Il servizio di consulenza della Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia risponde al seguente quesito posto da un comune.
Il Comune chiede un parere relativo alla possibilità, da parte di un componente della commissione edilizia comunale, di rinunciare al proprio gettone di presenza.
La legge regionale 11 novembre 2009, n. 19 (Codice regionale dell’edilizia), all’articolo 7, comma 2, lett. a), prevede che “il regolamento edilizio disciplina, salvi gli ulteriori contenuti prescritti dalle altre leggi di settore aventi incidenza sulla materia edilizia e igienico-sanitaria, le attività di costruzione e di trasformazione fisica e funzionale delle opere edilizie, definendo in particolare: a) la composizione, il funzionamento e le competenze della commissione edilizia comunale, qualora istituita dal Comune”.
L’articolo 28 del regolamento edilizio comunale, al primo comma, recita: “E’ istituita la Commissione Comunale di Edilizia, composta da n° 5 membri nominati dalla Giunta Comunale scelti tra persone che abbiano competenza tecnica, estetica, amministrativa in materia edilizia e urbanistica”. L’ultimo comma del medesimo articolo prevede, poi, che “ai membri è attribuito un gettone di presenza in misura uguale a quello previsto per le Commissioni comunali.”[1]
Ciò premesso, non si ravvisano motivi ostativi alla rinuncia del compenso in questione; detta rinuncia, se risultante da dichiarazione scritta ed assunta al protocollo dell’Ente, comporterà la non erogazione da parte del Comune del relativo gettone al componente rinunciatario dello stesso.
La riscossione di detti emolumenti, infatti, si configura quale diritto soggettivo disponibile cui è pertanto possibile, da parte del suo titolare, rinunciare. Il percepimento del gettone in riferimento non è annoverabile tra i diritti di cui all’articolo 2113 c.c. il quale prevede che: “Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile[2], non sono valide”[3]. Dall’analisi letterale della disposizione citata emerge, infatti, la non riconduzione dei gettoni di presenza percepiti dai componenti della commissione edilizia comunale nell’alveo della norma medesima[4].
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[1] Per completezza espositiva si ricorda che la deliberazione della Giunta regionale n. 1193 del 24 giugno 2011, la quale reca la disciplina relativa alle indennità ed ai gettoni di presenza, nonché ai rimborsi delle spese di viaggio, vitto ed alloggio per gli amministratori degli enti locali della Regione Friuli Venezia Giulia non prevede, espressamente, un’indennità per i componenti delle commissioni comunali diverse da quelle consiliari. Come rilevato in precedenti pareri rilasciati dallo scrivente ufficio “si ritiene, al riguardo, che rientri nella discrezionalità dell’Amministrazione stabilire se attribuire i gettoni di presenza ai componenti, sia interni che esterni, delle commissioni comunali” (così parere del 28 novembre 2014, prot. n. 30693).
[2] L’articolo 409 c.p.c. recita: “Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a:
1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all’esercizio di una impresa;
2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie;
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato. La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa;
4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica;
5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreché non siano devoluti dalla legge ad altro giudice”.
[3] In questo senso si è espresso, benché con riferimento al gettone di presenza spettante agli amministratori locali, il Ministero dell’Interno, con parere del 30 agosto 2008 nel quale si afferma che: “il beneficio economico in parola non è assimilabile a redditi di lavoro e non è, quindi, soggetto alla previsione recata dall’art. 2113 del codice civile, che fa divieto di rinunciare a diritti derivanti da prestazioni di lavoro”. A sostegno della ammissibilità della rinuncia all’indennità di funzione e ai gettoni di presenza da parte degli amministratori locali si vedano, anche, i pareri dell’ANCI del 19 settembre 2019 e dell’8 febbraio 2018 ove si afferma che: “La riscossione di detti emolumenti si configura quale diritto soggettivo disponibile, conseguentemente è consentito che gli stessi amministratori possano rinunciare […] al loro percepimento”. Un tale riconoscimento è stato, implicitamente, compiuto anche dalla Corte dei Conti: si vedano, al riguardo, Corte dei Conti, Lombardia, sez. contr., deliberazione dell’8 febbraio 2017, n. 18; Corte dei Conti, Lazio, sez. contr., deliberazione del 20 settembre 2016, n. 102 e Corte dei Conti, Molise, sez. contr., deliberazione del 30 luglio 2014, n. 145.
[4] Né rileva, a tali fini, il disposto di cui all’articolo 50, comma 1, lett. f), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 il quale assimila “i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni, sempreché le prestazioni non siano rese da soggetti che esercitano un’arte o professione di cui all’articolo 49, comma 1, e non siano state effettuate nell’esercizio di impresa commerciale,[…]” ai redditi di lavoro dipendente, atteso che trattasi di disposizione valida ai soli effetti fiscali.
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