Possibile effetto boomerang della decisione delle Autonomie sul riallineamento dei compensi dei revisori in carica

Alla possibile apertura della Corte pugliese, sull’adeguamento dei compensi ai revisori in carica, che ha rimesso la questione alla Sezione delle Autonomie.

27 Maggio 2019
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Alla possibile apertura della Corte pugliese (deliberazione n. 38/2019), sull’adeguamento dei compensi ai revisori in carica, che ha rimesso la questione alla Sezione delle Autonomie, si inserisce la nuova posizione della Sezione del Molise (deliberazione n.70/2019) che pur rimettendo altra questione di massima alla medesima nomofilachia contabile, avverte sui possibili effetti di una decisione finale positiva secondo le coordinate dettate dalla Sezione pugliese. Infatti, nel caso in cui dovesse prevalere il rapporto convenzionale rispetto al dettato legislativo (art.241, comma 7) l’effetto potrebbe essere l’inverso, ossia quello di lasciare piena libertà al Consiglio comunale anche di poter ridurre il compenso in corso di rapporto, motivando il provvedimento su presunte esigenze di contenimento della spesa, di risanamento finanziario o di non corretto svolgimento dell’incarico.

La prevalenza del rapporto convenzionale

Secondo i giudici molisani non sono tanto le indicazioni fornite dalla Sezione emiliano-romagnola (deliberazione n.5/2019) – che ha solo sfiorato il problema dell’adeguamento dei nuovi compensi stabiliti dal D.M. 21 dicembre 2018 ai revisori in carica – o di quella della Liguria (deliberazione n.20/2019) – che ha acconsentito l’adeguamento dei compensi in considerazione del carattere eccezionale dell’intervento dopo circa 13 anni di mancato adeguamento (ossia dal D.M. del 2005) – quanto le motivazioni della Sezione della Puglia (deliberazione n.38/2019), la quale ha rimesso la questione di massima alla Sezione delle Autonomie, che  destano particolari apprensioni. I magistrati contabili pugliesi hanno, infatti, sostenuto la non fondatezza del principio della tendenziale immutabilità della determinazione del compenso disposta all’atto della nomina dell’organo di revisione. Hanno, quindi, valorizzato la natura convenzionale del rapporto che si instaura tra il revisore e la P.A. conferente l’incarico, l’assenza di espresso divieto normativo alla possibilità di revisione del compenso e la centralità dell’organo di indirizzo politico nel procedimento di nomina e decisione dell’importo spettante ai componenti dell’organo di revisione.

La prevalenza delle disposizioni del Teul

Su una visione diametralmente opposta si è posta, invece, la Sezione del Molise secondo la quale le disposizioni dell’art.241, comma 7, del D.Lgs. 267/01 fissano in modo inequivocabile la determinazione del compenso al solo atto di nomina. La ratio è quella di evitare il rischio che la volontà di privilegiare esigenze di gratificazione economica – realizzabile per effetto dell’adeguamento del corrispettivo in corso di svolgimento dell’incarico – possa guidare il concreto esercizio dell’attività verso modalità di controllo meno incisive. E’ la stessa Sezione delle Autonomie (deliberazione n.16/2017), d’altra parte, che ha chiarito l’ulteriore finalità della norma stante l’esigenza finanziaria degli enti locali di “evitare il verificarsi in corso di rapporto di variazioni incrementali di detti compensi con maggiori oneri per l’ente”. Va, inoltre, precisato che, il citato rapporto convenzionale priva l’ente sia nella libertà di individuare i componenti sia della disciplina del rapporto con l’organo di revisione, già oggetto di limiti legali che incidono sulla libertà di determinarne il contenuto e, prima ancora, sulla libertà di scelta del “contraente”.

Le conseguenze

Al fine di evitare che il rapporto convenzionale superi la disposizione legislativa, lasciando pieno potere al Consiglio comunale di modificare il compenso, il Collegio contabile molisano avverte che, nel caso in cui dovesse sussistere la piena libertà del Consiglio comunale nella rideterminazione del compenso, dovrebbe allora ipotizzarsi anche la possibilità di modificare l’importo in diminuzione, potendo essere giustificato con il riferimento a presunte esigenze di contenimento della spesa, di risanamento finanziario o di non corretto svolgimento dell’incarico. Anche in tal caso, emergerebbero evidenti rischi per l’efficace ed imparziale adempimento dei complessi compiti che il Legislatore ha attribuito all’organo di revisione. L’unico caso in cui potrebbe pervenirsi ad un aggiornamento del compenso potrebbe essere quando la deliberazione di nomina abbia stabilito il compenso facendo espresso riferimento al limite massimo previsto dal decreto ministeriale al tempo in vigore (compenso per relationem). Questa è la nuova questione di massima posta alla Sezione delle Autonomie da parte della Sezione del Molise.

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