Il caso riguarda i risultati ottenuti nel piano di riequilibrio di una Provincia la quale, non solo ha rispettato gli obiettivi intermedi, ma ha anche anticipato il recupero del disavanzo tanto da chiudere i propri conti con un avanzo disponibile. In questo caso, rileva la Corte dei conti del Piemonte (deliberazione n.34/2020) il Giudice delle leggi ha avuto modo di precisare come “la preesistenza di un avanzo di amministrazione [è] del tutto incompatibile con la preesistenza o l’avviamento del piano pluriennale di riequilibrio”, invitando l’ente ad anticipare la chiusura del piano di riequilibrio, così come espressamente previsto all’art. 243 quater, comma 7 bis D.Lgs. n. 267/2000, non potendo la Corte decidere in sostituzione dell’amministrazione restando questo atto di sua esclusiva.
La verifica dei conti
I giudici contabili piemontesi hanno proceduto alla verifica degli equilibri intermedi di un piano di riequilibrio di una Provincia. Dall’esame dei conti e in base alle corrette risposte fornite dall’ente, è stato possibile verificare i seguenti elementi determinanti:
- Situazione di cassa positiva. L’Ente non ha mai dovuto far ricorso all’anticipazione di tesoreria, anche se, precauzionalmente, ne ha attivato l’autorizzazione negli esercizi immediatamente successivi alla dichiarazione di riequilibrio, senza mai attingervi. L’Ente, inoltre, non è destinatario dell’anticipazione prevista dall’art. 2, comma 6, del D.L. 78/2015 per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali. Infine, non ha una situazione debitoria riferibile al mancato pagamento di fornitori o al riconoscimento di debiti fuori bilancio ma, anzi, assicura il rispetto dei tempi di pagamento di cui all’articolo 4 del Decreto Legislativo 9 ottobre 2002 n. 231;
- Verifica degli equilibri di parte corrente e di parte capitale. Dalla relazione semestrale dei revisori dei conti oltre agli equilibri di parte corrente sono stati verificati positivamente anche quelli in conto capitale. L’eccedenza dell’entrata in conto capitale, ha precisato l’ente, si riferiva alla dismissione anticipata di una società partecipata posseduta destinata per quasi l’80% a lavori ordinari e straordinari, mentre la rimanente somma è stata destinata all’estinzione di due mutui a tasso variabile, gravati da minori spese per indennizzi rispetto ai mutui a tasso fisso, nel rispetto del principio di riduzione dell’indebitamento, nonché del dettato dell’art. 199 del D.Lgs. n. 267/2000 e della previsione di cui all’art. 56-bis del D.L. n. 69/2013, in base al quale almeno il 10% dell’importo derivante da alienazioni patrimoniali è da destinare all’estinzione anticipata di mutui;
- Ripiano del disavanzo ordinario e straordinario. La Corte ha accertato non solo il ripiano del disavanzo ordinario ma anche quello anticipato del disavanzo da riaccertamento straordinario negli esercizi precedenti al 2018.
Dai dati del conto consuntivo 2018, oltre ad un risultato di amministrazione positivo, è stato ottenuto anche un risultato positivo nella sua parte disponibile, ossia dopo aver sottratto la parte accantonata, vincolata, e quella destinata ad investimenti. La parte disponibile è, infine, migliorata rispetto a quella dell’anno precedente.
Anomalia di una avanzo in enti in riequilibrio
Rilevano i giudici contabili piemontesi come la sentenza della Corte Costituzionale n.105/2019 abbia precisato che “la preesistenza di un avanzo di amministrazione [è] del tutto incompatibile con la preesistenza o l’avviamento del piano pluriennale di riequilibrio. A ben vedere non si tratta di una contraddizione in termini innocua perché già in passato (fattispecie di cui alla sentenza n. 274 del 2017 e fattispecie di cui alla sentenza n. 49 del 2018) l’ambigua formulazione normativa inerente al concetto di avanzo di amministrazione ha indotto alcuni enti territoriali a introdurre disposizioni in materia di bilancio costituzionalmente illegittime. In particolare, l’avanzo di amministrazione non può essere confuso con il saldo attivo di cassa e neppure con un risultato di esercizio annuale positivo. Mentre un miglioramento dei saldi di cassa o un risultato annuale positivo non sono affatto incompatibili con l’esistenza o la necessità di un piano pluriennale di riequilibrio finanziario, dal momento che detti miglioramenti ben possono essere inidonei a compensare interamente lo squilibrio strutturale, analoga ipotetica relazione non è configurabile per l’avanzo di amministrazione. Quest’ultimo è tale solo se tiene conto – compensandoli completamente in modo definitivo – degli accantonamenti scaglionati nel tempo contemplati dal piano di riequilibrio.”
Inoltre, il Collegio contabile ha evidenziato come l’Art. 243-quater, comma 7 bis D.Lgs. n. 267/2000 abbia previsto che “qualora, durante la fase di attuazione del piano, dovesse emergere, in sede di monitoraggio, un grado di raggiungimento degli obiettivi intermedi superiore rispetto a quello previsto, è riconosciuta all’ente locale la facoltà di proporre una rimodulazione dello stesso, anche in termini di riduzione della durata del piano medesimo. Tale proposta, corredata del parere positivo dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente, deve essere presentata direttamente alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti”.
Conclusioni
La possibilità prevista dal legislatore di una chiusura anticipata del piano di riequilibrio, resta pur sempre una prerogativa propria dell’Ente. Infatti, la Corte dei conti, ai sensi dell’art. 243-quater, comma 6 TUEL, svolge il proprio controllo in fase di attuazione del piano di riequilibrio finanziario al fine di verificare il rispetto o in alternativa “il grave e reiterato” scostamento dagli obiettivi intermedi, nonché a scadenza del termine finale, per verificare il raggiungimento dell’obiettivo di riequilibrio. Detto controllo in ragione della natura giudiziaria dell’organo giudicante – in posizione terza e neutrale rispetto a tutti gli interessi finanziari adespoti in gioco – e acclarato che lo stesso giudizio di svolge sulla base di criteri squisitamente normativi, si appalesa in realtà (in sede di approvazione del piano di riequilibrio e anche nella fase di rimodulazione) come un giudizio di omologazione di un atto amministrativo, il quale è tecnicamente “approvato” solo dall’ente locale.
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