Risponde il genitore e non il comune dell’incidente del bimbo sul parco giochi

A seguito della caduta della figlia, in un parco giochi di un ente locale, il genitore ha richiesto il risarcimento dei danni subiti a quest’ultimo, a suo dire colpevole di non aver reso il gioco accessibile e con la dovuta preventiva manutenzione.

27 Aprile 2022
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Il genitore che accusa il comune e ne chiede il risarcimento del danno per i danni subiti dalla figlia, a causa della caduta da un gioco, esistente all’interno di un parco comunale, sul quale risultava presente una sostanza oleosa, che impediva una presa adeguata dello stesso è restato a bocca asciutta. La Cassazione (Ordinanza n.12549/2022) ha, infatti, considerato inammissibile la doglianza del genitore, che aveva perso in primo e in secondo grado, essendo stato lui considerato colpevole per la mancata vigilanza sulla figlia.

La vicenda

A seguito della caduta della figlia, in un parco giochi di un ente locale, il genitore ha richiesto il risarcimento dei danni subiti a quest’ultimo, a suo dire colpevole di non aver reso il gioco accessibile e con la dovuta preventiva manutenzione. Infatti, ha dimostrato come l’incidente occorso alla figlia fosse dipeso da una sostanza oleosa tale da impedire una presa adeguata. Il Tribunale di primo grado ha respinto la domanda risarcitoria. Tale rigetto veniva confermato anche dalla Corte di appello che ha ritenuto il Comune esente da ogni responsabilità per l’accaduto, da ascrivere, invece, agli adulti che avrebbero dovuto vigilare sulla minore. Avverso la sentenza ricorrono in Cassazione il padre e la stessa figlia che aveva subito l’incidente nel frattempo divenuta maggiorenne. A dire di quest’ultima, vi sarebbe stata assenza di sicurezza dei giochi, per la presenza, oltre che della sostanza oleosa, di radici arboree che rendevano disomogeneo il tappeto di gomma posto a protezione dalle cadute, nonché per la scarsa manutenzione della struttura.

Il rigetto

I giudici di Piazza Cavour hanno rigettato il ricorso ritenendolo inammissibile per due diverse e concorrenti ragioni. La prima in quanto i ricorrenti danno per accertato un fatto, ossia la presenza sul gioco della sostanza oleosa, che la sentenza ha invece ritenuto non provato. La seconda ragione in quanto la Corte di appello di è conformata alle indicazioni del giudice di legittimità secondo cui “l’utilizzo delle strutture esistenti in un parco giochi — a meno che non risulti provato che le stesse erano difettose e, come tali, in grado di determinare pericoli anche in presenza di un utilizzo assolutamente corretto ” — non si connota, di per sé, “per una particolare pericolosità, se non quella che normalmente deriva da simili attrezzature, le quali presuppongono, comunque, una qualche vigilanza da parte degli adulti ” , i quali, «in un parco giochi”, devono “avere ben presenti i rischi che ciò comporta, non potendo poi invocare come fonte dell’altrui responsabilità, una volta che la caduta dannosa si è verificata, esistenza di una situazione di pericolo che egli era tenuto doverosamente a calcolare ” (tra le tante: Cass. Sez. 3, sent. 25 agosto 2014, n. 18167).

 

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