di MANUELA PERRONE e GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore)
Lavoro, Agricoltura, Turismo, Cultura e Salute. Sono questi, a oggi, i ministeri più indietro nell’utilizzo dei fondi a loro affidati con il PNRR. Nell’attesa che emergano i nuovi dati sullo stato di attuazione del Piano chiesti a più riprese dal ministro Tommaso Foti ai suoi colleghi, indicazioni importanti arrivano dall’aggiornamento pubblicato da poco da Italia Domani, il sito governativo sul Piano, ed elaborato per Il Sole 24 Ore da Ifel, l’Istituto per la finanza e l’economia locale dell’Anci.
Dal consueto diluvio di numeri sull’avanzamento della spesa effettiva emerge un indicatore che non ricalca fedelmente il progresso su target e milestone, ma offre elementi circostanziati sullo stato concreto dei lavori assegnati ai ministeri e agli altri soggetti attuatori. La graduatoria delle difficoltà arriva dalle tabelle diffuse sul sito governativo ad agosto, senza alcuna comunicazione ufficiale, che inquadrano finanziamenti e spesa effettiva realizzata al 30 giugno scorso. Una premessa è d’obbligo: il censimento indica in 74,3 miliardi, cioè il 38,3% della dotazione totale di 194,4 miliardi, i pagamenti effettuati e archiviati al 31 maggio nel ReGis, il cervellone telematico del ministero dell’Economia che fotografa i progressi del PNRR.
Negli ultimi tempi, però, il ritmo delle uscite ha accelerato fino ad attestarsi intorno ai 3 miliardi al mese, per cui è verosimile che ad oggi l’indicatore ufficiale sia salito intorno agli 85 miliardi. Tenendo conto poi dei tempi tecnici non brevi impiegati dal ReGis per scattare l’istantanea, si può stimare che la spesa viaggi attualmente nei dintorni dei 100 miliardi. Ma l’aspetto più importante messo in mostra dai numeri di Italia Domani è il tasso di evoluzione della spesa molto diversificato all’interno del Piano, in una geografia che si rivela coerente sia quando si guarda alle Missioni sia quando ci si concentra sui singoli soggetti attuatori.
Sul primo aspetto, escludendo il capitolo RepowerEu da 11,18 miliardi entrato nel PNRR con la revisione di fine 2023 e al momento fermo al 2,8% nell’avanzamento finanziario, i filoni più in affanno sono quelli relativi a «inclusione e coesione» (Missione 5), dove la spesa effettiva si attesta al 24,5% del budget (4,1 miliardi su 16,9), e la «salute» (Missione 6), arrivata a un poco superiore 27,6% (4,3 miliardi su 15,6).
Sulla sanità le frizioni tra Governo e Regioni persistono: Foti aveva lanciato un ultimatum agostano ai presidenti, chiamati a trasmettere a Roma un resoconto puntuale dello stato di attuazione dei progetti di propria competenza. Il termine è slittato al 5 settembre, e nei prossimi giorni potrebbe emergere un primo panorama. Ma non va trascurato il fatto che anche a livello centrale le incognite restano molte, a partire dalla riforma dei medici di base che dovrebbe dare anima alle attività delle case di comunità chieste alle Regioni ma che ancora risulta lontana dall’approdo in Consiglio dei ministri. Il distacco delle due missioni è sensibile rispetto a tutti gli altri rami del Piano, che oscillano tra il 39% mostrato dalla «rivoluzione verde e transizione ecologica» (Missione 2), con 21,6 miliardi spesi su 55,5, al 51,4% che porta in vetta «digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura» (Missione 1), con 21,3 miliardi su 41,4. Al secondo posto c’è «istruzione e ricerca» (Missione 4) al 43,5% (13,1 miliardi su 30) seguita dalle «infrastrutture per una mobilità sostenibile (Missione 3) al 40,3% (9,6 miliardi su 23,7).
A pesare sulla posizione di coda della Missione 5 è in particolare il portafoglio dei progetti di cui è titolare il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che infatti chiude la graduatoria costruita in base ai dati dei singoli ministeri, escludendo per ragioni di significatività del dato i soggetti titolari di investimenti inferiori a due miliardi di euro. Il dicastero guidato da Marina Calderone aveva speso a giugno 990,6 milioni, cioè l’11,8% degli 8,4 miliardi presenti nel suo PNRR. I numeri confermano le traversie vissute da progetti centrali sul lavoro come il programma Gol (Garanzia occupabilità lavoratori) che fatica a decollare davvero. Poco meglio fanno il ministero dell’Agricoltura di Francesco Lollobrigida il cui avanzamento finanziario arranca al 14,5% (944 milioni su 6,5 miliardi), quello del Turismo di Daniela Santanché (443 milioni su 2,4 miliardi; 18,4%) e la Cultura oggi nelle mani di Alessandro Giuli (18,9%: 796 milioni su 4,2 miliardi). Il quintetto dei più lenti nella spesa è chiuso appunto dal ministero della Salute di Orazio Schillaci, che fin qui ha pagato 4,3 dei 15,6 miliardi attribuitigli (27,6%).
All’altro capo della classifica si incontrano invece il ministero della Giustizia (54,3%), seguito da Imprese e Made in Italy (51%) e da Ambiente e Università, appaiati al 48,5 per cento. Al quinto posto il Viminale con un tasso di attuazione finanziaria del 47,7 per cento. Gli inciampi dei ministeri sono confermati anche dall’analisi dei bandi PNRR. I dicasteri hanno aggiudicato il 53,1% delle somme bandite, meno del 60,7% mostrato dalle Regioni.
A correre sono invece gli Enti locali, che hanno aggiudicato l’80,6% delle somme previste nei bandi pubblicati spaziando dal dai 92,3% delle Città metropolitane al 77% dei Comuni, e le imprese che arrivano poco sotto, attestandosi al 79,5 per cento. Di tutto questo dovrà tenere conto la proposta di rimodulazione straordinaria che il Governo intende sottoporre a Bruxelles entro fine mese, a conclusione di un lavoro che fin qui ha richiesto molto più tempo di quanto preventivato nei piani iniziali dell’Esecutivo.
*Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 7 settembre 2025 (In collaborazione con Mimesi s.r.l)
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