Il punto 6.3 del principio contabile dell’allegato 4/2 (decreto legislativo 118/2011) precisa che i pagamenti effettuati dal tesoriere per azioni esecutive non regolarizzati devono essere imputati all’esercizio in cui sono stati eseguiti, con il ricorso, come ivi prescritto, alla procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio. In presenza di un controcredito dell’ente non è possibile bypassare la citata regolarizzazione. Sono queste le indicazioni della Corte dei conti della Basilicata (deliberazione n.35/2021).
La vicenda
Alla domanda dei giudici contabili circa la mancata regolarizzazione di una azione esecutiva pagata dal tesoriere, l’ente ha precisato che il pagamento non regolarizzato per azioni esecutive si riferisce ad un contenzioso con precedente creditore che, dopo aver soddisfatto la sua pretesa nei confronti del Comune, è stato convenuto in giudizio dallo stesso comune che ha ritenuto che il credito spettante fosse inferiore a quanto riconosciuto e liquidato in virtù della sentenza esecutiva. Il comune ha, pertanto, attivato le procedure per la riscossione della residua somma.
Il principio contabile
Il punto 6.3 dell’allegato 4/2 prevede che:
«Nel caso in cui non sia stato seguito tale principio, e alla fine di ciascun esercizio, risultino pagamenti effettuati dal tesoriere nel corso dell’anno per azioni esecutive, non regolarizzati, in quanto nel bilancio non sono previsti i relativi stanziamenti e impegni, è necessario, nell’ambito delle operazioni di elaborazione del rendiconto, registrare l’impegno ed emettere il relativo mandato a regolarizzazione del sospeso, anche in assenza del relativo stanziamento. In tal modo, nel conto del bilancio, si rende evidente che la spesa è stata effettuata senza la necessaria autorizzazione. Contestualmente all’approvazione del rendiconto, si chiede al Consiglio il riconoscimento del relativo debito fuori bilancio segnalando l’effetto che esso produce sul risultato di amministrazione dell’esercizio e le motivazioni che non hanno consentito la necessaria variazione di bilancio. Al fine di consentire la procedura contabile descritta, è necessario che, nel sistema informativo contabile dell’ente, sia introdotta un’apposita procedura contabile che consente la registrazione dell’impegno e del pagamento per azioni esecutive, ai fini del riconoscimento dei debiti fuori bilancio già pagati, da effettuarsi in assenza di stanziamento. È del tutto scorretta e, al fine di garantire il rispetto del principio della competenza finanziaria, non può più essere seguita, la prassi che prevede, a seguito del necessario riconoscimento dei “debiti fuori bilancio”: a) la richiesta al tesoriere di trasportare i sospesi all’esercizio in corso (successivo a quello in cui il pagamento è stato effettuato), b) l’impegno e l’emissione dell’ordinativo con imputazione all’esercizio in cui il debito è formalmente riconosciuto. Infatti, tale prassi comporta l’imputazione degli impegni e dei pagamenti ad un esercizio successivo a quello di competenza e, conseguentemente, l’elaborazione dei rendiconti finanziari relativi ai due esercizi considerati “non veri”: il rendiconto dell’esercizio in cui il pagamento è stato effettuato non rappresenta tutte le spese di competenza dell’anno, quello successivo rappresenta spese che non sono di competenza dell’esercizio».
La risposta del Collegio contabile
Sulla base del principio contabile i pagamenti effettuati dal tesoriere per azioni esecutive non regolarizzati devono essere imputati all’esercizio in cui sono stati eseguiti, con il ricorso, come ivi prescritto, alla procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio. La sussistenza del residuo credito restitutorio non costituisce, ovviamente, causa esimente di tale regolarizzazione, comportando solo l’iscrizione in bilancio dei corrispondenti residui attivi.
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