Ristorazione nelle mense scolastiche, Iva ordinaria per i servizi accessori

20 Ottobre 2022
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In un appalto costituito in via principale dal servizio di ristorazione scolastica nelle scuole, le prestazioni secondarie, come la disinfestazione, la derattizzazione e i servizi di riparazione e manutenzione, non possono essere considerate componenti di un unico servizio e scontare la stessa aliquota Iva prevista per la prestazione principale. Di conseguenza, l’aliquota Iva ridotta, nella misura del 4%, potrà essere applicata alla sola attività di ristorazione, mentre le prestazioni secondarie dovranno essere fatturate autonomamente e scontare l’aliquota propria. È la sintesi della risposta n. 520 del 19 ottobre 2022 dell’Agenzia.

Il Comune istante fa sapere che l’appalto è stato suddiviso in lotti con prestazioni omogenee affidati a operatori economici associati come raggruppamento temporaneo di imprese di tipo verticale (in sintesi quello utilizzato quando sono richieste competenze diverse da quelle dell’impresa mandante). Fa sapere inoltre che nella definizione del costo pasto stabilito nella gara sono incluse diverse voci, fra cui il costo del personale, quello delle derrate alimentari e non alimentari, le spese generali, gli interventi di derattizzazione e disinfestazione, nonché eventuali prestazioni di pronto intervento e piccola manutenzione.

In sostanza, essendo il costo riferibile a un’attività principale di ristorazione e a due attività secondarie una per la riparazione e l’altra per la disinfestazione e la derattizzazione, il Comune vuole sapere se può considerare queste attività come componenti di un unico servizio e se può chiedere alle imprese aggiudicatarie di procedere con la fatturazione separata delle attività accessorie e applicare a queste ultime la stessa aliquota Iva dell’attività principale (pari al 4%).

L’Agenzia chiarisce, in base ai principi espressi dalla normativa, prassi e giurisprudenza, che per non assoggettare autonomamente ad Iva una cessione o una prestazione di servizi “accessoria” è necessario che l’operazione “secondaria” integri e renda possibile quella principale, sia resa dallo stesso soggetto dell’operazione principale, sia resa nei confronti del medesimo soggetto, cessionario o committente, come ampiamente chiarito dalla prassi (risposta n. 163/2020, risoluzioni n. 283/2009, n. 337/2008, 367/2008, n. 229/2007).

Non è dunque sufficiente una generica utilità della prestazione accessoria con l’attività principale essendo necessaria una vera e propria integrazione (risposta n. 306/2020, risoluzioni n. 88/2001 e n. 25/2021).

Viene richiamata anche la giurisprudenza comunitaria, secondo cui una prestazione è accessoria ad un’altra “quando essa non costituisce perla clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore” (causa C-463/16, causa C-208/15, causa C-42/14, causa C-349/96).

L’Agenzia in definitiva, alla luce del quadro delineato, ritiene che nel caso in esame le prestazioni “secondarie” non possano qualificarsi accessorie a quella “principale”, in quanto non vengono rese né direttamente dallo stesso soggetto che effettua la prestazione principale né tantomeno per suo conto o a sue spese come prevede, fra l’altro l’articolo 12 del Dpr n. 633/1972 e la numerosa prassi citata.
In mancanza del requisito soggettivo e considerando che le imprese riunite conservano la propria autonomia e sono tenute ad assolvere agli obblighi di fatturazione nei confronti dell’impresa appaltante, le prestazioni secondarie saranno soggette ad aliquota Iva propria, mentre l’attività principale della ristorazione potrà fruire dell’aliquota Iva ridotta nella misura del 4 per cento.

Fonte: Agenzia delle Entrate

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