L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 492 del 21 ottobre 2020, chiarisce l’ambito di applicazione, quale committente non commerciale, dell’articolo 17-bis del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, che prevede l’obbligo, da parte dell’appaltatore, del pagamento delle ritenute fiscali riguardanti i lavoratori impegnati nel singolo appalto. Inoltre, specifica come calcolare la soglia di euro 200.000 annui richiesta ai fini dell’applicazione del citato articolo. In tema di ritenute e compensazioni in appalti e subappalti, l’Agenzia chiarisce che nell’ipotesi di contratti “promiscui” stipulati da enti non commerciali (sia pubblici che privati), l’art. 17-bis del D.Lgs. n. 241/1997 si applica qualora il rapporto fra l’ammontare dei ricavi e altri proventi all’attività commerciale (numeratore) e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (denominatore), moltiplicato per il costo annuo pattuito per l’affidamento all’impresa del compimento di servizi generali funzionali sia all’attività istituzionale sia a quella commerciale, risulti di importo complessivo superiore ad euro 200 mila annui. Tale rapporto va determinato con riferimento ai ricavi del periodo d’imposta precedente a quello di inizio di esecuzione del contratto “promiscuo”. Resta fermo che, al superamento della soglia come sopra determinata, gli obblighi previsti dall’articolo 17-bis in esame si applicheranno con riferimento all’intero contratto. L’Amministrazione finanziaria precisa che per contratti “promiscui”, come nel caso di specie, si intendono i contratti di appalto riferiti all’acquisto di servizi comuni di tipo generale, funzionali sia all’attività istituzionale che a quella commerciale.
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