Va sanzionato il mancato invio del piano di razionalizzazione delle partecipate alla Corte dei conti. Responsabilità al Sindaco e non al responsabile finanziario

13 Ottobre 2021
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In merito alla sanzione riferita all’obbligo di adozione del piano di razionalizzazione delle partecipate, il Sindaco di è rivolto al Collegio contabile a seguito della sanzione ricevuta dal giudice monocratico per mancato invio del piano di razionalizzazione delle società partecipate, pur essendo stato il medesimo correttamente adottato, alla Corte dei conti. La Corte dei conti della Basilicata, con la sentenza n.51/2021 ha confermato la sanzione in considerazione della chiarezza della normativa che ne prevede la comminazione anche per il solo mancato invio alla Corte.

La vicenda

Il giudice monocratico a fronte del mancato invio del piano di razionalizzazione delle società partecipate di un ente locale, sanzionava il Sindaco mentre assolveva da responsabilità amministrativa il Dirigente finanziario, avendo quest’ultimo correttamente effettuato i necessari adempimenti previsti dalla normativa e, non anche, predisposto l’invio alla Corte dei conti, spettando quest’ultimo adempimento al Primo cittadino. Quest’ultimo, a fronte della sanzione ricevuta, ha presentato ricorso in opposizione alla Corte dei conti in sede giurisdizionale. A propria difesa il Sindaco evidenziava come, le disposizioni di cui all’art.20 del d.lgs 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), la sanzione è prevista solo in caso di “mancata adozione” degli atti e non per la mancata o ritardata trasmissione degli stessi, anche a mente dell’orientamento della Corte di cassazione (Sezione II, n. 4962 del 2020) in tema di norme sanzionatorie, da considerarsi tassative e di stretta interpretazione. Infine, ha negato la propria responsabilità che, in base agli articoli 107 e 109 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, avrebbe dovuto imputarsi al Responsabile del Settore Finanziario dell’Ente.

La sentenza

I giudici contabili di controllo del Lazio (deliberazione n.68/2020) hanno già avuto modo di precisare che “L’art. 24 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 s.m.i. (di seguito anche TUSP) prevede che le partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni pubbliche in società non riconducibili ad alcuna delle categorie di cui all’articolo 4, ovvero che non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 5, commi 1 e 2, o che ricadono in una delle ipotesi di cui all’articolo 20, comma 2, siano alienate o, in alternativa, oggetto delle altre misure di razionalizzazione indicate all’articolo 20, commi 1 e 2. A tal fine, entro il 30 settembre 2017, ciascuna amministrazione pubblica ha dovuto effettuare la ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore del decreto, procedendo, con provvedimento motivato, all’adozione di un piano di revisione straordinaria che, per le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 611, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, costituisce aggiornamento del piano operativo di razionalizzazione adottato ai sensi del successivo comma 612. Fermo quanto previsto dall’articolo 24, comma 1, TUSP, l’art. 20, comma 1 dello stesso d.lgs. n. 175/2016 prevede che le amministrazioni pubbliche sono tenute ad effettuare annualmente, con proprio provvedimento, un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti di cui al comma 2, un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione. Con riferimento ai termini di presentazione, a norma degli artt. 20, comma 3, e 26, comma 11, del TUSP, la revisione periodica, secondo quanto evidenziato dalla Sezione delle autonomie nella deliberazione 21 dicembre 2018, n. 22/INPR, è adempimento da compiere entro il 31 dicembre di ogni anno, per la prima volta nel 2018 con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017. L’esito della ricognizione, anche in caso negativo, va comunicato, con le modalità di cui all’articolo 17 del decreto-legge n. 90/2014 (convertito dalla legge n. 114/2014) e le informazioni vanno rese disponibili alla Sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell’articolo 5, comma 4, al fine di verificare il puntuale adempimento degli obblighi prescritti. L’art. 20, comma 7, dello stesso TUSP stabilisce che “la mancata adozione degli atti di cui ai commi da 1 a 4 da parte degli enti locali comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, comminata dalla competente sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti”.

La stessa Corte dei conti Sezione delle Autonomie (deliberazione n.27/2017) aveva modo di evidenziare come “la situazione di inadempienza si verifica per mancata adozione dell’atto ricognitivo, della relazione sull’attuazione delle misure deliberate e per omissione delle relative comunicazioni (alla Corte dei conti e alla struttura competente del MEF)”.

Al fine sanzionatorio la mancata trasmissione equivale, di fatto, alla mancata predisposizione della ricognizione. In altri termini, soltanto con la concreta e puntuale conoscenza, da parte dei destinatari, si realizza lo scopo perseguito dalle norme.

Nel caso di specie, inoltre, la responsabilità non può che essere di esclusiva competenza del Sindaco il quale, nonostante due esplicite, dirette ed inequivocabili richieste dell’organo di controllo, ometteva il dovuto riscontro omettendo l’invio.

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