di Alessandro Festa e Elena Masini
Nell’ambito delle operazioni di scomposizione del risultato di amministrazione 2018 gli enti si trovano di fronte a un nodo da sciogliere: in quale voce dell’avanzo allocare gli eventuali proventi che derivano dal rilascio dei permessi di costruire e relative sanzioni non utilizzati. Avanzo vincolato o avanzo destinato? Il comma 460 della legge 232/2016 Innovando la precedente disciplina, il comma 460 dell’articolo 1 della legge 232/2016 ha previsto che «A decorrere dal 1° gennaio 2018, i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alla realizzazione e alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate, a interventi di riuso e di rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni abusive, all’acquisizione e alla realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, nonché a interventi volti a favorire l’insediamento di attività di agricoltura nell’ambito urbano e a spese di progettazione per opere pubbliche». La finalizzazione di queste entrate a un elenco predefinito di spese (siano esse correnti o di investimento) pare avere mutato la natura dei proventi, in precedenza genericamente destinabili a tutte le spese in conto capitale e come tali collocati tra i fondi destinati del risultato di amministrazione. La Faq n. 28/2018 di Arconet Secondo la Commissione Arconet (Faq n. 28/2018), «l’art. 1, comma 460, della legge 11 dicembre 2016 n. 232 individua un insieme di possibili destinazioni, la cui scelta è rimessa alla discrezionalità dell’ente. Si ritiene pertanto che tale elenco, previsto dalla legge, non rappresenti un vincolo di destinazione specifico ma una generica destinazione ad una categoria di spese». Ne consegue che, secondo l’interpretazione fornita da Arconet, i proventi dell’attività edilizia non devono essere considerati vincolati di cassa, in quanto l’elencazione delle spese contenute nel comma 460 non è idoneo ad imporre un vincolo puntuale di destinazione, lasciando l’ente libero di decidere nell’ambito di una pluralità di spese comunque perimetrate dal legislatore. Già la Corte dei conti – Sezione Autonomie, con deliberazione n. 31/2015aveva precisato che il vincolo di cassa sussiste unicamente laddove vi sia un vincolo irreversibile di destinazione a garanzia del raggiungimento della finalità pubblica programmata, con finanziamento della spesa da parte di un soggetto terzo o tramite indebitamento. Quale natura assegnare agli oneri di urbanizzazione? Acclarato, sulla scorta dei chiarimenti di Arconet, che i proventi dell’attività edilizia non sono vincolati di cassa, occorre stabilire se per questi oneri sussista comunque un vincolo di competenza e come tali debbano essere allocati tra i fondi vincolati da leggi e principi contabili del risultato di amministrazione oppure tra i fondi destinati. A favore della prima soluzione depone la considerazione secondo cui il comma 460 della legge 232/2016 ha sottratto tali entrate dalla loro generica destinazione per spese di investimento, imponendo che siano utilizzate per una categoria più ristretta di spese che abbraccia non sono le spese in conto capitale ma anche le spese correnti. Va rilevato, a onor del vero, che questa categoria di entrate rappresenta una via intermedia tra i fondi vincolati a spese ben individuate (spese finanziate da mutuo o da contributo), per le quali i principi contabili hanno introdotto percorsi privilegiati di utilizzo e i fondi destinati a spese generiche di investimento, il cui impiego viene assimilato ai fondi liberi, stante anche l’assenza di un obbligo di rendicontazione. Allocare tali entrate nei fondi destinati del risultato di amministrazione, però, risulterebbe non conforme al disposto normativo, nella misura in cui gli enti diventerebbero liberi di utilizzarle per tutto il genus degli investimenti (anche autovetture o computer, non ammessi dal comma 460) e, inoltre, non potrebbero essere utilizzati per finanziare le spese correnti come la manutenzione ordinaria delle urbanizzazioni primarie e secondarie. Nei fondi vincolati quindi dovranno confluire non solo i proventi accertati nel 2018 e non utilizzati, ma anche i proventi che residuano dalle gestioni precedenti. Il comma 460 infatti non esalta il momento dell’accertamento dell’entrata quanto piuttosto la sua destinazione, con ciò attraendo nella nuova disciplina anche tutte le somme non spese alla data del 31 dicembre 2017. Si auspica, quindi, che per tutti i casi in cui la legge vincola l’utilizzo di entrate a spese generiche il legislatore chiarisca se l’ente potrà utilizzarli alla stregua delle quote di mutuo o di contributo confluite in avanzo, stante l’assenza di scadenze o di rendicontazioni che non ne giustificano l’utilizzo tempestivo.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento