Società a controllo pubblico
Il controllo nei confronti di una società può essere di diritto, di fatto ed esterno, secondo le disposizioni di cui all’art. 2359 c.c.. In particolare, si definisce controllo di diritto la situazione nella quale in una società “un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria. Si ha controllo di fatto la situazione nella quale in un organismo societario “un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria”. Infine, per controllo esterno si definisce la situazione nella quale “le società […] sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa”.
Il Collegio contabile, con precedenti indirizzi resi in occasione del controllo dei Piani di ricognizione ordinaria delle partecipazioni societari, ha avuto modo di precisare che risulta sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delle “società a controllo pubblico”, rilevante quale ambito di applicazione, soggettivo o oggettivo, di alcune disposizioni del d.lgs. n. 175 del 2016, che una o più amministrazioni pubbliche dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 del codice civile. Tale precisazione è coerente con le indicazioni della Sezione delle Autonomie (deliberazione n. 29/2019) secondo cui se la sommatoria delle partecipazioni pubbliche è pari a 100, è pacifica la sussistenza del controllo. Infatti, la presenza di soli soci pubblici, tutti con interessi tra loro indubitabilmente convergenti, pur in assenza di coordinamento istituzionale formalizzato, rende del tutto illogica e immotivata la pretesa di insussistenza del controllo pubblico. La totale partecipazione al capitale si riflette, dunque, sul pieno controllo pubblico sia assembleare che amministrativo della società. Donde la piena assoggettabilità di tale tipologia di società ad assetto societario interamente pubblico alla vigente disciplina di cui al d.lgs. n. 175 del 2016.
Il Consiglio di Stato ha affermato che “[…] in caso di società le cui partecipazioni [siano] possedute tra plurimi soci enti pubblici, un simile controllo per essere qualificabile come congiunto debba fondarsi e tradursi per forza in atti formali appare più che dubbio. Nessuna disposizione del TUSP lo prevede (come non lo prevede neppure l’art. 2341-bis c.c. sui patti parasociali, che possono essere stipulati “in qualunque forma”) e in assenza di una previsione ad hoc dovrebbe valere semmai il principio della libertà delle forme. A questo si aggiunga come, per più versi, sia nel TUSP del 2016 che nella legislazione successiva, la pubblica amministrazione, quale soggetto che esercita il controllo, è stata ed è intesa “unitariamente”, il che dovrebbe rilevare anche ai fini dell’art. 2359 c.c.; nel senso che, per accertare se ricorra l’ipotesi più semplice di cui al n. 1 del comma 1, basterebbe allora che il soggetto “Pubblica amministrazione” unitariamente inteso disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria. […]
Ancora, si possono richiamare, se non proprio come fonti almeno come (forti) argomenti a sostegno, orientamenti espressi dal Dipartimento del Tesoro del MEF, come quello citato anche dall’Autorità (della Direzione istituita ai sensi dell’art. 15 del TUSP) del 15.2.2018 secondo il quale al controllo esercitato dalla Pubblica Amministrazione sulle società appaiono riconducibili non soltanto le quattro fattispecie previste dall’art. 2, 1° comma, lett. b), del TUSP, “ma anche le ipotesi in cui le fattispecie di cui all’art. 2359 c.c. si riferiscono a più Pubbliche Amministrazioni, le quali esercitano tale controllo congiuntamente e mediante comportamenti concludenti, pure a prescindere dall’esistenza di un coordinamento formalizzato”, in quanto – si aggiunge – “la Pubblica Amministrazione”, quale ente che esercita il controllo, [è] stata intesa dal legislatore del TUSP come soggetto unitario, a prescindere dal fatto che, nelle singole fattispecie, il controllo di cui all’art. 2359, 1° comma, n. 1), 2) e 3), faccia capo ad una singola Amministrazione o a più Amministrazioni cumulativamente”. Di “comportamenti paralleli”, quale modalità alternativa a quella dell’accordo attraverso cui è possibile realizzare (e dimostrare) il controllo congiunto da parte di una pluralità di pubbliche amministrazioni tutte titolari di una parte del capitale sociale, si è detto anche in un parere del Consiglio di Stato del 4.6.2014, n. 1801 (Sez. I, adunanza del 16.4.2014)”.
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