A seguito di puntuale verifica del corretto mantenimenti in bilancio dei residui attivi, questi ultimi si sono mostrati inesistenti, con obbligo del Comune di stralciarli dal bilancio. Tuttavia, il peggior manto del risultato di amministrazione rettificato dei residui stralciati non ha inciso sul risultato disponibile dell’Ente che è restato in ogni caso positivo. Quest’ultima condizione ha fatto si che la grave irregolarità contabile sul loro mantenimento sia venuta meno. Sono queste le conclusioni cui è pervenuta la Corte dei conti della Liguria (deliberazione n.94/2020).
Il caso
In ragione di una serie datata di residui attivi su finanziamenti regionali, il magistrato istruttore ha chiesto all’ente 1) il titolo giuridico dei suddetti residui attivi; 2) l’anno di primigenia iscrizione; 3) eventuale condivisione col debitore del riconoscimento dei medesimi sotto il profilo della esistenza (“an”) e del concreto ammontare (“quomodo”); 4) le attività e/o interlocuzioni volte ad ovviare a rischi di eventuale prescrizione; 5) le attività e/o iniziative finalizzate alla effettiva riscossione nonché i ragguagli sulla prevedibilità dei tempi di riscossione medesima. Dalla risposta dell’ente è emerso che i citati residui attivi si sono rivelati ultronei rispetto ai finanziamenti regionali effettivamente conseguiti e, in quanto insussistenti perché privi di titolo giuridico, ne è stata annunciata l’“eliminazione” in occasione del prossimo consuntivo 2020. L’amministrazione ha replicato, precisando che tali residui attivi sebbene correlati ad entrate risalenti agli esercizi 2009 e 2011, rivelatesi insussistenti per tale importo, sarebbe imputabile all’impossibilità di puntuale verifica delle rendicontazioni contabili e di collaudo, per complessità e pluralità degli interventi finanziati. In ragione della loro possibile insussistenza, in ogni caso, l’amministrazione ha mostrato che anche procedendo da subito alla loro eliminazione sul risultato 2019, il risultato disponibile, ossia libero, presentava in ogni caso sufficiente capienza tale da restare positivo.
La decisione del Collegio contabile
I giudici contabili hanno osservato il via preventiva come, la corretta e rigorosa gestione dei residui è fondamentale, ai fini del calcolo (e, quindi, della attendibilità) del risultato di amministrazione nei termini di cui all’art. 186, comma 1, D. lgs. 267/2000. Quest’ultimo, infatti, è pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi (art. 186, comma 1, del D. Lgs. 267/2000). E’, quindi, necessario e quindi ineludibile, che ai residui attivi corrispondano crediti esigibili ossia di certa riscossione, intesa quale estinzione dell’obbligazione verso l’ente pubblico. Ne deriva, al contrario, che la presenza di residui attivi inesigibili cui vanno equiparati quelli insussistenti perché ascritti ad entrate mancanti, in quanto, come nel caso di specie, già acquisite (Allegato 4.2, punto 9, 9.1, lett. c), D. Lgs. 118/2011), rende, evidentemente, inattendibile il risultato di amministrazione accertato con l’approvazione del rendiconto. Peraltro, quest’ultimo, potrebbe rivelarsi non negativo, rimanendo così inalterati gli equilibri, ove, anche scomputando l’importo dei residui inesigibili/insussistenti, ne consegua, in ogni caso, un avanzo di amministrazione positivo, con raggiungimento dello scopo (arg. ex art. 156, comma 3, c.p.c.) secondo il principio utile per inutile non vitiatur. Durante tale verifica, riguardante ciascun residuo senz’alcuna esclusione, l’ente è vincolato ad un comportamento prudente, evitando, in primo luogo, di conservare in bilancio crediti inesigibili o insussistenti, i quali verrebbero contemplati, in ogni caso, dallo “stato patrimoniale” di cui all’art. 230 D. Lgs. 267/2000, ascritto alla “Rilevazione e dimostrazione dei risultati di gestione” di cui al titolo VI del medesimo Decreto Legislativo. Infatti, il mantenimento di residui attivi eventualmente inesigibili nel conto del bilancio incide sull’attendibilità del risultato contabile di amministrazione e sulla formazione dell’avanzo di amministrazione che può risultare sussistente solo sotto il profilo contabile (art. 187 del Tuel). Dei residui attivi debbono, quindi, mantenersi solo le somme precedentemente accertate, in conformità all’art.179 del D.Lgs. n.267/2000, per le quali esiste ancora un titolo giuridico che renda l’ente locale creditore della correlativa entrata. L’inserimento nel rendiconto di un ente di residui attivi inesigibili o insussistenti è contrario ai fondamentali principi di certezza, veridicità ed attendibilità del bilancio.
L’attività di riaccertamento dei residui costituisce, da ultimo, un adempimento obbligatorio per legge (art. 228, co.3, del D. Lgs. n. 267/2000). Esso è caratterizzato da una azione propulsiva e di coordinamento da parte del responsabile del servizio finanziario e coinvolge tutti i dirigenti/responsabili di servizio i quali sono tenuti ad attestare, chiaramente, le ragioni del mantenimento in bilancio di tali poste e, quindi, a motivarne espressamente il mancato stralcio.
In conclusione, il risultato di amministrazione prospettato dall’amministrazione va decurtato, ai sensi del richiamato art. 186, comma 1, D. Lgs. 267/2000, dell’importo dei residui di che trattasi, perché insussistenti e perciò intrinsecamente inidonei a determinare il risultato di amministrazione.
Tuttavia, la suddetta decurtazione non rende negativo il risultato di amministrazione, perché, al contrario, in ogni caso capiente delle quote vincolate, destinate e accantonate ai sensi dell’art. 187, comma 1, quinto periodo. Non si determina, quindi, un “disavanzo di amministrazione” ai sensi dell’art. 187, comma 1, sesto periodo, D. Lgs. 267/2000, né alcuna situazione di squilibrio di bilancio rilevante ai fini dell’art. 148 bis, comma 3, D. Lgs. 267/2000.
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