Il Ministero dell’Interno è stato sollecitato da una Prefettura relativamente ad una grave situazione conflittuale sorta tra un comune ed uno dei suoi revisori dei conti.
Il conflitto
Il Sindaco ha segnalato che il revisore, a seguito della sua nomina avvenuta per estrazione a sorte dall’apposito elenco, avrebbe posto in essere, nell’esercizio delle sue funzioni, comportamenti poco collaborativi e ostili nei confronti dell’amministrazione comunale.
La risposta del Viminale
Ferme restando le eventuali autonome osservazione da parte della Prefettura, rilevano i tecnici ministeriali come le disposizioni di cui all’articolo 16, comma 25, del decreto legge 13 agosto 2011, n.138, convertito dalla legge 14 settembre 2011, n.144 e al decreto del Ministro dell’interno 15 febbraio 2012, n.23, che prevedono che i revisori dei conti degli enti locali sono scelti mediante estrazione a sorte da un apposito elenco istituito presso il Ministero dell’interno, hanno innovato soltanto le modalità di scelta dei revisori, rimanendo invariata la restante normativa di cui agli articoli 234 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, disciplinante la nomina, la durata, le cause di cessazione e tutti gli altri aspetti afferenti l’organo di revisione economico-finanziaria.
Infatti, il quadro ordinamentale delle autonomie locali relativamente alla funzione della revisione economico finanziaria non prevede alcun potere di intervento da parte del Ministero dell’Interno atto a dirimere situazioni conflittuali tra amministrazione comunale e organo di revisione. Pertanto, il predetto revisore, pur se scelto mediante estrazione a sorte dall’elenco effettuata a norma del citato decreto ministeriale, è stato nominato dall’ente con delibera consiliare, ciò comporta che continua a rimanere nella competenza dell’ente ogni aspetto riguardante il funzionamento dell’organo, come disciplinato dalla citata normativa, compresa l’adozione degli eventuali provvedimenti di cui all‘articolo 235, comma 2, del citato decreto legislativo n.267 del 2000, laddove vengano riscontrate le inadempienze previste. Sulla base della predetta normativa e della relativa giurisprudenza l’ente dovrà valutare se sussistono i presupposti per l’applicazione delle procedure di cui al citato articolo 235 ovvero potrà interessare l’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili, cui il revisore è iscritto, nel caso in cui ravvisi comportamenti professionali ritenuti deontologicamente non corretti e contrari a quanto disciplinato nel Codice deontologico della professione, approvato dal CNDCEC in data 17 dicembre 2015 e aggiornato, da ultimo, nella seduta del 16 gennaio 2019.
Le disposizioni del TUEL
L’articolo 235, comma 2, del Tuel prevede che “l revisore e’ revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’articolo 239, comma 1, lettera d)”. l’art. 239 del Tuel prevede, al comma 1, lett. a), tra i compiti del Revisore dei conti, lo svolgimento di “attività di collaborazione con l’Organo consiliare secondo le disposizioni dello Statuto e del Regolamento”. Assumono a tal fine particolare importanza la collaborazione richiesta dallo Statuto o dal regolamento di contabilità del singolo ente. Il Consiglio di Stato (sentenza n.2785/2018) ha avuto modo di evidenziare come la revoca non rappresenta un atto meramente discrezionale dell’Amministrazione adottabile “ad nutum”, dovendo l’ente procedere ad una puntuale contestazione di fatti o atti tali da inficiare la collaborazione richiesta dalla normativa nei confronti dell’ente. Infatti, oltre alla mancata presentazione della relazione alla proposta di Deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’art. 239, comma 1, lett. d), del Tuel indicata in modo espresso dalla normativa come esempio da considerare particolarmente grave da imporre l’obbligo all’ente locale di procedere con la revoca, possono presentarsi anche altre situazioni di inadempienze da considerare particolarmente gravi. Secondo il Collegio contabile amministrativo di appello i gravi motivi che possono condurre alla revoca rilevano le condotte dell’Organo di revisione che, omettendo o gravemente ritardando il regolare compimento delle attività e delle funzioni previste dal citato art. 239, comma 1 (nonché delle altre eventualmente previste dallo Statuto dell’Ente Locale ai sensi del comma 6), impediscano od ostacolino il funzionamento dell’Organo consiliare. Evidentemente, la sanzione è funzionale ad assicurare il buon andamento della Pubblica Amministrazione ai sensi dell’art. 97 della Costituzione. In conclusione quindi, la revoca del Revisore dei conti è legittima se egli non collabora con l’Organo consiliare.
Più recentemente il TAR di Brescia (sentenza n. 716/2019) ha avuto modo di affrontare il caso di un parere negativo rispetto alla proposta di bilancio di previsione, tale parere nonostante fosse giuridicamente e tecnicamente corretto, risultò sgradito all’Amministrazione, in quanto avrebbe obbligato l’Ente ad accelerare l’avvio di un provvedimento utile al riequilibrio finanziario, ciò ha portato alla revoca dell’incarico al revisore, atto che poi è stato annullato dal Tribunale Amministrativo Regionale di Brescia, in quanto non derivante da inadempimento dei doveri del revisore o errori gravi da parte dello stesso.
Al contrario è stata giudicata legittima la revoca del revisore in caso di mancato adempimento ad alcuni dei propri obblighi istituzionali, quali: a) l’espletamento di attività libero-professionale come commercialista a tutela di contribuenti del comune e, quindi, in conflitto di interessi rispetto alla carica ricoperta; b) il ritardo nel rilascio dei pareri previsti per il Bilancio di previsione e il Rendiconto; c) la mancata compilazione del questionario da trasmettere alla Corte dei conti, relativo al Rendiconto e al Bilancio di previsione; d) la mancata co-sottoscrizione del Certificato attestante il rispetto degli obiettivi imposti dal Patto di stabilità/pareggio di bilancio.
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