Partecipate, l’oggetto sociale dribbla il tetto ai compensi

il sole24ore
15 Febbraio 2021
Modifica zoom
100%

di

AMMINISTRATORI
Le modifiche all’attività permettono di superare l’80% della spesa 2013
A oltre quattro anni dal Dlgs 175/2016 (e a circa dieci dall’originaria previsione dell’articolo 23-bis del Dl 201/2011), si è vista solo la bozza del decreto Mef chiamato a fissare il limite massimo al trattamento economico annuo onnicomprensivo per l’organo amministrativo delle società a controllo pubblico. Continua quindi a operare il regime transitorio, rappresentato dal limite dell’80% del costo 2013. Il ritardo rischia di determinare una massiccia emorragia di professionalità dalle controllate che svolgono servizi pubblici. Per comprendere il problema, occorre riavvolgere il nastro. Introdotto nel 2012, il limite dell’80% del compenso 2013 valeva solo per le società. Il che aveva senz’altro una logica, tenuto conto che le società strumentali (normalmente in house) avevano un limitato raggio d’azione. Sennonché, come chiarito dall’atto di orientamento del 10 giugno 2019 della struttura di monitoraggio Mef, con l’entrata in vigore del Dlgs 175/2016 la soglia deve ritenersi estesa a tutte le società a controllo pubblico. L’interpretazione del Mef non può che essere condivisa. Il problema è che, in virtù del regime transitorio, le controllate pubbliche non strumentali, all’atto del primo rinnovo successivo all’entrata in vigore del Dlgs 175/2016, sono costrette a una misura di spendig review pensata per le sole strumentali, e ad adeguarsi ex abrupto a un tetto – l’80% del costo 2013 – che poteva apparire ragionevole nel 2012 (e per un certo tipo di attività), ma la cui congruità è tutt’altro che certa oggi.

Di più: trattandosi di società (per lo più attive nella gestione di servizi pubblici) che, per complessità dell’oggetto sociale, sono industrialmente più rilevanti (e, se ben gestite, maggiormente remunerative per il socio pubblico), è verosimile che in esse, nel periodo 2013-2016, si sia registrato (legittimamente) un incremento del compenso dell’organo amministrativo in ragione dei risultati di gestione. In queste realtà offrire all’organo amministrativo subentrante un compenso considerevolmente ridotto significa prospettare il rischio concreto di mettere in fuga le migliori professionalità. Che fare? Un assist è offerto dalla più accorta giurisprudenza contabile (Corte conti Friuli Venezia Giulia, delibera 15/2020), la quale riconosce che se la società ha un oggetto sociale e una governance talmente modificati da farla considerare come un soggetto nuovo rispetto al 2013, allora non è possibile applicare il tetto dell’80%. In quei casi – ritiene la Corte – è consentito all’amministrazione autolimitarsi, e determinare il compenso adeguato in base a canoni di ragionevolezza che coniughino obiettivi di efficacia (il reperimento delle migliori professionalità) e di economicità e contenimento della spesa, facendo riferimento a realtà societarie proficue di analoghe dimensioni.

Ad analoga conclusione, per il giudice contabile, dovrebbe giungersi nell’ipotesi in cui, pur essendovi “continuità” di attività da parte dello stesso soggetto societario, il valore del costo sostenuto nel 2013 sia talmente esiguo da poter essere considerato inesistente, soprattutto avuto riguardo alla necessità di garantire un adeguato funzionamento degli organi societari. Ecco allora che le controllate pubbliche (specie, quelle “non strumentali”) potrebbero, con adeguata motivazione, svincolarsi dal limite previsto per deliberare un compenso ragionevole che, tenuto conto dei principi evidenziati dalla Corte dei conti, ben potrebbe – allo stato – essere calibrato sulle soglie risultanti dalla bozza del decreto Mef. Fermo, ovviamente, l’obbligo di tempestivo adeguamento al prossimo decreto se i compensi deliberati dovessero risultare incompatibili con il nuovo tetto.

Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento