha deciso di affidare all’esterno i tre livelli di progettazione.

Nella ricostruzione della normativa, il Collegio contabile ha evidenziato che, da un punto di vista operativo, la stazione appaltante avrebbe dovuto valutare se, i servizi oggetto di affidamento, presentassero o meno le caratteristiche indicate dall’art. 23, comma 2, del codice (lavori di particolare rilevanza sotto il profilo architettonico, ambientale, paesaggistico, agronomico e forestale, storico-artistico, conservativo, nonché tecnologico). In caso di esito positivo della verifica operata dal RUP, l’Amministrazione avrebbe dovuto ricorrere a professionalità interne, se viene accertata la presenza di personale in possesso di idonea competenza in materia. In caso di assenza di idonee professionalità l’ente avrebbe dovuto utilizzare la procedura del concorso di progettazione o del concorso di idee, per la partecipazione al quale i requisiti di qualificazione devono consentire l’accesso ai piccoli e medi operatori economici dell’area tecnica e ai giovani professionisti. Nel caso, invece, di mancanza dei requisiti del citato art.23, ossia per lavori che non siano qualificabili di particolare rilevanza sotto i profili enucleati dalla suddetta disposizione, trovano applicazione le disposizioni dettate dall’art. 24 del Codice, con riferimento alla progettazione interna ed esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici. Per queste ultime disposizioni il Consiglio di Stato, nel proprio parere, ha evidenziato come, venendo meno la preferenza per i progettisti interni (anche in ragione della non rimuneratività degli incentivi tecnici al personale interno), gli enti potrebbero abusare di tale indicazione. Secondo il Collegio contabile, la mancata preferenza da parte del legislatore non significa che viene dato tutto all’esterno, accentuando in tal modo possibili fenomeni di infedeltà da parte di pubblici funzionari oltre alle ricadute finanziarie negative nei propri bilanci. In altri termini, non può non restare di permanente validità il principio costituzionale di buona amministrazione (art. 97 Cost.), declinato nella legge generale sul procedimento amministrativo, nei parametri di efficienza ed economicità, che devono sempre presidiare l’attività, anche contrattuale, della pubblica amministrazione, oltre al principio dell’equilibrio di bilancio (art.81 della Cost.).

Nel merito le giustificazioni dell’ente sono da considerare inconferenti in quanto, l’aver proceduto all’affidamento all’esterno sulla base della mera indisponibilità del personale dell’Amministrazione non può che essere illegittimo. L’ente, infatti, avrebbe potuto rivolgersi all’esterno solo dopo una puntuale verifica della oggettiva assenza di professionalità interne idonee o, quanto meno, certificando difficoltà oggettive connesse allo svolgimento dell’attività di progettazione in aggiunta alle altre funzioni d’istituto.

Il Collegio contabile, pertanto, ha ricusato il visto di legittimità delle procedure di affidamento all’esterno per non aver l’ente mostrato la corretta verifica delle professionalità interne.

Le indicazioni del giudice di legittimità

I giudici di Piazza Cavour hanno confermato il reato di abuso di ufficio di un dirigente comunale, responsabile dei servizi sociali, per aver affidato un incarico autonomo all’esterno senza avere, preliminarmente, accertato e certificato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili all’interno. Il dirigente, infatti, in tal modo avrebbe violato una disposizione legislativa (art.7, comma 6, d. Ivo 165 del 2001) procurando, inoltre, un danno ingiusto all’ente, trattandosi di contratti stipulati con professionisti esterni i cui incarichi prevedono un compenso monetario che avrebbero ben potuto essere risparmiato in caso di attività espletate dai dipendenti dell’ente. In altri termini, il dirigente ha procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale al professionista, grazie alla normativa violata, integrando in tal modo le condizioni previste dalla legge per il reato di abuso di ufficio.

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