Piano Italia: riforme in mille giorni

Fonte: Il Sole 24 Ore

Nell’Europa che l’Italia si appresta a guidare per un semestre, il principio base dovrà essere che a violare il trattato in realtà «è chi parla solo di stabilità, non chi parla di crescita. Non c’è possibile stabilità senza crescita. Senza crescita c’è l’immobilismo». Il presidente del Consiglio Matteo Renzi presenta alla Camera le linee guida del semestre e punta il dito contro «sacerdoti e profeti», contro «le vestali del rigorismo austero e tecnocratico» che continuano a professare il rigore a senso unico, essendo peraltro (Germania in primis) tra coloro che nel 2003 quelle regole le violarono. E così, tra gli effetti paradossali, accade che l’Europa apra una procedura d’infrazione contro l’Italia per i ritardati pagamenti delle amministrazioni pubbliche, e poi di fatto renda impossibile sbloccarli, dati i vincoli del Patto di stabilità. Una sorta di «film dell’orrore», osserva Renzi.

Quest’Europa va cambiata. L’Italia ha l’ambizione di poter concorrere ad avviare il processo: «Portiamo in Europa, già nel Consiglio europeo di giovedì e venerdì, un’Italia forte, consapevole della qualità dei propri imprenditori». Riforme in cambio di flessibilità: un percorso che Renzi proietta sul prossimo triennio (mille giorni per cambiare l’Italia), non per cambiare le regole ma per sfruttare quei margini che già sono previsti dalla disciplina di bilancio. L’Europa dei codicilli, dei cavilli, dei parametri e dei regolamenti non l’Europa per la quale sono morti migliaia di giovani. A partire dalle imminenti nomine, che per Renzi non potranno essere la semplice presa d’atto del risultato elettorale, e dunque non possono esaurirsi nella scelta di Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione solo perché il Ppe ha ottenuto più voti degli altri. Prima le linee strategiche e i programmi, poi i nomi, che peraltro vanno discussi nel loro insieme. «Non basta una moneta in comune, occorre accettare l’idea di un destino e valori in comune».

Crescita e occupazione al centro del programma per il semestre, dunque. Renzi ribadisce, con riferimento alle raccomandazioni rivolte dalla Commissione europea lo scorso 2 giugno, che il punto non è cambiare le regole. «C’è modo e modo di affrontare tale questione». A differenza di quel che fecero Francia e Germania, l’Italia non chiede di violare la regola del 3% nel rapporto deficit/pil, ma di seguire l’esempio della Germania sul piano delle riforme. L’Italia – osserva il presidente del Consiglio – intende presentarsi in questo semestre «con un pacchetto unitario di riforme», da realizzare compiutamente nell’arco di un triennio, con accluso il relativo cronoprogramma, dal fisco alle infrastrutture, dalla pubblica amministrazione al welfare. Riforme da realizzare «non perché ce le chiede qualcuno da fuori, ma perché ne siamo consapevoli noi». E allora diverrà in qualche modo automatico lo scambio tra il processo di riforme e «l’utilizzo di margini di flessibilità» già contenuti nel Patto di stabilità e nel Fiscal compact. L’ambizione è trasformare l’Europa nel luogo in cui si viva «la profondità della dimensione politica, e non semplicemente l’angustia di una tecnica algida e priva di emozioni. Questa è la sfida del semestre». E il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ribadisce: «Per il Patto di stabilità europeo la flessibilità già c’è, bisogna solo usarla bene. Lo stesso vale per le regole, bisogna usare al meglio quelle esistenti».

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