La questione nasce dall’ausilio richiesto da un ente locale in merito all’opportunità di addivenire ad una transazione con la parte avversa al fine di evitare, in caso di appello, la conferma di un giudizio sfavorevole. La Corte dei conti della Campania (deliberazione n.31/2022) pur giudicando il quesito inammissibile, ha fornito le coordinante essenziali affinché un ente locale possa concludere una transazione. D’altra parte, rilevano i giudici contabili, è stato chiarito che, sui quesiti relativi alla legittimità della transazione, la magistratura contabile ha avuto modo di precisare che “non può pronunciarsi in ordine alla ragionevolezza, intesa in termini di opportunità e di convenienza per l’Ente, di una potenziale transazione” (tra le tante Corte dei conti della Lombardia deliberazioni n.161/2013 e 158/2016).
Presupposti e limiti alle transazioni
Secondo il Collegio contabile sono stati nel tempo, da parte dei magistrati contabili, definiti i presupposti e limiti entro i quali le amministrazioni pubbliche possono stipulare contratti di transazione. Da un punto di vista civilistico, la transazione (art. 1965 c.c.) è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti. Va rilevato come, oggetto dell’accordo non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o possa dar luogo e che le parti stesse intendono definitivamente risolvere mediante reciproche concessioni (tra le tante Cass. sentenza n.6861/2003 e sentenza n.3598/2015).
A differenza delle parti privati, la disponibilità dell’oggetto da transigere trova dei limiti nei confronti degli enti della pubblica amministrazione, in quanto nell’esercizio dei propri poteri pubblicistici, anche l’attività degli enti territoriali è finalizzata alla cura concreta di interessi pubblici e quindi alla migliore cura dell’interesse intestato all’ente. Pertanto, i negozi giuridici conclusi con i privati non possono condizionare l’esercizio del potere dell’Amministrazione pubblica sia rispetto alla miglior cura dell’interesse concreto della comunità amministrata, sia rispetto alla tutela delle posizioni soggettive di terzi, secondo il principio di imparzialità dell’azione amministrativa. E’ stato, quindi, precisato che “occorre la massima prudenza da parte dell’ente, nonché una dettagliata motivazione che dia conto del percorso logico seguito per giungere alla definizione transattiva della controversia, anche sulla base di un giudizio prognostico circa l’esito del contenzioso. Da ciò ne deriva che l’intera procedura negoziale transattiva deve essere accompagnata da atti ad evidenza pubblica che rispettino il principio di trasparenza, nel disegno del dettato costituzionale che, all’art. 97, richiede che gli uffici pubblici conformino il loro agire ai principi di “imparzialità e buon andamento. La decisione di stipulare un accordo transattivo rientra, pertanto fra gli ordinari poteri discrezionali afferenti alla gestione, per i quali è garantita l’insindacabilità delle scelte di merito compiute dai soggetti deputati della pubblica amministrazione, ai sensi dell’art.1 della l. 14 gennaio 1994, n. 20.
Spetterà alla PA la valutazione complessa del negozio transattivo ma, al fine di dimostrare la convenienza, sarà necessario acquisire una sorta di asseverazione delle scelte assunte da parte degli uffici tecnici, dell’organismo di revisione e, ove possibile, dell’avvocatura. Infatti, uno degli elementi che l’ente deve considerare è sicuramente la convenienza economica della transazione in relazione all’incertezza del giudizio, intesa quest’ultima in senso relativo, da valutarsi in relazione alla natura delle pretese, alla chiarezza della situazione normativa e ad eventuali orientamenti giurisprudenziali. Infine, risulta opportuno, da parte dell’Amministrazione, chiedere un parere legale sull’accordo.
A differenza delle amministrazioni dello Stato (parere obbligatorio ma non vincolante dell’Avvocatura dello Stato e del Consiglio di Stato) agli enti territoriali non è previsto alcun particolare iter procedimentale e, salvo una diversa disciplina contenuta nei regolamenti di autonomia, l’organo dell’ente al quale è attribuito la competenza a stipulare il contratto ne è anche legittimato.
In conclusione, se a transigere è un soggetto pubblico i parametri valutativi sono decisamente più ristretti e maggiormente, se non quasi esclusivamente, ancorati a risparmi di spesa (sia gestionali che per contenziosi), a tutela delle casse pubbliche e della collettività che vi contribuisce finanziariamente.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento