Ritenuta al 4% per i contributi anti Covid erogati dai comuni

il sole24ore
22 Ottobre 2020
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AIUTI ALLE IMPRESE
Se non esiste una esplicita disposizione che li esonera vale il trattamento ordinario Somme imponibili anche perché non sono destinate all’acquisto di beni strumentali
I contributi che i comuni erogano ad imprese per fronteggiare l’emergenza Covid sono imponibili e devono scontare, alla fonte, la ritenuta d’acconto del 4 per cento. Lo chiarisce la risposta 494 diffusa ieri dall’agenzia delle Entrate. In assenza di una espressa disposizione esonerativa (prevista invece per il contributo a fondo perduto del Dl 34/2020), i contributi in questione, non essendo destinati all’acquisto di beni strumentali, rientrano nell’ambito applicativo dell’articolo 28 del Dpr 600/1973.

La risposta 494 affronta il caso di un comune che, al fine di supportare le imprese a conduzione familiare colpite finanziariamente dalle chiusure imposte dalla manovra anti Covid, ha deliberato di erogare un contributo che è stato qualificato, dall’ente pubblico, come intervento sociale a sostegno di situazioni di bisogno.

Il quesito

Il comune chiede se risulti corretta l’applicazione della ritenuta alla fonte del 4% prevista dall’articolo 28 del Dpr 600/1973 in relazione ai contributi erogati ad imprese da regioni, provincie e comuni.

L’Agenzia sottolinea preliminarmente che le norme del testo unico riguardanti il reddito di impresa distinguono tra contributi in conto esercizio (destinati a coprire costi di esercizio o a integrare i ricavi), che rientrano nell’ambito dell’articolo 85 del Tuir (al pari dei contributi erogati in base a contratto) e contributi in conto capitale (non correlati a specifici fattori produttivi, ma finalizzati a un generico rafforzamento dei mezzi patrimoniali dell’impresa) che generano sopravvenienze attive ai sensi dell’articolo 88 del Tuir.

I primi sono imponibili secondo ordinarie regole di competenza, mentre i contributi in conto capitale sono tassati nell’esercizio di conseguimento oppure, a scelta del contribuente, per quote costanti fino a cinque esercizi.

La distinzione

I contributi in conto capitale si distinguono dai contributi cosiddetti in conto impianti, cioè finalizzati all’acquisto di beni ammortizzabili, che non sono specificamente regolati dal Tuir, dovendo concorrere al formare il reddito per derivazione secondo le regole contabili (Oic 16, paragrafo 88) e dunque in correlazione con le quote di ammortamento dei beni al cui acquisto sono stati destinati.

Di fatto, sia i contributi in conto esercizio che quelli in conto capitale e in conto impianti, sono ordinariamente imponibili in capo ai titolari di reddito di impresa, salvo che le norme che li disciplinano non ne sanciscano l’intassabilità.

La risposta

Venendo al caso oggetto di interpello, l’Agenzia sottolinea che l’articolo 28 del Dpr 600/1973 prevede che regioni, provincie e comuni ed altri enti devono operare una ritenuta d’acconto del 4% sull’ammontare di contributi di qualunque tipo erogati ad imprese salvo che in presenza di somme destinate all’acquisto di beni strumentali.

Nel caso del contributo erogato dal comune, non è rinvenibile nell’ordinamento una disposizione che ne escluda la imponibilità sicché troverà applicazione la disciplina ordinaria.

Inoltre, trattandosi di contributi che attuano un sostegno economico straordinario, ma che non sono correlati all’acquisto di beni strumentali, il comune dovrà applicare la ritenuta alla fonte del 4 per cento.

Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.

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