Peculato e non truffa se la differenza del costo del servizio è contabilizza in modo irregolare

Va applicata la sanzione penale più pesante per l’impiegata che contabilizza un incasso per un titolo differente da quello esigibile al cittadino, trattenendone la differenza.

7 Maggio 2021
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Va applicata la sanzione penale più pesante per l’impiegata che contabilizza un incasso per un titolo differente da quello esigibile al cittadino, trattenendone la differenza. Secondo, infatti, la Cassazione (sentenza n.13750/2021) l’impiegato comunale commette il delitto di peculato e non di truffa aggravata se nel trattenere la differenza tra quanto liquidato dal cittadino e quanto previsto per il servizio, agisce traendo in inganno l’ente facendo apparire il rilascio di un documento per il costo corrispondentemente versato all’ente, mentre trattiene la differenza del diverso titolo rilasciato.

Il caso

Una dipendente dell’Ufficio anagrafe di un comune procedeva in diverse occasioni al rilascio del duplicato della Carta di identità con applicazione della tariffa di 10,58 euro, mentre successivamente contabilizzava le entrate ricevute con un importo minore pari a 5,42 euro facendo figurare il rilascio di una nuova carta di identità del minor valore trattenendosi la differenza che non veniva versata nelle casse dell’ente locale. A seguito di un esposto anonimo, la vicenda veniva ricostruita dalla Guardia di Finanza in un periodo di circa tre anni, riscontrando l’impiegata versava un numero consistente di carte di identità con nuovo rilascio, mentre in realtà gli utenti chiedevano e versavano l’importo del servizio riferito alla duplicazione del documento.

Avendo la Corte di appello, confermato il reato di peculato, la dipendente ricorre in Cassazione sostenendo che il reato avrebbe dovuto essere quello di truffa con evidente errore dei giudici di appello. Infatti, a suo dire, la finalità degli artifici e raggiri è quella del procacciamento della somma a mezzo della induzione in errore del privato la quale ricorre, secondo la giurisprudenza di legittimità, il delitto di truffa che si differenzia da quello di peculato nel quale la finalità degli artifici e raggiri è quella di occultare l’indebita appropriazione. Nel caso di specie, la condotta dell’impiegata è consistita nell’avere indotto in errore gli utenti sul costo dell’operazione, ingenerando in questi ultimi la convinzione che avrebbero dovuto corrispondere la somma di euro 10,58 per conseguire il documento a fronte del costo reale di euro 5,42 e, pertanto, la condotta dell’imputata era finalizzata a realizzare la provvista.

La conferma della sentenza

Il ricorso è stato ritenuto infondato. Infatti, i fatti addebitati alla dipendente hanno riguardano il rilascio del duplicato del documento che veniva in effetti contabilizzato dalla dipendente come richiesta di nuova carta d’identità e, come tale, veniva registrato l’importo conseguito (quello di euro 5,42) con la conseguenza che non vi era alcun disallineamento nei dati attestanti i movimenti di cassa. Come noto la distinzione tra il delitto di peculato e quello di truffa aggravata, va individuata con riferimento alle modalità del possesso del denaro o di altra cosa mobile altrui oggetto di appropriazione, ricorrendo il peculato quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio se ne appropri avendone già il possesso o comunque la disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, e ravvisandosi invece la truffa aggravata quando il soggetto attivo, non avendo tale possesso, se lo procuri fraudolentemente, facendo ricorso ad artifici o raggiri per appropriarsi del bene. Nel caso di specie, la annotazione del minore importo pagato dai privati non si è risolta in una condotta di truffa, mediante la quale la ricorrente ha conseguito dai privati il pagamento di un importo indebito e maggiorato, perché, invece, gli utenti hanno pagato esattamente il costo del servizio da loro richiesto e corrisposto l’importo dovuto del quale la ricorrente ha avuto il possesso o comunque la disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio. In altri termini, l’importo è stato semplicemente “contabilizzato” in uno minore per l’amministrazione – corrispondente al rilascio di nuova carta di identità appropriandosi così l’impiegata della differenza tra l’importo della somma correttamente pagata dagli utenti per il rilascio del duplicato e quella annotata nella contabilità, inferiore rispetto all’importo ricevuto dagli utenti.

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Stefano Maini | 2020 Maggioli Editore

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