La Camera ha convertito in via definitiva il decreto legge. Molte le novità per i comuni
Rinegoziazione dei mutui e ulteriore flessibilità di bilancio per coprire il caro energia. Sono queste le ultime novità per gli enti locali salite sul carro del decreto Milleproroghe (dl 198/2022) convertito ieri in via definitiva dall’aula della Camera, poco prima della scadenza del 27 febbraio. Il provvedimento, come sempre accade da un po’ di anni a questa parte, ha imbarcato una nutrita serie di correttivi, trasformandosi in una sorta di Manovra bis. Sui mutui, in considerazione delle difficoltà generate dall’aumento dei costi energetici, gli enti potranno rinegoziare o sospendere la quota capitale anche nel corso dell’esercizio provvisorio, fermo restando l’obbligo di effettuare le relative iscrizioni nel bilancio di previsione. Inoltre, in caso di adesione ad accordi promossi dall’Abi e dalle associazioni degli enti locali, si potrà andare in deroga all’art. 204, comma 2, del Tuel, e all’art. 41, commi 2 e 2-bis, della l 448/2001, fermo restando il pagamento degli interessi, senza necessità di rilasciare nuove garanzie. Viene inoltre estesa fino al 2025 la facoltà di utilizzare in parte corrente le economie derivanti dalle operazioni di rinegoziazione. Sul fronte delle flessibilità di bilancio, viene estesa al 2023 la disposizione (già prevista per il 2022) che consente agli enti di destinare alla copertura della spesa per le utenze di energia elettrica e gas i proventi di cui all’art. 142, commi 12-bis e 12-ter e all’art. 208, comma 4, del codice della strada, nonché quelli per la sosta dei veicoli nelle aree destinate al parcheggio a pagamento. Tale misura si aggiunge a quelle già previste dalla legge di bilancio, ossia il fondo da 400 milioni e la possibilità di utilizzare l’avanzo libero e quello svincolato. Il decreto mette poi in sicurezza i contributi assegnati nel 2022 e quelli che verranno assegnati nel 2023 per incrementare le indennità degli amministratori anche per i comuni che abbiano adottato deliberazioni di rinuncia parziale o totale alla misura massima dell’emolumento prevista dalla normativa all’epoca vigente, confermando l’ultima interpretazione del Ministero dell’Interno contenuta nel comunicato del 27 gennaio scorso, nel quale si sancisce che “il contributo assegnato (…) può essere interamente utilizzato dai comuni beneficiari per l’incremento delle indennità di funzione anche nel caso in cui gli stessi abbiano adottato deliberazioni di riduzione, parziale o totale, della misura piena dell’indennità prevista dalla normativa all’epoca vigente”. In precedenza, il Viminale aveva assunto una posizione diametralmente opposta: con un comunicato del 9 gennaio scorso, infatti, si chiariva senza incertezze che tali risorse “sono destinate, in via esclusiva,a compensare il maggiore onere che gli enti sostengono per adeguare le indennità in precedenza erogate agli amministratori in misura intera rispetto ai nuovi importi derivanti dall’applicazione dei (…) commi 583 e seguenti, con la conseguenza che qualsivoglia delibera che abbia inciso in senso riduttivo rispetto all’ammontare previsto dalla legislazione allora vigente, farà insorgere, in capo al comune, l’obbligo di procedere alla restituzione dell’intero contributo ricevuto.” Molto attesa anche la proroga del termine di approvazione del Piao (che slitta a fine marzo), con contestuale sblocco della facoltà, nelle more, di assumere a tempo determinato. Rimangono ovviamente irrisolte, invece, tutte le criticità riguardo al corretto inquadramento del nuovo strumento nel suo problematico rapporto con il Dup, anche a seguito dei chiarimenti della commissione Arconet.
* Articolo integrale pubblicato sul Sole24ore del 24 febbraio 2022.
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