L’ente locale può partecipare ad una fondazione, ma nel caso di attività non istituzionali l’istituto giuridico è quello dell’istituzione. Nel regolamento dei rapporti finanziari l’ente locale non potrà prevedere condizioni che prevedano il riassorbimento delle perdite, in quanto detta possibilità è prevista solo nell’ambito di partecipazioni di natura societaria rimanendo espressamente esclusa per le fondazioni (art.1, comma 4, lett. b), D. Lgs. 175/2016). Queste sono le conclusioni contenute nella deliberazione n. 130/2020 della Corte dei conti del Veneto.
La richiesta di parere
Un Sindaco ha chiesto ausilio ai giudici contabili sulla possibilità da parte dell’ente locale di costituire, in qualità di socio co-fondatore con un soggetto privato, una fondazione con finalità non strettamente rientranti tra quelle istituzionalmente spettanti alla titolarità comunale (in ambito sanitario) e se sia possibile, tra le condizioni prevedere un suo equilibrio economico-patromoniale.
La risposta del Collegio contabile
Ricordano i giudici contabili veneti come la Legge di stabilità per il 2014 abbia abrogato i vincoli da parte degli enti locali con popolazione inferiore ai 30.000 abitanti di partecipazione in enti privati non commerciali e di mantenere partecipazioni in organismi societari. Tuttavia, alcune limitazioni sono restate per le fondazioni, così come previsto dal d.lgs. 175/2016, recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, che, regolando aspetti di razionalizzazione societaria in funzione di contenimento della spesa pubblica, ha precisato che “restano ferme” “le disposizioni di legge riguardanti la partecipazione di amministrazioni pubbliche a (…) fondazioni” (art. 1, comma 4, lett. b).
In merito alla partecipazione dell’ente locale in fondazioni le disposizioni legislative di riferimento sono previste dagli artt. 14 e ss. c.c., le quali rimanengono distinte dai moduli prettamente societari (art. 13 c.c.).
La fondazione, anche di partecipazione, costituisce, sul piano strutturale, un’istituzione di diritto privato originata da un atto unilaterale con il quale il fondatore, o una pluralità di atti unilaterali nel caso di co-fondatori, si spoglia di un complesso di beni imprimendo al patrimonio trasferito uno scopo, non lucrativo, e definisce le modalità organizzative per raggiungerlo. La “sufficienza” patrimoniale rispetto al soddisfacimento dello scopo prescelto, declinata nei termini di “adeguatezza” quale condizione per il riconoscimento della personalità giuridica ai sensi dell’art. 1, comma 3, D.P.R. 361/2000, costituisce presupposto dell’esistenza stessa della fondazione, atteso che, ai sensi degli artt. 27 e 28 c.c., il suo venir meno determina l’insorgere dell’alternativa tra la dichiarazione di estinzione e l’obbligatoria trasformazione della fondazione da parte dell’autorità governativa. In questo caso il rapporto finanziario tra ente locale e fondazione, quale strumento gestionale prescelto per l’esercizio di funzioni pubbliche, si deve esaurire nell’atto costitutivo del nuovo soggetto, salvo eventuali contributi, predeterminati da una specifica convenzione di servizio sulla base di un accertato e motivato interesse pubblico che il Comune abbia il compito di soddisfare e fermo restando il rispetto della disciplina in materia di erogazioni di risorse pubbliche a favore dei privati. L’ipotesi di una contribuzione “a regime” occorrente per colmare le perdite a cui la fondazione vada incontro e garantirne l’equilibrio economico-finanziario, altrimenti non salvaguardabile, non si concilia, pertanto, con l’istituto attivato dall’ente. L’altro principio fondamentale per il quale il Comune possa partecipare ad una fondazione è rappresentato dalla coerenza della fondazione con l’esercizio di funzioni fondamentali o amministrative assegnate agli Enti locali. Tale coerenza deriva dalla preclusione che risorse finanziarie dell’ente locale siano destinate a funzioni estranee od ultronee all’ente medesimo, eludendo specifici vincoli funzionali di destinazione di spesa pubblica. Nel caso del Comune si è al di fuori del paradogma legislativo, essendo la partecipazione posta al di fuori dei fini istituzionali propri dell’ente locale. In questo caso, lo strumento ordinario è, invece, quello dell’istituzione. In particolare l’art.114, comma 2, D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 stabilisce che “L’istituzione è organismo strumentale dell’ente locale per l’esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale”. Sul piano procedimentale, la differenza tra il ricorso alla fondazione di partecipazione e quello all’istituzione di cui all’art. 114, comma 2, D. Lgs. 267/2000 (o a forme di fondazione previste per legge) si appunta sugli obblighi di motivazione. Mentre infatti, in quest’ultimo caso, proprio perché legislativamente contemplato, la motivazione è in re ipsa per il semplice attingimento a tale strumento normativo, diversamente, nel caso della fondazione di partecipazione così come dell’azienda speciale che gestisca servizi sociali, dovranno esplicitarsi dettagliatamente nel provvedimento le ragioni giuridiche e fattuali a supporto di tale opzione.
Nel caso in cui dovesse essere ammessa la costituzione di una fondazione, l’ente locale non può accollarsi l’onere di ripianare le perdite gestionali di una fondazione perché deve necessariamente farvi fronte la fondazione stessa attraverso il suo patrimonio, rimanendo estranea a tale fattispecie l’art. 21, comma 3-bis, D. Lgs. 175/2016, operando la suddetta condizione esclusivamente in caso di partecipazioni in ambito strettamente societario, rimanendone escluse le fondazioni alla luce del citato art. 1, comma 4, lett. b), D. Lgs. 175/2016.
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