Profili applicativi sul rispetto dei tempi medi di pagamento. Nuova circolare del MEF (prima parte)

8 Aprile 2024
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%
È stata pubblicata la circolare n. 5 del 5 aprile 2024 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avente ad oggetto i seguenti quattro profili applicativi della disciplina sui tempi medi di pagamento:
1) la definizione della natura commerciale o non commerciale delle transazioni;
2) la possibilità di estendere i termini di pagamento, come previsto dall’art. 4, comma 4, del decreto legislativo n. 231 del 2002;
3) l’adozione da parte delle amministrazioni dei piani relativi ai flussi di cassa; 4) l’audit interno e le funzioni di controllo dei ministeri.

Natura commerciale o non commerciale delle transazioni

La questione oggetto di corretta interpretazione riguarda la preliminare definizione di “transazione commerciale” cui applicare obbligatoriamente il rispetto della normativa sui tempi medi di pagamento. Secondo la Cassazione (sentenza n. 5803/2019) “la nozione di “transazione commerciale”, di ispirazione comunitaria, in assenza di limitazioni deve essere intesa in senso lato, come ricomprendente tutte le prestazioni di servizio, e pertanto anche i contratti di utilizzazione di beni collegati o connessi ad un rapporto
commerciale, ivi ricompresi i contratti di locazione (e di affitto)”.

Ai fini del rispetto dei tempi medi di pagamento il decreto legislativo n. 231/2002 precisa che la norma si riferisce alle “transazioni commerciali” intercorrenti tra imprese e tra imprese e pubblica amministrazione. Il legislatore nazionale (legge n.81/2017), inoltre, ha ampliato il concetto di transazione commerciale, estendendo al rapporto tra PA e imprese, anche quello tra lavoratori autonomi e PA, precisando all’art.2, comma 1, della legge n.81/2017 che “Le disposizioni del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, si applicano, in quanto compatibili, anche alle transazioni commerciali tra lavoratori autonomi e imprese, tra lavoratori autonomi e amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, o tra lavoratori autonomi, fatta salva l’applicazione di disposizioni più favorevoli”. Pertanto, spetta alla singola PA valutare la fattispecie di spesa che, pur correlate con l’emissione di una fattura elettronica, potrebbero non rientrare nell’alveo delle transazioni commerciali. Ai fini della valutazione, la circolare del Mef ricorda i seguenti elementi essenziali che devono essere necessariamente ricompresi:

La presenza di un contratto, comunque denominato, il quale dia luogo ad un rapporto di tipo commerciale. Così, ad esempio, non sarebbero riferibili a transazioni commerciali le fatture emesse a fronte di un mero trasferimento di risorse finanziarie o a rimborso effettuato in fase di rendiconto della spesa, anziché per l’effettiva prestazione di un servizio;
Necessità che la controparte della pubblica amministrazione sia un’impresa, intesa nell’accezione più ampia che ricomprende anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti.

In ogni caso, dovranno essere esclusi a) i debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito; b) i pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati, a tale titolo, da un assicuratore.

La possibilità di aumentare i tempi medi di pagamento

In linea generale il periodo di scadenza delle fatture emesse nei confronti di una pubblica amministrazione è di 30 giorni, estensibile a 60 giorni nel settore sanitario, ovvero in settori diversi da quello sanitario, in relazione alla specifica natura del rapporto contrattuale. La normativa europea, tradotta nella legge italiana, prevede la possibilità di poter allungare i termini di pagamento, nel limite massimo di 30 giorni. Infatti, l’art.4, comma 4, del d.lgs. n.231/2002 stabilisce che “Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2 (ndr 30 giorni), quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini di cui al comma 2 non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto”.

A seguito del monitoraggio effettuato nell’anno 2023, è emerso che diverse PA abbiano indicato, per mero errore in fase di registrazione dei documenti contabili, tempi medi di pagamento sulla PCC superiori ai 30 giorni previsti dalla normativa. Al fine di evitare il perdurare di tali errori, a causa del target PNRR previsto per l’anno 2024, oggetto di rendicontazione nel primo trimestre del 2025, gli Enti dovranno porre attenzione nel giustificare termini superiori ai 30 giorni, escludendo in ogni caso termini superiori ai 60 giorni non consentiti dalla normativa. In particolare, un eventuale termine superiore a 30 giorni, nel limite massimo di ulteriori 30 giorni previsto dalla normativa, dovrà soddisfare i presupposti enunciati sia dalla direttiva che dalla normativa nazionale, ossia deve essere espressamente previsto nella gara e giustificato in ragione della particolare “natura del contratto” o di “talune sue caratteristiche”, oltre ad essere inserito obbligatoriamente all’interno del contratto disciplinante il rapporto tra PA e impresa.

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento