Slittano le unioni, non i tagli

Fonte: Italia oggi

L’associazionismo forzato dei piccoli comuni può attendere ma non i tagli alle poltrone. Il tradizionale decreto legge di fine anno con le proroghe dei termini in scadenza (limitato dal governo Monti a pochi, fondamentali differimenti e per questo non più etichettabile come milleproroghe), licenziato venerdì scorso dal consiglio dei ministri, (si veda ItaliaOggi del 24/12/2011) fa slittare di un anno gran parte del cronoprogramma fissato dall’art. 16 della manovra di Ferragosto (dl 138/2011), ma non le norme che a partire dalle prossime elezioni amministrative alleggeriranno gli organi di governo dei comuni fino a 10 mila abitanti.

Il dl proroghe, infatti, sposta in avanti di 12 mesi solo le scadenze contenute nei commi da 1 a 16 e nei commi 22, 24, 25 e 27 dell’art. 16. Non, quindi, il taglio di consigli e giunte, disciplinato dal comma 17, che scatterà «dal primo rinnovo amministrativo di ciascun comune a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del dl 138». E dunque dalla tornata elettorale della prossima primavera. Nei comuni fino a 1.000 abitanti le giunte verranno eliminate e resteranno solo il sindaco e sei consiglieri. Nei municipi fino a 3.000 abitanti a questi si aggiungeranno anche due assessori. Negli enti tra 3.000 e 5.000 abitanti il sindaco sarà coadiuvato da 7 consiglieri e 3 assessori, mentre nei comuni tra 5.000 e 10.000 abitanti il consiglio sarà composto da 10 consiglieri e le giunte da 4 assessori.

Resta invariato anche il timing del taglio dei gettoni di presenza ai consiglieri dei comuni fino a 1.000 abitanti. Come previsto dal comma 18 dell’art. 16, che non è stato prorogato dal dl varato venerdì, la falcidia scatterà a partire dalle prime elezioni amministrative successive alla data del 13 agosto 2012 e dunque dalla primavera 2013. Tutte le altre scadenze legate al termine del 13 agosto 2012 (obbligo di esercizio associato di tutte le funzioni amministrative e dei servizi pubblici, successione dell’unione di comuni in tutti i rapporti giuridici degli enti associati) slittano di un anno e con esse il momento dal quale saranno operative, ossia, verosimilmente, la primavera del 2014.

Nessuna novità anche per l’applicazione del patto di stabilità ai piccoli comuni. L’appuntamento resta il 2013 (essendo previsto nel comma 31 non prorogato dal decreto legge) mentre slitta di un anno il debutto del patto di stabilità per le unioni costituite dai comuni fino a 1.000 abitanti.

A parte questi punti fermi tutto il resto dell’art. 16 guadagna 12 mesi di tempo in più per diventare operativo. A cominciare dal primo step, l’individuazione da parte delle regioni di limiti demografici ulteriori per la costituzione delle unioni, rispetto a quelli individuati dalla norma. La dead line era il 17 novembre scorso, ma pochi governatori l’hanno centrata, preferendo invece ricorrere alla Consulta (lo hanno fatto Toscana e Lombardia, si veda ItaliaOggi del 16/11/2011) contro le norme sull’associazionismo ritenute lesive delle prerogative regionali. Tra i tanti adempimenti prorogati di un anno (riassunti nel cronoprogramma pubblicato in pagina) i sindaci dei mini-enti dovranno tenerne a mente soprattutto due perché si tratta di termini perentori: la data entro cui i comuni fino a 1.000 abitanti dovranno avanzare alle rispettive regioni le loro proposte di unione e la data entro cui i governatori dovranno istituirle sulla base delle indicazioni degli enti o in modo autonomo in caso di mancanza di proposte da parte dei municipi. I due appuntamenti sono rinviati rispettivamente al 17 marzo e al 31 dicembre del 2013. Un tempo che dovrebbe essere sufficiente per adeguarsi alle nuove norme o affossarle del tutto. L’Anci, per esempio, plaude alla «sensibilità mostrata dal governo Monti» (così il presidente Graziano Delrio) ma auspica un ripensamento globale della disciplina dell’associazionismo «per non compromettere i processi già in atto da anni».

Francesco Cerisano

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