Prove, per gli enti locali è un test

ItaliaOggi
5 Settembre 2022
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di SERGIO TROVATO (ItaliaOggi Sette – 05/09/2022) – In collaborazione con Mimesi s.r.l.

Gli effetti della riforma del processo tributario in merito alla fondatezza degli atti impositivi
Motivazioni puntuali per soddisfare l’inversione dell’onere
Onere della provaa carico anche delle amministrazioni locali per dimostrare la fondatezza degli atti impositivi. Se mancano le ragioni oggettive della pretesa tributaria l’atto deve essere annullato e di conseguenza un ruolo fondamentale è affidato alle motivazioni. In caso di domanda di rimborso, spetta al contribuente provare di averne diritto. È una delle novità introdotte con l’articolo 6 della cosiddetta riforma del processo tributario (il ddl “Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributario”). Dunque, inversione dell’onere della prova, con elementi puntuali e circostanziati, a sostegno delle pretese fiscali, anche per gli accertamenti esecutivi emanati dagli enti locali. Il legislatore, con la riforma del processo tributario, ha modificato alcune disposizioni contenute nel decreto legislativo 546/1992. In particolare, ha aggiunto il comma 5 bis all’articolo 7 della suddetta disciplina processuale. Il comma 5 bis, infatti, prevede che l’amministrazione: «prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizioe annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza mancaoè contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziatoe puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositivae l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati». Motivazione degli atti e prove.

Come si conciliano queste presunzioni con la nuova regola processuale che pone in capo all’amministrazione pubblica, anche locale, l’obbligo di provare in modo circostanziatoe puntuale la fondatezza della pretesa? L’onere di fornire idonee prove non può che essere assolto attraverso la motivazione, in fatto e in diritto, degli atti impositivi, che consentono al destinatario dell’atto di conoscere le violazioni contestate e le norme di legge violate. Sicuramente, i giudici porranno una maggiore attenzione all’adeguatezza della motivazione, spesso disattesa dagli enti impositori. Quasi tutti gli atti hanno una motivazione fin troppo succinta o addirittura assente. I funzionari degli enti locali dovranno osservare sicuramente meglio l’obbligo di motivazione e fornire al destinatario tutti gli elementi utili per un’efficace difesa. E, al contempo, rispettare il nuovo adempimento che la legge processuale richiede all’ente impositore. Un’idonea motivazione contiene al suo interno anche la dimostrazione delle violazioni contestate. Per esempio, se l’amministrazione contesta la violazione dell’obbligo di dichiarazione per l’Imu, spetta al contribuente produrre la documentazione che attesti l’eventuale adempimento. Così come, se l’ente accerta l’omissione del versamento dell’imposta, la prova di non aver commesso la violazione deve essere prodotta dall’interessato. Lo stesso vale per la Tari. L’occupazione o la detenzione dell’immobile fa presumere, ex lege, la produzione dei rifiuti. In caso di omessa dichiarazione e di omesso pagamento della tassa, non può che essere il contribuente a dimostrare che l’immobile non è stato occupato o che è, come recita la norma di legge, insuscettibile di produrre rifiuti, perché in stato di abbandono, intercluso, inagibile o inabitabile. In materia di tributi locali, l’obbligo di motivazione può essere rispettato con il semplice richiamo nell’atto applicativo di un provvedimento amministrativo generale, ancorché non allegato. La Corte di cassazione, con la sentenza 39794/2021, ha chiarito che un atto impositivo può ritenersi motivato anche con il semplice richiamo di un provvedimento generale adottato dall’amministrazione comunale, che si presume conosciuto o comunque conoscibile dal contribuente. Nell’avviso di accertamento Imu è sufficiente che l’ente indichi la delibera di giunta che contiene la determinazione dei valori minimi delle aree edificabili, per motivare il quantum preteso.È legittima la motivazione per relazione che fa riferimento a un atto generale, per il quale non è imposto l’obbligo di allegazione all’avviso di accertamento. Per i giudici di legittimità, la delibera non necessariamente deve essere allegata all’avviso o in esso riprodotta, trattandosi di un atto giuridicamente noto. Nella motivazione della sentenza viene richiamato l’articolo 7 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000). Per la Suprema corte, «l’avviso d’accertamento che fa riferimento alla delibera della giunta comunale contenente la determinazione dei valori minimi delle aree edificabili, comprensiva di quella oggetto di imposizione, deve ritenersi sufficientemente motivato in quanto richiamante un atto di contenuto generale avente valore presuntivo e da ritenersi conosciuto (o conoscibile) dal contribuente». Per gli Ermellini (ordinanza 26350/2021), l’obbligo di motivare l’avviso di accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa fiscale in tutti i suoi elementi essenzialie di contestare efficacemente l’an e il quantum dell’imposta. Di recente, il principio che l’amministrazione comunale si possa avvalere di presunzioni relative è stato ribadito dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, seconda sezione bis, con la sentenza 10889 del 2 agosto 2022, che ha sostenuto che le deliberazioni dei valori delle aree edificabili adottate dalle amministrazioni comunali, per la determinazione dell’Imu, sono fondate su presunzioni.E spetta ai contribuenti fornire le prove per dimostrare che le stime dei valori degli immobili non sono congrue. Non sono sufficienti le contestazioni generiche e assertive, occorrono le prove contrarie. Secondo il giudice amministrativo, per la domanda di annullamento della deliberazione di stima dei valori delle aree edificabili «è necessaria l’allegazione comprovata di un diverso valore di riferimento da parte di coloro che abbiano interessea contestarne il contenuto e tale prova va data non già con mere presunzioni, ma con piena dimostrazione di un diverso valore venale». Mentre, le relazioni e le perizie che la ricorrente ha allegatoa fondamento di un preteso minor valore delle aree sono meramente generiche. Ciò comporta l’inversione dell’onere della prova nel rapporto d’imposta.

* Articolo integrale pubblicato su Ilsole24ore del 5 settembre 2022.

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